di Francesco Sblendorio

Bari, quarant'anni fa la storica promozione in serie A: «Un riscatto sociale per tutta la città»
BARI – «La stagione 1984-85 fu un’annata memorabile: ho ancora i brividi a parlarne. Vincere quel campionato di serie B fu una doppia soddisfazione: il Bari riconquistò la A dopo 15 anni e per molti di noi calciatori, baresi di nascita, divenne motivo di particolare orgoglio perché riportavamo in alto la squadra della nostra città».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Parole di Francesco Cuccovillo, centrocampista biancorosso degli anni 80, che ricorda così uno dei momenti più entusiasmanti della storia sportiva del capoluogo pugliese. Parliamo della promozione in serie A dei Galletti conquistata esattamente 40 anni fa: il Bari tornò in massima divisione dopo tre lustri, al termine di una risalita che in un biennio portò al doppio salto dai campi di provincia della C1 all’olimpo del calcio italiano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un momento epocale per la città il cui anniversario è stato celebrato quest’anno con un docufilm. Dal 1° novembre è infatti disponibile su Youtube “Uelì uelà”: lungometraggio diretto da Samo Mercurio e prodotto da Silvano Dragonieri che ripercorre quel campionato trionfale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma facciamo un salto indietro di quarant’anni (vedi anche foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1984, ai nastri di partenza della serie B, il Bari si presentava da neopromossa. Aveva infatti dominato il precedente campionato di C1, togliendosi anche grosse soddisfazioni, giungendo sino alle semifinali di Coppa Italia dopo aver eliminato nientemeno che Juventus e Fiorentina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In vista del nuovo torneo la società con presidente Vincenzo Matarrese rafforzò la  rosa con innesti mirati. In attacco arrivarono Bivi e Bergossi, mentre Piraccini e Cupini furono chiamati per dare sostanza al centrocampo. A difendere la porta arrivò invece dal Potenza il giovane portiere Imparato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ossatura della squadra era però quella dell’anno prima, fondata su un gruppo di baresi veraci cresciuti con la maglia biancorossa fin dal settore giovanile. Parliamo di Cuccovillo, dei fratelli Giovanni e Onofrio Loseto, di De Trizio, di Giusto e del veterano Totò Lopez, tornato a Bari dopo aver calcato anche i campi della serie A.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La formazione titolare recitava così: Imparato, Cavasin, De Trizio, Cuccovillo, Loseto, Piraccini, Cupini, Sola, Bivi, Lopez, Bergossi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A guidare la compagine venne confermato in panchina il milanese Bruno Bolchi, detto “Maciste” per via della sua prestanza fisica. «Il mister inserì i pochi acquisti mirati dell’estate e amalgamò giovani ed esperti – ricorda l’ex difensore Giorgio De Trizio -. Lui manteneva sempre la calma e la trasmetteva anche nei momenti difficili. Le altre nostre guide erano il capitano Lopez e il direttore sportivo Franco Janich, che aveva la capacità di dirci sempre le parole giuste». 

«Bolchi riuscì a dare un gioco pragmatico, ma soprattutto costruì un gruppo vincente, in cui Lopez dettava i tempi alla squadra e faceva da chioccia ai tanti giovani», conferma lo storico radiocronista dei biancorossi Michele Salomone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Pronti via e il Bari infilò subito un tris di vittorie con Parma, Campobasso e Lecce senza subire gol. Nel derby del 30 settembre 1984 Bergossi entrò nel cuore dei tifosi, facendo gol dopo aver dribblato l’intera difesa salentina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Seguirono due sconfitte con Bologna e Cagliari, ma restarono gli unici stop di un girone d’andata chiuso a 27 punti, frutto di 10 vittorie e sette pareggi. Lo stadio della Vittoria si rivelò una roccaforte da cui solo il Pisa uscì imbattuto. E Bivi si confermò cannoniere implacabile segnando 10 gol.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Con Edi nacque immediatamente una grande intesa e diventammo anche amici: lo siamo ancora oggi e ci sentiamo spesso», ci disse Bergossi in un’intervista di qualche tempo fa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«A parte i gol della nostra coppia di attaccanti tutta la squadra era cosciente dei propri mezzi – sottolinea l’ex difensore Giovanni Loseto : eravamo giovani ma già maturi come uomini e come calciatori. Per cui nel corso dell’anno crebbe gradualmente la consapevolezza di poter ambire alla promozione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Anche i giocatori non baresi erano orgogliosi di far parte di quel gruppo – rimarca Cuccovillo -: penso per esempio a Cavasin, che era già una sorta di allenatore in campo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il girone di ritorno iniziò in modo più complicato e tra febbraio e aprile i galletti incapparono in cinque sconfitte consecutive in trasferta. «Ma nessuno si perse d’animo sapendo che eravamo una formazione ben costruita», ricorda Loseto. E Cuccovillo rivela: «Nei momenti di difficoltà ci si stringeva ancora di più nello spogliatoio». 

In primavera Bivi si sbloccò e il Bari tornò a macinare successi. A una giornata dal termine la classifica recitava: Pisa e Lecce 49, Bari e Triestina 47, Perugia 46. A toscani e salentini bastava un pari per andare in serie A, i biancorossi invece dovevano vincere e sperare in un passo falso degli alabardati per evitare lo spareggio. 

