di Francesco Sblendorio

I Warriors Bari: «Vogliamo riportare il calcio che conta nel quartiere San Paolo»
BARI – Ci sono i Warriors con sede al San Paolo, la Virtus Palese che rappresenta l’omonimo quartiere, l’Ideale che si batte contro il calcio moderno e poi il Liberty, club di Terza Categoria con ambizioni da “grande”. Sono questi i quattro sodalizi calcistici del capoluogo pugliese che affiancano il “fratello maggiore” Bari: squadre che militano nei campionati dilettantistici, ma che con orgoglio portano avanti una genuina e “territoriale” idea di pallone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ultima nata è l’Asd Warriors Calcio, squadra bianco-rosso-nera che milita attualmente in Terza Categoria. Costituita nel 2019, la società “risiede” nel San Paolo, quartiere di cui fanno anche parte il fondatore, l'allenatore e la maggior parte dei giocatori. Il sogno di tutti loro è poter diventare gli eredi sul campo di quella squadra, il San Paolo Bari, che una ventina d’anni fa portò il nome del rione a sfiorare il professionismo calcistico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo quindi andati a trovare i Warriors durante una seduta serale di allenamenti (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’appuntamento è al centro sportivo “Sante Diomede”, in via Lombardia. Varcato l’ingresso passiamo davanti agli spogliatoi e risaliamo una rampa che ci porta al terreno di gioco. Il manto erboso è stato appena rifatto in sintetico, nuove sono anche le panchine e le porte, mentre dalla parte opposta rispetto al cancello di accesso vediamo una piccola tribuna che rivela la vera età del centro sportivo che supera la trentina d’anni. Sul campo un nutrito gruppo di ragazzi, in maglia bianca o casacca rossa, è alle prese con esercizi di riscaldamento muscolare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ad accoglierci è il 37enne Antonio De Iacovo, nella molteplice veste di fondatore, presidente e giocatore. Dopo una buona carriera in diverse squadre di Eccellenza in giro per l’Italia, nel 2019 è tornato a Bari, sua città natale, per dare vita ai Warriors. «Formai il primo nucleo della squadra chiamando un po’ di amici abili con il pallone tra i piedi – spiega –. Nel 2020 eravamo pronti a disputare la Terza Categoria quando a causa della pandemia tutto venne bloccato. Debuttammo così l’anno dopo qui al “Diomede”, campo su cui attualmente ci alleniamo ma sul quale non disputiamo le partite casalinghe. Dopo aver giocato a San Pio, siamo infatti  appoggiati al “Gioacchino Lovero” di Palese in attesa che il nostro terreno di gioco venga omologato dopo i recenti lavori di ristrutturazione».  

Una peregrinazione che comunque non ha impedito alla squadra di ottenere discreti risultati, soprattutto durante la prima stagione in cui sono stati raccolti 31 punti in 24 incontri, seguita da una lieve flessione l’anno dopo. Quello in corso sembra essere invece il campionato della svolta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il posto del tecnico del primo biennio, Emanuele Filannino, è stato infatti preso da Benedetto Columbo, mister con esperienza in molte società di provincia, cercato con insistenza in estate dallo stesso De Iacovo che lo aveva avuto come allenatore in gioventù. «Con lui possiamo sperare di arrivare ai playoff per giocarci il salto in Seconda Categoria», rivela il presidente.  

«A inizio stagione pochi dei nostri calciatori avevano esperienza in campo agonistico  - sottolinea Columbo -, ma appena arrivato ho chiesto loro di cominciare a sacrificarsi con gli allenamenti. Oggi posso affermare di aver un gruppo affiatato: 25 ragazzi tra i 19 e i 37 anni che stanno raggiungendo un buon livello tecnico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Durante gli allenamenti vediamo i giocatori arrivare un po’ alla spicciolata. Ognuno raggiunge il campo dopo una dura giornata di lavoro: c’è il piccolo imprenditore, il dipendente regionale, l’impiegato, l’operaio. A puntellare la squadra non manca però qualche elemento come il rumeno Aurelian Sandru, con un passato nella serie B del suo Paese, il barese Luigi Caldarulo che ha militato nelle giovanili dell’Udinese e Francesco Confalone, ex del Monopoli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La maggior parte dei Warriors provengono però proprio dal San Paolo: un quartiere lontano dal resto della città che storicamente ha sempre rivendicato una propria specifica identità, anche calcistica. Non a caso il San Paolo è stato l’unico sodalizio del capoluogo, oltre al Bari, a riuscire ad affermarsi anche a livello nazionale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo una scalata tra le categorie regionali iniziata nel 1995, il sodalizio nel 2004-2005 approdò infatti in serie D. Conquistate due salvezze, nel 2006-2007 cedette il titolo sportivo alla Leonessa Altamura e la favola finì. Ricostituita negli anni successivi, la società non riuscì infatti più a emergere dal calcio regionale, ma il suo ricordo è ancora vivo nella memoria del rione. «Poter diventare gli eredi di quella squadra è il nostro sogno – confessa De Iacovo -. Giocare e vincere per la gente del tuo quartiere avrebbe dell’incredibile».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ambizione comunque non manca, anche grazie all’apporto dei molti sponsor che sostengono finanziariamente la squadra. «Speriamo di poter costituire presto un settore giovanile – auspica il fondatore -,  il tutto non perdendo mai di vista l’obiettivo principale per cui i Warriors sono nati: mettere in pratica un calcio pulito, non legato ai soldi»

