di Antonella Mancini

Laterza e il museo delle maioliche, "riportate a casa" dal barese Riccardo Tondolo
LATERZA - Un'esposizione che ha permesso a un paesino del tarantino di riappropriarsi di un'antica arte dispersa per il mondo. È il MuMa, museo grazie al quale Laterza può finalmente celebrare la perla della sua tradizione artigianale: i manufatti in maiolica, realizzati cioè con terracotta prima immersa nello smalto stannifero, poi decorata e infine cotta. (Vedi foto galleria)

La raccolta, inaugurata nel 2015, si trova nel trecentesco Palazzo marchesale: conta centinaia di opere realizzate nel comune pugliese tra il 1650 e il 1750 e tornate solo di recente nel luogo d'origine. A recuperarle è stato un autentico "cacciatore" di reperti: l'88enne Riccardo Tondolo, albergatore di Bari con un'incontenibile passione per questi piccoli tesori.

«Il mio amore per l'arte deriva dai miei avi argentieri: furono attivi a Siena sin dal 1300», ci dice Riccardo, che ci accoglie nel suo hotel Rondò in corso Alcide De Gasperi. Qui sono esposti nella hall altri oggetti antichi quali un boccale di origine napoletana risalente addirittura al 1480.

L’esperto racconta di come sia riuscito a rintracciare una simile quantità di gioielli. «Per esigenze di lavoro nella mia vita ho viaggiato parecchio - evidenzia -, sono così riuscito a entrare in contatto con antiquari di mezzo mondo, prendendo parte a diverse aste».

Ma come mai esistono tante "creature" laertine sparse all’estero? Fino all'800 il paese murgiano pullulava di maestri della maiolica ed era in competizione con altri centri "specializzati" nel settore come Faenza. I preziosi prodotti erano destinati a persone benestanti, feudatari e prelati di alto livello.

Con l'avvento della borghesia però la richiesta di oggetti così pregiati calò, lasciando il posto ad abbellimenti più economici, pratici e resistenti. Molti manufatti vennero poi portati via dai rampolli delle famiglie nobiliari che visitavano la Puglia: piatti da parata, albarelli, anfore e acquasantiere diventarono così dei costosi souvenir che si dispersero nel resto del globo.

Non è un caso quindi che diversi esemplari siano oggi esposti in luoghi lontani dal Sud Italia come il Museo civico di Bassano del Grappa, il Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, il Victoria and Albert museum di Londra e persino l'Ermitage di San Pietroburgo.


Nell’800 e 900 la cultura della maiolica a Laterza sembrò finire definitivamente nell'oblìo. Fino all'arrivo di Tondolo, che dopo decenni di "caccia" ha prestato ben 154 pezzi della sua collezione al nascente Muma. A catalogarla ci ha pensato un altro grande esperto del settore: Guido Donatone, fondatore del Centro studi per la storia della ceramica meridionale.

Il museo si articola attraverso eleganti teche nere e ospita anche alcune raccolte meno cospicue: quelle di Chini, Calabrese e del Santuario Mater Domini del paese, di cui ammiriamo subito una placca in monocromia turchese del 1703, raffigurante la crocifissione di Gesù tra San Francesco e San Domenico.

Poi si passa alla ricca collezione Tondolo. Notiamo subito un'acquasantiera turchese e dorata. Al centro dell'esemplare spicca un sole con dodici raggi e una scritta latina in maiuscolo: "IHS", sigla di Iesus Hominum Salvator, vale a dire "Gesù salvatore degli uomini". É un simbolo ideato da San Bernardino per rappresentare l'"irradiamento" della carità divina.

Avvistiamo poi un'altra acquasantiera realizzata da Angelo Antonio D'Alessandro, uno dei più grandi maestri che Laterza abbia mai avuto, vissuto a cavallo tra il 600 e il 700. L'opera ritrae una santa con in mano un volume e nell'altro un calice. E a poca distanza balzano all'occhio anche degli scaldamani a forma di libro di fine 800, con tonalità che variano dal bruno manganese al giallo antimonio.

Osserviamo infine altri due recipienti per l'acqua benedetta. Sul primo è disegnato il mezzo busto di un santo francescano, sormontato da due putti in rilevo che reggono un corona. Il secondo, assai più grande dei precedenti, immortala invece San Michele sotto una cupola retta da due colonnine finemente lavorate.

«Il mio sogno - conclude Riccardo - è che tutta la mia raccolta possa essere ospitata in un grande museo delle arti decorative a Bari, proprio come avviene a Milano nel Castello sforzesco». E se così fosse, Laterza perderebbe ancora una volta le sue preziose quanto “vagabonde” maioliche.

(Vedi galleria fotografica)


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