di Gaia Agnelli e Mattia Petrosino - foto Nicola Lasalandra

Arciuli, Adriatico, Fiore, Santa Rita, Violante: la storia dei cinque panifici secolari di Bari
BARI – Se ne contano circa duecento in tutta la città, non conoscono mai crisi e vantano decine di anni di attività. Sono i panifici, esercizi commerciali “indispensabili”, senza i quali i baresi non avrebbero il loro pane, i taralli e soprattutto “sua maestà” la focaccia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Luoghi nei quali ogni giorno, a partire dalle prime luci dell’alba, i panificatori si sporcano le mani di farina per permettere ai clienti di gustare squisitezze genuine, tramandando di generazione in generazione la propria tradizione famigliare fondata su ricette anche secolari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Bari sono infatti presenti panifici nati più di 100 anni fa: sono “Arciuli”, “Adriatico”, “Fiore”, “Santa Rita” e “Violante”. Vere e proprie istituzioni del capoluogo pugliese, che siamo andati a trovare. (Vedi foto galleria)

Il nostro viaggio inizia in via Roberto da Bari, dove al civico 74 si staglia dal 1890 l’insegna del panificio Arciuli. Varcato l’ingresso, ci ritroviamo in un piccolo locale dominato da un lungo bancone ricco di panini, ruote di focaccia e calzoni. Ad accoglierci, mentre taglia una croccante “ciabatta” appena sfornata, è la 67enne proprietaria Angiola Arciuli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fu la sua bisnonna Teresa Bombacigno ad aprire qui il primo forno collettivo del murattiano, alimentato con le bucce di mandorla e noccioli di albicocche. Si trattava di posti dove fino a qualche decennio fa, chi non aveva una cucina in casa, poteva portare le proprie teglie da cuocere. A trasformare poi il locale in un vero e proprio panificio fu, agli inizi del 900, la figlia Filomena Papa con il marito Gaetano Arciuli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Io e mia sorella Filomena succedemmo ai nostri nonni negli anni 80 – afferma Angiola –. Senza alcuna esperienza scoprimmo di avere nel Dna la manualità, la dovizia e la perseveranza necessarie per condurre la dura vita del fornaio. Io mi sono sporcata le mani di farina e ho imparato le tecniche tramandatemi dalla bisnonna: dal pane con il lievito madre al “vero” calzone fatto con cipolla stufata, olive in salamoia, uva sultanina e alici sott’olio. Anche la focaccia rispetta la ricetta famigliare, con un po' di patata lessa nell’impasto per renderla più morbida e alta. L’unica differenza rispetto al passato è l’uso di un moderno forno a gas al posto di quello a legna».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sempre di origine ottocentesca è la panetteria della famiglia Concordia, proprietaria da tre generazioni del panificio Adriatico, dal 1932 situato al civico 113 di via De Giosa, ma fondato alla fine del XIX secolo in via Nicolai come forno pubblico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le grandi vetrate all’esterno consentono di vedere il lungo bancone in legno a forma di “L”, ricco di pane, taralli e focaccia tagliata dal 56enne Giuseppe Concordia, titolare dal 1980. «A fondare l’attività fu il mio bisnonno Giovanni – racconta il proprietario –. Il locale fu poi trasformato in un panificio da mio nonno Luigi che si trasferì in questa sede». A questo proposito ci mostra una foto di quest’ultimo con una pagnotta tra le mani, oltre a uno scatto dell’Adriatico durante i primi anni di vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giuseppe, da sempre attento alla selezione di farina e lieviti naturali, si è specializzato nell’uso di grani antichi quali Russello, Timina siciliana, Segale e Pur pur. Anche qui il pane è quello con lievito madre, mentre la focaccia è realizzata con grano duro Cappelli macinato a pietra e a basso indice glicemico. «Il segreto della nostra produzione – conclude mentre ci mostra teglie di focacce appena uscite dal forno a gas – risiede nella costante dedizione rivolta alla macinazione dei grani, alla lievitazione e al recupero di farine pure. L’obiettivo è quello di recuperare integralmente le usanze tradizionali di una volta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spostiamo ora nel cuore del quartiere Madonnella, dove in via Addis Abeba operano dal 1925 i Violante. Sulla destra del piccolo bancone in legno è appesa alla parete una foto del fondatore Leonardo Violante insieme con la moglie Maria Roppo, a cui seguirono nella gestione prima il figlio Andrea e dal 1983 i nipoti Leonardo, Giuseppe e Mario, attuali proprietari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Ma la mia è in realtà una famiglia di fornai sin dal 700 – spiega Leonardo mentre dà forma alla massa –. Avevamo infatti un forno collettivo a Bari Vecchia, in via Verrone, conosciuto come Isse e trase che è rimasto attivo sino al 1925, anno in cui ci siamo trasferiti qui».