"LaCapaGira" compie 25 anni. Piva: «Oggi farei un film diverso, Bari è molto cambiata»
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lunedì 11 marzo 2024
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di Marco Montrone
Correva infatti il 1999 quando questo lungometraggio girato in dialetto barese (con tanto di sottotitoli) sbarcò nelle sale cinematografiche, colpendo per il suo realismo associato a un’amara comicità. Una “black comedy” che vide la partecipazione di quasi tutti gli attori del teatro popolare cittadino e in cui il capoluogo pugliese veniva rappresentato in maniera cruda ma vera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da allora però tanto è cambiato: Bari è divenuta una città turistica e spesso fa da sfondo a film e serie tv di produzione nazionale. Abbiamo quindi parlato con Piva per comprendere l’importanza che LaCapaGira ebbe al momento della sua uscita e quanto Bari si sia trasformata da allora. (Vedi foto galleria)
Alessandro, tu nel 1999 vivevi e lavoravi a Roma: perché decidesti di tornare in Puglia per girare un film ambientato a Bari?
Perché per il mio primo lungometraggio scelsi di parlare del posto che conoscevo meglio, che mi aveva formato e in cui avevo passato gli importanti anni del liceo. A un certo punto della mia vita, nonostante avessi vissuto in tanti e diversi luoghi, mi resi infatti conto che Bari era la “mia” città, quella che mi portavo dentro e di cui condividevo un certo modo di fare, ovvero quel modo “dritto” di guardare le cose senza girarci troppo intorno. Così decisi di portare sullo schermo questo “modus operandi” tipico dei baresi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E per farlo decidesti di ingaggiare solo ed esclusivamente attori locali. Nel film ci sono infatti quasi tutti i protagonisti del teatro popolare cittadino di allora: da Nicola Pignataro a Dante Marmone, passando per Paolo Sassanelli e Mino Barbarese. È stato difficile coinvolgerli in questo progetto?
Sulla carta poteva essere un azzardo, considerando che questi attori notoriamente non si amavano tra di loro. In più la partecipazione doveva essere assolutamente gratuita. Però non ci pensai due volte: andai da ognuno di loro come un “carro armato” (per citare il soprannome di uno dei protagonisti del film) e tutti mi dissero di sì. Compresero che si trattava di un treno che stava passando solo una volta e che bisogna cogliere al volo. Io del resto ero in “missione” per conto di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel film colpisce la capacità di trattare con “ironia” temi forti come lo spaccio di droga e il gioco d’azzardo. Quanto c’è di “vero” in questa rappresentazione della criminalità?
Quando ho deciso di utilizzare la chiave della black comedy sono stato condizionato dall’esperienza di mio fratello Andrea, sceneggiatore del film, che conosceva bene gli ambienti delle bische baresi perché amante del gioco d’azzardo. Il film ritrae infatti tutta una serie di personaggi presi dalla vita reale, ispirati a persone che nel loro modo di fare manifestano un tragico lato ironico. La città ha dato ispirazione a un film che la voleva raccontare con un senso di autenticità. È vero anche che io sono nato a Salerno da genitori campani: la mia cultura è quindi pregna della commedia napoletana e di Eduardo in primis: un maestro nel ridere delle cose tragiche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
A distanza di 25 anni ritieni “LaCapaGira” ancora attuale? Bari è ancora quella rappresentata nel tuo film?
I problemi sono gli stessi, la criminalità esiste ancora (si veda il blitz antimafia di qualche giorno fa che ha coinvolto malavitosi e politici), però oggi mi risulterebbe difficile ritrarre Bari come nel 1999: sarebbe un film completamente diverso. C’è stata infatti una mutazione antropologica del delinquente classico. I boss si sono “ripuliti”, vestono bene, non danno nell’occhio e hanno capito che non è vantaggioso avere nei clan gente che spara facilmente. Prima la criminalità barese aveva una teatralità nella rappresentazione di sé dovuta alla consapevolezza di vivere in una “città di frontiera”, in cui lo Stato era lontano, non era presente. I malavitosi si mostravano per quello che erano, senza la minima preoccupazione, perché nell’aria c’era un sentimento di “impunità”. Oggi non è più così e sono anche cambiati gli affari. Ad esempio alla malavita conviene che i turisti si sentano al sicuro in città. Molti bar, ristoranti e b&b sono infatti gestiti da prestanome per conto della criminalità, che ha investito in esercizi commerciali i proventi delle proprie attività illecite.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
E a differenza di prima oggi Bari fa spesso da sfondo a film e serie tv. Non ritieni però che il capoluogo pugliese sia rappresentato in maniera un po’ troppo edulcorata?
Questi film (come ad esempio “Le indagini di Lolita Lobosco”) danno un’immagine di Bari di cui ora c’è bisogno. C’è una tendenza macroeconomica che ha necessità di presentare il capoluogo pugliese in un certo modo: sorridente e accogliente. Lolita quindi “serve” più della Capagira, perché produce interesse nei confronti della città. E comunque in generale Bari ha cambiato il suo aspetto in meglio. C’è più cultura, si parla meno il dialetto, la delinquenza come detto è meno invadente. Certamente è un luogo più “omologato”, ma in cui è possibile camminare tranquillamente persino nel centro storico, quartiere che grazie al Piano Urban ha cambiato completamente il suo volto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tu però nel frattempo continui a raccontare una Bari meno “turistica”.
Il mio è un percorso di racconto della realtà barese. Attualmente sto girando “Fratelli di culla”: un documentario sull’ex brefotrofio cittadino la cui idea è nata dopo aver letto degli articoli di Barinedita sull’argomento. E poi è in scena a teatro “Quanto basta”: una commedia da me diretta che vede gli attori Paolo Sasanelli e Lucia Zotti interpetare una coppia di coniugi del quartiere Carrassi di Bari. Si tratta di un omaggio alla cultura popolare di una città che, dopo decenni di oblìo e semplificazioni, merita di essere raccontata con un senso di verità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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I commenti
- Antonio Colavitti Arky - Ricordo l'Anonima G.R., la Lucia, Marmone & co.Tempi di una Bari frizzante, viva e reattiva, ero già a Bologna e quando tornavo con piacere si vivevano tempi appena passati e progetti futuri. Vidi poi il film al cinema Rialto a Bologna con mio amico americano, cultore del ns dialetto per il quale aspirava alla miglior pronuncia...Tempus fugit, purtroppo. Un saluto a tutti i protagonisti "gira" la capacità, gira!
- vincenzo ribezzi - film molto bello perche' non viene riproposto in televisione ? AD ESEMPIO SU SKY SU NETFIX