Un calcio che ha anche una funzione sociale. «Tra i nostri giocatori ci sono ragazzi che rischiavano di imboccare strade sbagliate – rivela Marcello Pappagallo, vice di mister Columbo -: qui stiamo cercando di integrarli, trasmettendo loro la passione per lo sport».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Senza dimenticare che poi la domenica si deve andare in campo per dare il massimo. Lo sa bene il 24enne centrocampista Giuseppe Demola, nel gruppo dei Warriors fin dalla prima stagione, che ricorda in particolare le sfide stracittadine di questi anni. «La partita più bella è stata sicuramente la vittoria per 3-2 ottenuta nel 2021-2022 a San Girolamo contro la United, società poi sciolta – racconta -. Quest’anno il derby è con il Liberty, ma la soddisfazione più grande è stata battere 3-2 la capolista Ruvo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da veri combattenti quindi i Warriors, come dice il loro stesso nome. Giocatori che prima di ogni incontro si fanno forza tutti insieme. Si danno appuntamento al solito ristorante, mangiano qualcosa, parlano della partita, si incoraggiano e da lì si partono alla conquista dei tre punti, con il sogno di riportare il calcio che conta nel quartiere San Paolo di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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Francesco Sblendorio
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  • Vito Petino - Che fine ha fatto la mia Pro Inter Bari in cui ho giocato per 11 anni; quella stessa Pro Inter poi passata nelle mani di Tonino Rana presidente, da cui fu lanciato Antonio Cassano ai massimi livelli mondiali? Ecco in sintesi i miei 11 anni alla Pro Inter Bari, poi diventata nel 1972 San Paolo Bari. A PASQUALE DENTUTO, MIO CAPITANO Agosto 63 ultimo sabato, accetto l'invito di un mio cugino di andare al ballo serale al Cral dell'Acquedotto alla periferia di Ceglie. Qui incontro Vincenzo Monno, che non vedevo da tempo. - Ciao Enzo, come stai. - Bene e tu? So che giochi in una squadra di Milano. - Giocavo. Ma dopo due anni e la delusione finale, sono tornato, lasciando perdere il calcio. - Ehi, uno come te che abbandona il pallone? Non ci credo. E gli raccontai della visita medica all'ospedale di Niguarda, che mi fermò. - Senti, Vito, perché non vieni con me nella Pro Inter. Ti diverti senza impegno stressante e non molli quella che so essere la tua passione di sempre. Fu facile convincermi e posi una sola condizione. - Purché la domenica non vi siano trasferte troppo distanti. - No Vito. Non si superano i confini provinciali. E fu così che la sera del primo martedì di settembre conobbi Pasquale Dentuto. Trovai Enzo con tanti altri ragazzi che si allenavano sul piazzale dell'Orazio Flacco. Enzo fece le presentazioni e con Pasquale fummo subito in sintonia, una simpatia a pelle. Seppi che gli allenamenti si tenevano in spiazzi cittadini, come i piazzali intorno allo Stadio della Vittoria, oppure il terreno antistante la Chiesa di San Francesco a Japigia, o come quella sera davanti al Flacco, perché la Pro Inter non aveva un campo casalingo proprio. Alla fine dell'allenamento dell'immediato giovedì a Japigia, fui convocato per l'amichevole della domenica dopo ad Altamura, nell'accordo fra le due società per la cessione di Nicola Ancona ai biancorossi dell'Alta Murgia. In quell'allenamento conobbi tanti compagni e dirigenti, che mi furono accanto negli 11 anni passati alla Pro Inter. I portieri Tanzi, Aiuola, Rana, Petaroscia, Perilli, i terzini Loseto, Putortì, Costanza, i mediani Capriati, Spinelli, Micheletti, gli stopper Lapomarda e Cassano, gli attaccanti Sedicino, Colangiuli, Cianci, Paterno, Catalano, Novembre, Campana, Schirone, Monno che già conoscevo come ho detto, Ancona con cui giocai quell'unica amichevole con l'Altamura. I dirigenti erano Carlino Schirone, accompagnatore ufficiale della Pro Inter per anni; tanti altri compagni ora mi sfuggono. E altri li conobbi negli anni successivi. La domenica dell'amichevole alle 11 ci vedemmo nella sede della società. In verità nel retro di una lavanderia di via Dalmazia in cui, oltre a provvedere al lavaggio di tutte le divise, grazie alla signora Poldina che faceva da magazziniere si può dire, si custodivano indumenti e attrezzi di gioco. Palloni nuovi, ma scarpe usate e sformate di ogni numero e appunto forma. Io avevo la mia coppia di Pantofola D'oro che calzavo alla perfezione. Cosi scoprii che la società oltre a un campo proprio, non aveva nemmeno una sede sociale, e si andava avanti anche con qualcosa che Pasquale rimetteva di tasca