di Francesco Sblendorio

I pagliari, quei "parenti dei trulli" sparsi in campagna che parlano di un antico mondo rurale
BARI – Sono i parenti alla lontana dei trulli, certo meno famosi, ma dalla storia antica come quella degli edifici cilindrici con tetto a cono tradizionali simboli della Puglia. I “pagliari” raccontano un mondo ormai scomparso, ma che ci ha lasciato queste strutture in pietra a secco che lottano ogni giorno contro abbandono, degrado e tentativi di riutilizzo più o meno riusciti. (Vedi foto galleria)

A differenza dei più noti “cugini”, diffusi a sud della provincia di Bari e in Valle d’Itria, questi punteggiano soprattutto l’agro del Nord barese. Ma talvolta possono sorprendere anche chi percorre le statali o passeggia in qualche centro abitato. Sorti in epoche diverse, dal Medioevo al XIX secolo, avevano funzioni legate al contesto agricolo e pastorale: da abitazioni dei coltivatori a depositi di attrezzi, da luogo di sosta per le greggi a semplici stalle.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si tratta di edifici dalla forma conica, talvolta scaglionata a gradoni, e di piccolo volume, ideali per conservarvi arnesi da campagna. Sopra i bassi accessi, liberi o dotati di porticina, talvolta è presente una nicchia, forse un tempo sede di edicole votive. Le pareti sono in pietra a vista oppure intonacate in modo da limitare le infiltrazioni. L’interno è in genere costituito da un’unica stanza chiusa da una volta a cupola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il materiale con cui sono edificati è la pietra calcarea “a chiancarelle”, tipica del nord Barese e dalla caratteristica forma sottile e allungata - spiega Vincenzo Colonna, presidente della pro loco di Santo Spirito, quartiere di Bari in cui sono ospitati diversi pagliari -. La forma a cupola invece ricorda strutture orientali: non dimentichiamo che dalla provincia di Bari passava la via Francigena, che dopo l’anno 1000 portava pellegrini e soldati in Terra Santa. Non è da escludere, quindi, che risalgano proprio all’epoca delle Crociate e dei pellegrinaggi in Oriente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di pagliari come detto è disseminata buona parte della campagna a nord e nell’entroterra del capoluogo: se ne possono vedere ad esempio negli agri di Terlizzi, Ruvo, Giovinazzo, nell’area di Lama Balice, nelle campagne baresi che si estendono lateralmente a via Bitritto. In realtà non mancano del tutto neanche a sud del capoluogo: ad esempio li possiamo scorgere nel cosiddetto “parco dei trulli”, nel tratto di litorale che unisce Cozze a San Vito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Come ne esistono anche di notevolmente grandi. Se ci spostiamo a Palese, precisamente nella contrada di Macchie, e imbocchiamo strada Lepore, dopo poche decine di metri sulla destra noteremo un ampio prato verde. Al centro vi è una massiccia struttura in pietra calcarea a secco, a pianta rettangolare e sormontata da due cupolette. Sui lati lunghi si aprono due porte sovrastate da archi anch’essi in pietra, l’accesso è però murato. Due ripide e strette scalette permettevano di raggiungere la sommità della costruzione, completando così uno degli esempi meglio conservati, almeno esternamente, di pagliari del nord Barese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un caso particolare è poi quello di Santo Spirito, dove si è soliti identificare una certa zona come “i pagliai”, curiosamente con una “r” in meno rispetto al solito. Qui tra via Pansini e via Corsica, notiamo alcuni edifici costituiti da una struttura a trapezio che culmina con una cupola a calotta. Uno ha tutta l’aria di essere adibito a casa di villeggiatura: è completamente intonacato e attorno al tetto è stata ricavata una sorta di terrazzino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Spostandoci su via Napoli e proseguendo in direzione di Giovinazzo, dopo poche centinaia di metri sulla sinistra vediamo un ulteriore esempio di queste antiche costruzioni. Un pagliaro doppio, con le sue pareti in pietra a secco originale ancora visibili, anche se in parte rivestite di intonaco. Purtroppo l’intero casolare, risalente al XIX secolo, è in rovina, assediato dalla vegetazione e affiancato da un moderno cancello che si apre sul nulla.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I pagliari non sono però l’unica tipologia di struttura tipicamente rurale che punteggia l’agro barese. Girovagando per le campagne è possibile incontrare anche i lamioni e i palmenti. I primi, di dimensioni maggiori, a pianta rettangolare con tetto fortemente spiovente, erano adibiti a stalle o alla produzione del formaggio. È possibile vederne una decina, risalenti al XIV-XV secolo, nell’agro di Toritto. I palmenti si distinguono invece per le loro ampie arcate che sorreggono volti a botte o a crociera, sotto le quali si era soliti conservare olio e vino. Alcuni esempi si trovano nelle aree di Bitetto, Molfetta e Giovinazzo o nel centro abitato di Palese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ad accomunare pagliari, lamioni e palmenti c’è un passato agreste e bucolico, ma anche un presente fatto di
ristrutturazioni a volte discutibili, crolli, abbattimenti e tristi abbandoni. Del resto si tratta di edifici non sottoposti a vincolo, che non hanno mai conosciuto la parola “protezione”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Foto di copertina di Nicola Velluso


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