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre parliamo Leonardo posa gli impasti su alcune tavole di legno, coprendoli con un panno per farli lievitare. Il dipendente 26enne Giuseppe recupera invece le pagnotte per la focaccia, pronte per essere stese nelle teglie piene di olio. Alcune le condisce con i classici pomodori, mentre altre le ricopre di salsa rossa, in aggiunta ovviamente a qualche oliva e un po' di origano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Qualla di usare la passata è la nostra specialità – rivela Leonardo mentre Giuseppe inforna le focacce nella grossa “bocca calda” a gas –. Spesso risulta difficile reperire pomodori di qualità, al contrario della salsa che è sempre disponibile nelle dispense. Così per comodità negli anni 70 abbiamo iniziato a creare la “ruota” in modo diverso: un prodotto che in poco tempo è divenuto un vero e proprio “cult” barese».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Salutiamo Leonardo e concludiamo il nostro viaggio nel centro storico, dove ad attenderci ci sono “Fiore” e “Santa Rita”. Il primo si trova in strada Palazzo di Città, alle spalle della Basilica di San Nicola, tra le mura di una chiesa bizantina del 1208, di cui sono ancora visibili architravi e colonne.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dietro il bancone ci aspetta il 48enne Antonio Fiore, titolare dal 1992. Fu suo nonno Giuseppe a dare il via all’attività nel 1912, seguito poi dal padre Domenico nel 1960.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Sono nato qui dentro imparando tutte le tecniche di lavorazione – spiega mentre ci mostra una foto di lui bambino nell’atto di impastare –. Ciò che caratterizza Fiore è sicuramente l’utilizzo del nostro storico forno a legna con il quale produciamo tra le altre cose la focaccia, che noi facciamo con il bordo alto. Il segreto? La lievitazione: più a lungo si lascia crescere la massa, maggiore sarà il suo spessore. E in più aggiungiamo anche un pizzico di zucchero che dà morbidezza e una spinta alla fermentazione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Intanto i suoi dipendenti ci invitano a entrare nell’ampio laboratorio, passando dallo stretto corridoio posto tra il bancone e le antiche pareti. Qui veniamo circondati dal forte calore e dall’odore di prodotti che stanno andando in forno, mentre nel negozio sopraggiungono numerosi turisti. «Siamo fortunati – ammette Antonio –: ci troviamo in una via strategica, da cui si passa per forza se si vuole andare a visitare la Basilica. E chi viene qui non fa che chiederci la nostra baresissima focaccia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Terminiamo il tour in strada dei Bianchi Dottula, dove regna dal 1921 il panificio “Santa Rita”. Superata la lunga coda di avventori che aspettano il loro turno per entrare, ci ritroviamo all’interno di un piccolo ed essenziale locale dominato dal bancone dietro il quale operano i due fratelli Bolumetto: il 51enne Francesco Giuseppe (detto Peppino) e il 49enne Massimo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Inizialmente ci chiamavamo “Panificio San Giuseppe” – ci dice Francesco –, fino a quando negli anni 60 subentrò alla gestione mio nonno Matteo, il quale essendo devoto a Santa Rita le dedicò l’attività. Nel 1975 l’esercizio passò nelle mani di nostro padre Giuseppe che ci lasciò la proprietà nel 2012. Io ho cominciato “mettere le mani in pasta” qui ad appena 14 anni, quando decisi di non proseguire gli studi. Una scelta di cui non mi sono pentito, anche se questo mestiere rimane molto impegnativo: si lavora infatti incessantemente, dalla mattina presto sino a tarda notte».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il panificio, dotato di forno elettrico, è noto per la sua focaccia sottile e più piccola rispetto alla media. «È conveniente – ci rivela il panettiere prima di salutarci –, perché si invoglia il cliente a prendere un’intera ruota al posto di acquistarne un solo pezzo. Inoltre così entrano numerosi pezzi nel forno: in questo modo riusciamo a soddisfare velocemente coloro che vengono qui con la voglia di gustare il “piatto più barese di Bari”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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