di Francesco Lattanzio

Bari, una passeggiata su corso Alcide De Gasperi: la strada delle ville in stile liberty
BARI – Splendide ville storiche in stile liberty, che una accanto all’altra sfilano davanti agli occhi di coloro che percorrono velocemente l’ultimo tratto di corso Alcide De Gasperi, una delle arterie principali della città. Sono le dimore della borghesia barese di fine 800/inizio 900, che in questa zona più di cento anni fa aveva creato un suo buen retiro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui infatti prima non c’era nulla, se non tanta campagna e verde e le persone facoltose di Bari ne avevano approfittato per crearsi un posto dove andare a riposare durante l’estate, non lontano comunque dal centro “affaristico” cittadino. Così si fece a gara per farsi costruire la villa più bella, che dato il periodo storico-artistico furono edificate in stile liberty, quasi tutte con un “torrino belvedere”: autocelebrazione di una classe sociale che si ispirava ai re di un tempo e ai loro castelli medievali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A distanza di tanti anni quegli edifici sono ancora ben conservati e ben visibili, visto che a differenza delle più grandi ville di via Amendola e via Fanelli che presentano enormi giardini, qui le ville sono praticamente affacciate su corso Alcide De Gasperi. Se ne contano in tutto una ventina, concentrate in 2 chilometri, tra l’incrocio con viale Kennedy e l’ingresso di Carbonara.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alcune sono state trasformate in locali e discoteche, altre ospitano suore o asili, ma la maggior parte di esse sono ancora abitate dai discendenti dei vecchi proprietari. Siamo andati a visitare le più belle (aiutati dal testo "ville storiche" a cura di Maria Vacca), per cercare anche di raccogliere storie e ricordi.  E questo è il nostro racconto (vedi anche foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oltrepassando l'incrocio con viale Kennedy, dopo cento metri sulla destra, al civico 395, troviamo la prima dimora di cui decidiamo di parlare: si tratta di villa Lucia, edificata tra il 1888 e il 1895 dall’imprenditore Pasquale di Rienzo. L’edificio passò da diversi proprietari, fin quando nel 1930 fu venduto a tale Giuseppe Lillo, che gli diede il nome di sua moglie, Lucia appunto, le cui cinque lettere svettano in color blu lapislazzulo sulla facciata di color rosa.  Tale villa, oltre a presentare eleganti finestre sia monofore che bifore, è caratterizzata da un loggiato e da un torrino belvedere ottagonale  che sorge sullo spigolo nord-occidentale e si eleva su tre livelli terminando con una cornice ad archetti. Nel notevole giardino è posta una fontana in pietra raffigurante un angioletto che abbraccia un cigno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Riprendiamo la nostra passeggiata in direzione Carbonara. Dopo 400 metri, sulla sinistra, troviamo al civico 306 villa Alberotanza. La dimora  presenta alcuni problemi di datazione poiché l’unico documento presente risale al 1931 e si tratta del testamento olografo del signor Giuseppe Alberotanza che lasciava a sua moglie alcune proprietà tra le quali questa villa color rosso porpora. Si tratta di una struttura molto semplice: è a due piani e presenta finestre architravate, tranne quella centrale che ha nella parte superiore un timpano. Caratteristico il grande portone d’ingresso costituito da un sopraluce a raggiera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo 100 metri, sulla destra, al civico 431, incontriamo villa Rotondo, edificata nel 1912 e che dopo aver ospitato una scuola materna negli anni 40 ora è sede di una discoteca.  All’elegante edificio di color crema si accede attraverso una scalinata che si trova a sinistra della struttura e che conduce al piano rialzato costituito sia da un loggiato a tre archi che da un balcone ornato da una ringhiera in ferro battuto bianca. La parte di destra è occupata invece da un alto torrino belvedere di forma ottagonale ornato da monofore e occupato, nella parte superiore, da archetti ciechi e da una balaustra merlettata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Oltrepassato il cavalcavia della tangenziale che getta ombra sulla via principale per alcuni metri, sempre sul lato destro della strada, si rimane affascinati dalla grande villa Di Cagno, ai civici 455 e 457. Fu edificata nel 1890 ed è appartenuta all’ex sindaco di Bari Vito Antonio Di Cagno. La parte centrale è occupata da uno spazioso loggiato al quale si accede da due scalinate laterali. Mentre i due lati del portone di ingresso presentano nicchie occupate a loro volta da due statue di donne. Qui incontriamo l’88enne signora Tecla Magli, nuora dell’ex primo cittadino, che vive in questa villa da più di 50 anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Questa villa è stata popolata da tanta gente – ricorda la donna - specialmente nel periodo in cui Bari fu occupata dagli inglesi, visto che i nostri parenti vennero qui dal centro della città per essere più al sicuro». Nel frattempo l’anziana attraverso una scala a chiocciola ci accompagna al piano di sotto, dove in un salotto possiamo ammirare trovano mobili e poltrone d’epoca. Non ci resta che salutare la signora e riprendere il nostro cammino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo 200 metri sulla destra ci incuriosisce una struttura maestosa che presenta al centro due grandi scalinate che formano un cerchio. Siamo davanti a villa Suppa, realizzata nel 1909 e appartenuta a quest’ultima famiglia che però nel 1953 la vendette alle suore francescane che tutt’ora la conservano. Su questo edificio aleggia una triste leggenda. Sembra infatti che scoppiata la guerra i proprietari, essendo stati chiamati alle armi, lasciarono nella villa le loro mogli. Ma le donne un certo giorno furono rapite e di loro non si seppe più nulla, così i mariti decisero di cedere villa Suppa, per non rimetterci ma più piede.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo ora arrivati al civico 492 di corso Alcide De Gasperi. Qui sulla destra è ubicata villa Tomasicchio, formata da due piani con balconate molto grandi. Fu fatta edificare dal banchiere di Bari Francesco Tomasicchio che la utilizzava come residenza estiva, ma oggi purtroppo versa in totale abbandono.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre al civico 503 si trova l’ottocentesca villa Macchitella costruita su progetto dell’architetto Carabellese. La zona centrale è formata da tre archi che sono stati coperti da vetrate in stile liberty. Al di sopra delle arcate svettano ai lati due statue raffiguranti altrettanti aquile. Alla struttura si accede dopo aver attraversato un elegante viale. La dimora è arricchita anche da una dependance, un tempo utilizzata come rimessa per cavalli e carrozze e oggi adibita ad abitazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Infine al civico 344, quasi di fronte a Macchitella, svetta villa Galbiati, che si riesce però a vedere a stento, a causa della folta vegetazione che la circonda.  L’edificio è di color rosso porpora e si articola su tre livelli: uno scantinato, un piano rialzato e un piano nobile. Sulla parte sinistra si trova un torrino belvedere con tetto a falde spioventi occupato da un loggiato a tre arcate con un vestibolo impreziosito da una ringhiera in ferro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo ormai alle porte di Carbonara. Da questo punto in poi la via verrà inghiottita dalle basse case dell’ex frazione di Bari: un altro mondo rispetto alla ostentata ricchezza di corso Alcide De Gasperi, la via più  “monumentale” di Bari.  

(Vedi galleria fotografica di Gennaro Gargiulo)
 


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