La settimana che precedette l’ultima partita fu carica di emozioni. «L’intera città era in attesa – rammenta Salomone che ai tempi lavorava per l’emittente Bari Canale 100 -. C’erano sciarpe e striscioni in ogni angolo, Bari era tutta tinta di biancorosso».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma, si era al termine di due anni ricchi di successi e mancava solo l’ultimo passo. «Sentivamo tanto sulla nostra pelle il calore della gente – dice Loseto -: appena uscivamo di casa i tifosi ci venivano incontro per incoraggiarci. Così, per allontanarci dalla confusione, Bolchi ci portò in ritiro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E si arrivò a quel fatidico 16 giugno 1985. Per l’ultima giornata, al Della Vittoria, era di scena il Pescara infarcito di ex, tra cui anche mister Catuzzi. «Eravamo tesi e non riuscimmo subito a esprimerci al meglio – ammette De Trizio –. Però mantenemmo la concentrazione e alla fine ottenemmo i due punti che ci servivano per la A».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

All’inizio del secondo tempo Bivi segnò infatti il suo 20esimo gol in campionato e fu 1-0. E poi a pochi minuti dalla fine il “n.9” si guadagnò anche un rigore. «Nonostante fosse in corsa per il titolo di capocannoniere cedette il pallone a Bergossi permettendo così al compagno di mettere la firma su quella storica giornata», dichiara Salomone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il triplice fischio dell’arbitro e la notizia della Triestina sconfitta a Campobasso scatenarono la gioia dei tifosi biancorossi, che invasero il terreno di gioco. «Ma nessuno di noi scappò negli spogliatoi – sottolinea De Trizio -, anzi Loseto prese una bandiera e tutti lo seguimmo per fare il giro del campo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quello che accadde ad alcuni calciatori dopo la partita ha dell’incredibile. «Eravamo in macchina in centro quando i tifosi ci circondarono, ci fecero scendere e ci portarono in trionfo tenendoci sulle spalle, come fossimo dei santi», riporta Loseto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ci portarono nella città vecchia, passando anche vicino a casa mia – racconta De Trizio -. Mia madre, una donna all’antica molto riservata, vedendo arrivare quella folla andò a nascondersi in bagno chiedendo insistentemente a mia zia: s'onne sciùte? (“se ne sono andati”)?»

«Io invece nella confusione persi l’orologio – dice Cuccovillo -, ma qualcuno lo trovò e venne a riportarmelo. Per tutta la sera festeggiammo casa per casa stappando decine di spumanti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fatti, personaggi ed emozioni di quell’annata indimenticabile rivivono ora nel docufilm “Uelì uelà”. Il titolo richiama il coro dei tifosi dell’epoca: “Uelì uelà forza Bari in serie A”, da cui l’artista Nicola Pignataro trasse il motivo di una canzone.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Nel film abbiamo ricostruito tutta la giornata del 16 giugno con immagini originali del 1985 e con interviste a tanti protagonisti di quell’impresa – spiega il produttore Silvano Dragonieri –. Perché per Bari quel trionfo ebbe un valore particolare. C’era enorme attesa per il grande salto dopo un biennio di successi, ma la promozione in A assunse un significato che andava oltre lo sport. Il capoluogo pugliese infatti allora era molto diverso da oggi: più cupo, desolato e pericoloso. Per cui quella vittoria fu vista come un riscatto sociale da parte di un’intera città».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Il film “Uelì uelà” (regia di Samo Mercurio, produzione di Silvano Dragonieri):



 


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Nel 1984, ai nastri di partenza della serie B, il Bari si presentava da neopromossa
In vista del nuovo torneo la società con presidente Vincenzo Matarrese rafforzò la  rosa con innesti mirati
I biancorossi chiusero il girone d’andata a 27 punti, frutto di 10 vittorie e sette pareggi: lo stadio Della Vittoria si rivelò una roccaforte da cui solo il Pisa uscì imbattuto
Il girone di ritorno iniziò in modo più complicato, ma in primavera il Bari tornò a macinare successi e con una vittoria nell'ultima giornata (Bari-Pescara) sarebbero stati promossi in serie A
La settimana che precedette l’ultima partita fu carica di emozioni
L’intera città era in attesa: c’erano sciarpe e striscioni in ogni angolo...
...Bari era tutta tinta di biancorosso
E si arrivò a quel fatidico 16 giugno 1985...
...per l’ultima giornata, al Della Vittoria, era di scena il Pescara
All’inizio del secondo tempo Bivi segnò il suo 20esimo gol in campionato e fu 1-0
E poi a pochi minuti dalla fine il “n.9” si guadagnò anche un rigore. Nonostante fosse in corsa per il titolo di capocannoniere Bivi cedette il pallone a Bergossi permettendo così al compagno di mettere la firma su quella storica giornata
Il triplice fischio dell’arbitro e la notizia della Triestina sconfitta a Campobasso scatenarono i tifosi biancorossi...
... che invasero il terreno di gioco
Davanti a quella festosa invasione, nessuno dei calciatori scappò negli spogliatoi
...anzi, si unirono tutti in un giro di campo
Fatti, personaggi ed emozioni di quell’annata rivivono oggi nel docufilm Uelì uelà, diretto da Samo Mercurio e prodotto da Silvano Dragonieri



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