propria. Giocammo per i primi due anni a Rutigliano, 1963 e 1964; il 65 a Valenzano; tornammo a Rutigliano nel 66 e nel 67; nel 68 e 69 al Campo degli Sport, nel 70 era pronto il campo del San Paolo, ma non ancora omologato, così continuammo a girovagare per le partite casalinghe fra Campo di Adelfia, Noicattaro quello a polvere di carbone della Divella, e ancora il Bellavista, dove giocai la mia ultima partita il 24 dicembre 73, vincendo 17 a 2 contro la Modugnese. Nella prima partita ad Altamura conobbi il presidente Lillino Milanesi, che quando si vinceva immancabilmente si presentava a fine gara per darci il premio partita di 5 mila lire a testa, e se per impegni improrogabili non veniva ad assistere alla partita, consegnava la somma dei premi a Pasquale. In quella gara amichevole ad Altamura Pasquale mi affidò la maglia numero 10, che indossai in tutti i miei undici anni alla Pro Inter Bari. Quella gara la vincemmo 3 a 2, i gol li fecero Colangiuli il terzo, Pasquale il secondo, e il primo Ancona, giustificando ampiamente il suo acquisto fatto dall'Altamura. Pasquale invece mi sorprese due volte, non sapevo che oltre a essere allenatore, giocava ed era pure il capitano, fortunatamente avevo già conosciuto il presidente, sennò avrei pensato che Pasquale avesse pure quel ruolo. Ma la meraviglia fu nel vederlo giocare. Incerottato, con fasce elastiche a entrambe le ginocchia e una alla coscia destra, non correva ma faceva correre il pallone quasi sempre verso il compagno libero; la sua pluriennale esperienza gli permetteva di piazzarsi nella fascia centrale del campo, ben sapendo dove il pallone manovrato dagli avversari sarebbe passato per impossessarsene senza affannarsi. Non in tutte le partite si inseriva in formazione, sapendo quando le sue condizioni fisiche, e accadeva spesso, non gli permettevano di giocare. Ho giocato con Pasquale sino alla fatidica partita di Palese contro la squadra locale, marzo 67, dove si ruppe tibia e perone della gamba destra, e fu la sua ultima gara, per la cronaca finita 0 a 0. Pasquale ha avuto molta importanza anche nella mia vita extracalcistica. Non so quando Pasquale divenne collaboratore del presidente Lillino Milanesi, so che per la firma del cartellino della Pro Inter mi invitò a settembre 1963 in via Amendola nella sede commerciale del predidente. Aprile 64. Tornavo con la mia Lambretta a casa per la pausa pranzo. Percorrevo il lungomare verso Japigia. Dalla strada di fianco alla Caserma dei Carabinieri mi tagliò la strada un'auto senza fermarsi allo stop. Ruzzolai con tutto il mezzo fin sotto il marciapiede davanti ai Carabinieri. Mi prestarono aiuto. La prima voce che sentii fu quella di Pasquale, che passava in quel momento di là. - Petino, c t si fatt. Tutt a ppost, Vito? E io pronto. - Tutt a ppost, Pasquà. Dmench pozz scquà. A luglio del 64 persi mio padre e Pasquale mi confortò. Più che un fratello maggiore, si comportò da padre. A luglio del 65 lavoravo sul cantiere della circonvallazione nel tratto relativo al ponte su corso Sicilia. Erano già state riempite le spalle dei due muri di sostegno del ponte con materiale pietroso a strati sempre più piccoli sino al tappeto in brecciolino, per dare al fondo stradale la pendenza giusta alla salita dalla quota più bassa all'impalcato del ponte. Toccava rifinirlo con la tufina prima degli strati d'asfalto. Il materiale di polvere di tufo veniva trasportato in loco e scaricato da camion col cassone ribaltabile. Mio compito era quello di controllare che il carico arrivasse sino alle sponde del cassone con la cima del carico a piramide. Per farlo dovevo arrampicarmi alla sponda e salire su una ruota per guardare all'interno. Uno dei camionisti era proprio Pasquale che, vedendomi fare quell'operazione con l'anello al dito, mi venne incontro dicendo di togliermi l'anello. Anni prima aveva perso l'anulare sinistro per colpa della fede che, rimasta impigliata alla sponda del camion, glielo tranciò di netto mentre saltava giù dalla ruota, con tutto il peso del corpo che fece da strappo. Perciò mi suggerì di non lavorare mai sui cantieri con la fede. Grazie Pasquale, per tutto quello che mi hai dato in quei momenti bui dei miei anni giovanili. Un solo rammarico, aver fatto i primi allenamenti sul nuovo campo del San Paolo, senza aver poi giocato nemmeno una partita ufficiale, quando fu rilasciata l'omologazione dalla Figc. E da quel momento la Pro Inter Bari cambiò nome in San Paolo Bari. Continuammo a giocare in campi neutri fino alla disponibilità del San Paolo ❤🙏❤...


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