di Silvia Grosso

Ruvo, lo Jazzo del Demonio: lì dove nel 1870 due pastori incontrarono il diavolo in persona
RUVO DI PUGLIA – Nel cuore del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, nella lama di Scoparella che attraversa l’omonimo bosco, sorge uno dei luoghi più misteriosi dell’architettura rurale della Puglia: lo Jazzo del Demonio. (Vedi foto galleria)

Una storia molto singolare dà la denominazione a questo sito: si narra infatti che in una notte d’inverno del 1870 Satana in persona abbia fatto visita a due pastori che, con il loro gregge, si erano fermati a riposare nello jazzo.

Da allora il posto (che si trova nel territorio di Ruvo) viene indicato con questo nome, che rimanda a leggende comuni ad altri luoghi della Puglia, come quella della Chiesa del Diavolo di Tricase o del Castello di Fulcignano. Perché in passato quando accadeva qualcosa di oscuro e inspiegabile, invariabilmente si attribuiva la spiegazione del mistero al Signore del Male, figura onnipresente nel popolo, all’epoca fortemente legato alla religione.

Per visitare lo Jazzo bisogna dirigersi nei pressi del ponte dell’Acquedotto Pugliese, nella campagne a sud di Ruvo. Imbocchiamo così la provinciale 151 per poi prendere sulla destra strada Mangiaricotta. Percorsi 9 km, un cartello in legno segnala il sito, a cui si arriva attraverso una viuzza tortuosa alberata sulla destra.

Ed ecco che giunti in un’ampia e amena radura possiamo ammirare lo jazzo in tutta la sua grandezza, posto accanto a una colossale roverella circondata da un muretto a secco.

L’origine degli jazzi è da ricercarsi nella plurisecolare attività della transumanza, che fin dall’epoca romana ha caratterizzato la vita degli allevatori della Murgia. Si tratta di costruzioni in pietra locale a secco realizzate per accogliere e dare riparo agli ovini e ai loro pastori.


Il nostro jazzo si presenta con un edificio principale con un tetto a capanna, quattro finestre e tre accessi che conducono all’interno. Sull’architrave della porta d’ingresso è incisa la data di ristrutturazione della struttura: 1904, preceduta dalle lettere B.J., probabilmente le iniziali di un proprietario.

Una volta varcato la soglia ci ritroviamo in una prima stanza con volte a botte con quattro rientranze cubiche sui lati, forse una vecchia mangiatoia. Mentre un secondo ambiente adiacente manca totalmente di copertura e presenta una finestra alta sulla parete di fondo.

Infine l’edificio è circondato da un lungo muretto a secco che forma un ampio recinto rettangolare a sua volta suddiviso da muretti a secco interni, che dividono l’area in diverse zone ricoperte dalla vegetazione incolta.

Ma veniamo alla leggenda. È una notte d’inverno del 1870 quando due pastori con il loro gregge si rifugiano nello jazzo per trovare riparo dal freddo. Mentre sono intorno al fuoco, i loro cani iniziano ad abbaiare senza motivo, l’uno dopo l’altro per almeno mezz’ora, fino a quando il vento non smette di sibilare.

In quel momento i pastori, avvolti in un silenzio surreale, vengono smossi da un forte e ripetuto bussare alla porta. Vanno così ad aprire la porta e si ritrovano sulla soglia un viaggiatore malandato, coperto da un saio e da un grande cappuccio. L’uomo riferisce di aver smarrito la strada e di essere stato attratto lì dal fumo del fuoco. Malgrado lo strano tono di voce, alquanto rauco e poco comprensibile, i due lo fanno entrare per offrirgli riparo.

Una volta preso posto, tutto però cambia all’improvviso. Sedendosi, il signore solleva il suo saio lasciando scoperte le gambe e mostrando così due zampe caprine che terminano con uno zoccolo. I pastori, mossi da un enorme spavento, urlano «il demonio», andandosi a rifugiare sotto un crocifisso di ferro. E il misterioso signore a quel punto, dopo aver fulminato i due con lo sguardo, svanisce in un lampo, lasciando dietro di sé solo l’odore dello zolfo.

La mattina seguente i pastori, dopo aver trascorso una notte in allerta, raccontarono a tutti lo strano incontro. La vicenda si sparse ovunque e da allora, a distanza di più di 150 anni, non c’è persona che passando di qui non ricordi la notte in cui il Diavolo si perse tra le campagne dell’isolata Murgia.

(Vedi galleria fotografica)


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  • Giuseppe - Mi spiace che la giornalista che ha scritto questo articolo non abbia letto il libro "Frammenti di Murgia" scritto dalle 20 guide ufficiali del Parco Nazionale dell'Alta Murgia, perchè a pagina 37 è riportata nei dettagli la citata leggenda così come mi fu raccontata nel lontano 1972 dal sig. Vincenzo Campanale. Comunque grosso modo la leggenda è quella riportata nell'articolo anche se non si fa riferimento alla profonda voragine da cui si narra fosse venuto fuori il Diavolo e che ancora oggi è nel bosco non distante dallo Jazzo. Ma vi è un errore importante legato alla datazione della supposta apparizione che è certamente molto più antica, forse risale ai primi anni del 1700. Per quanto riguarda le iniziali sull'architrave dell'ingresso della masseria ricordano proprio il proprietario che ristrutturò lo jazzo ossia il sig. Biagio Jatta, infatti il bosco era un tempo della famiglia Jatta, ed ancora oggi è riportato sulle mappe IGM come bosco Jatta. Non so chi abbia riportato al 1870 l'evento ma è certamente sbagliato e frutto della fantasia di qualche novello narratore che ha ascoltato la storia e l'ha riportata per iscritto arricchendola con particolari di pura fantasia.


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