di Katia Moro

Bari e l'eroina: anni, luoghi e storie del nostro ''zoo di Berlino''
BARI – Ogni città ha avuto il suo “zoo di Berlino”, anche Bari. Siamo tra gli anni 80 e 90 e nel capoluogo pugliese impera, come in tutto il mondo, l’eroina. Bari però, forse a causa della particolare vicinanza con i paesi dell’Est, diviene il più frequentato centro di spaccio di tutto il Sud Italia "grazie" ai prezzi favorevoli e alle grosse quantità di droga a disposizione, trovando nel periferico quartiere Japigia il suo feudo indiscusso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le siringhe costellano frequentemente i marciapiedi della città e i bambini in quegli anni si abituano a giocare per strada facendo attenzione a schivare quelle macabre testimonianze. Le scuole diventano spesso teatro di spaccio e di consumo e i piccoli furti e la prostituzione aumentano vertiginosamente. Abbiamo chiesto a G. un testimone e protagonista di quegli anni (che ha voluto rimanere anonimo) di descriverci lo scenario dello “zoo” barese.    
 
Quando e come hai iniziato a drogarti?  

L'uso dell'eroina è cominciato quasi come una naturale prosecuzione di un costante utilizzo di altre sostanze, in particolare hashish e marijuana. L'approccio è stato casuale: un amico ne aveva un paio di grammi e ho cominciato "per provare" l'effetto che faceva. Da allora è iniziata una storia lunga quasi una decina di anni. Siamo tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90 e a quel tempo ero uno studente che avrebbe, di lì a poco, festeggiato la maggiore età. Oggi sono un impiegato nel settore privato e ho chiuso definitivamente con quella drammatica esperienza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In quali luoghi si è consumata la tua esperienza?

Nel periodo della mia dipendenza vivevo a Bari nel quartiere Japigia. Nel rione si svolgeva quasi tutta la mia esistenza. Lì si trovava la scuola che frequentavo, l’istituto tecnico Lenoci in via Caldarola, la mia comitiva di amici e, ovviamente, la famigerata zona di spaccio. Era soprannominata "la 45 " (nella foto) ed era costituita dal quadrilatero della droga delimitato dal Palazzetto dello sport, la chiesa di San Luca e via Caldarola ed era aperto 24 ore su 24 per 365 giorni all'anno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Cosa rappresentava Japigia in quegli anni?

Sicuramente la Japigia del noto boss Savinuccio Parisi era il centro di spaccio per eccellenza e l’utenza non era costituita solo da consumatori locali. Da tutta la provincia e la regione, quotidianamente, arrivavano ragazzi a rifornirsi per sè e per i propri amici. Sono stato più volte testimone di acquisti fatti da gente che arrivava dall'Abruzzo o dalle Marche. Il rapporto qualità - prezzo non aveva paragoni in tutto il Mezzogiorno d’Italia. Il reperimento della droga era talmente alla portata di tutti e il prezzo talmente conveniente, che moltissimi giovani di quell'epoca provarono l'esperienza. E molti continuarono, purtroppo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Di che prezzi parliamo?

Un quartino di eroina, necessario per 2 o 4 assunzioni, costava 20mila lire, la cocaina 25. Nonostante la convenienza si rimaneva però sempre senza soldi e lì scattavano sempre i furti nei negozi e supermercati. Con la merce rubata barattavamo una dose.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I furti e la prostituzione aumentarono vertiginosamente in quegli anni…

Sicuramente. Come me tanti altri miei amici furono costretti a rubare per procurarsi la droga e molte ragazze si prostituivano, soprattutto con gli stessi pusher, per riuscire a drogarsi. Anche se la nostra preoccupazione principale era quella di non farci sequestrare la dose acquistata dai poliziotti, spesso corrotti e pronti ad accaparrarsele.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dove consumavate la dose e quali locali frequentavate?

I punti di consumo erano nello stesso quartiere di Japigia. Avevamo un locale da noi affittato che utilizzavamo come sala giochi, con tanto di calcio balilla, e lì ci drogavamo. Poi una volta assunta l'eroina andavamo in vari locali. All’epoca la piazzetta dei Papi di Poggiofranco con tutte le sue "cantine" (enoteche) era molto in voga, mentre il centro era più il luogo di ritrovo per i “fighetti” (anche loro comunque spesso dediti al consumo di varie sostanze). Ricordo infine una sala giochi in via Cognetti, accanto al teatro Petruzzelli, si chiamava "Las Vegas" e lì era possibile reperire e consumare qualsiasi cosa a proposito di stupefacenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Come sei riuscito a uscire dal tunnel della tossicodipendenza?

Uscirne è stato faticoso e allo stesso tempo doloroso. Ho dovuto mettere in discussione tutta la mia vita: amicizie, il tipo di lavoro che esercitavo all'epoca, ambienti frequentati. La svolta, dopo essere stato in diverse comunità terapeutiche, è stata la conoscenza di un team eccezionale nel servizio pubblico, più precisamente quello del Sert (Servizio per le tossicodipendenze) di Modugno, che mi ha letteralmente guidato verso l'uscita da un tunnel di cui non si vedeva mai la fine.


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  • Gianpietro - Complimenti, Katia, articolo interessante
  • Rick - Bell'articolo. Un salto indietro nel tempo...
  • Dri - Complimenti per l'articolo. Io ci vivo e, anche se la situazione odierna non è paragonabile a quella di quegli anni, rimane comunque tragica
  • ivan - Bell'intervista, bella testimonianza. Effettivamente l'autore ha il merito di aver fatto fare al lettore un salto nel passato. Io sono nato nel '78, quindi molte cose non le ricordo. Ma alla fine degli anni 80, primi anni 90, andavo a las vegas a giocare a double dragon


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