di Giancarlo Liuzzi - foto Christian Lisco

Bari, il palazzo dei mutilati "Teodoro Massa": testimone sopravvissuto dell'antica Carrassi
BARI – La sua importanza è data dall'essere uno dei pochi edifici storici del quartiere Carrassi di Bari sopravvissuti alle demolizioni avvenute a partire dal Secondo Dopoguerra. È questa la storia del “Teodoro Massa”: un complesso costituito da tre fabbricati uniti da un cortile interno che si staglia da quasi un secolo tra viale della Repubblica e via Guido de Ruggiero, a due passi dalla Chiesa Russa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Conosciuto dai più come “Palazzo dei mutilati”, fu eretto nell’ex contrada San Lorenzo tra 1929 e il 1930 per volere di Mussolini al fine di dare una casa ai militari rimasti inabili a causa del primo conflitto mondiale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Progettato dall’architetto Nicola Cavaliere, venne gestito da subito dalla cooperativa edilizia Teodoro Massa creata dai soci e dall’omonimo presidente di quell’Anmig (Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra) che nel 1940 inaugurerà anche la Casa del Mutilato di via Murat.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo quindi andati a visitare questa abitazione che come detto rappresenta, assieme alla Caserma Rossani e a pochi ex Villini Postelegrafonici, uno dei pochi testimoni rimasti dell’antica Carrassi. (Vedi foto galleria)

Ci troviamo su viale della Repubblica, alle spalle della Chiesa Russa. Camminando verso il centro cittadino  ecco sulla sinistra i primi due fabbricati del complesso. Si tratta di due edifici gemelli comprendenti un totale di 14 appartamenti che furono destinati all’epoca agli ufficiali. Separati da un cancello e da un breve viale, sono introdotti da un largo marciapiede che li distanzia dalla trafficata arteria cittadina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Presentano entrambi una facciata rosa e bianca impreziosita da un balconcino colonnato e da decori in pietra. Un cornicione sporgente con tegole divide poi il piano attico segnato da una serie di lesene. Le centrali sorreggono il timpano di coronamento, lì dove è presente lo stemma dell’Anmig di ispirazione romana, ovvero uno scudo con tre gladii su una corona di spine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Stilisticamente l’insieme dei due edifici è caratterizzato dalla sobrietà di linee del secondo Rinascimento Romano – ci spiega l’architetto Simone De Bartolo – e sembrano volersi apparentare alla tipologia della villa suburbana».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci avviciniamo ai due massicci portoni in legno, che ai loro piedi presentano antichi “nettascarpe”. Entrambi gli ingressi sono chiusi tra due alte colonne squadrate e sopraelevati dal piano stradale da tre ampi gradoni. All’interno ci si imbatte in eleganti androni con pareti a pannelli marmorei aventi al centro dei gradini che conducono alla tromba delle scale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lasciamo ora i due palazzi gemelli per andare a visitare l’edificio principale del complesso, che si staglia sulla perpendicolare via Guido de Ruggiero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Pensato per ospitare i sottufficiali, svetta con il suo imperioso prospetto bianco e ocra su uno spiazzo adibito a parcheggio. La dimora si innalza su cinque piani scanditi da una sequenza parallela di finestre con imposte marroni, alcune delle quali sormontate da decori a conchiglia o a stella e da fini architravi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Impreziosiscono la facciata una serie di balconcini alcuni più semplici con ringhiere in ferro, altri più massicci con colonne e timpani spezzati sorretti da pilastri quadrangolari. Chiude in alto il piano attico, dominato al centro dall’imponente stemma “romano” già presente sugli altri due fabbricati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La vista dell’imperiosa dimora è però “sporcata” da una moderna quanto discutibile costruzione chiara, sorta qualche anno fa al posto della storica officina degli Aceto, famiglia che per sessant’anni ha riparato le biciclette dei baresi. 

Nonostante ciò il palazzo spicca con i suoi eleganti decori e la raffinata simmetria. «L’edificio – osserva De Bartolo - presenta lo stesso stile degli altri due fabbricati ma è sicuramente più maestoso. Presenta un notevole prospetto articolato attraverso la suddivisione basamento, elevazione e coronamento. Nella struttura ricorda i complessi Incis del quartiere Madonnella, costruiti nello stesso periodo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta quindi che accedere al suo interno, attraversando il grande portone in legno. Siamo nel vasto androne centrale che conduce a una luminosa vetrata che dà sul cortile interno. «Ho ereditato l’appartamento al secondo piano dai miei nonni – ci dice il 71enne Ciro Neglia, che abita nel complesso sin da piccolino -. Qui ci sono un totale di 54 appartamenti divisi in tre diversi vani scala. Fino a pochi anni fa non c’era neanche l’ascensore».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nell’ingresso sono ancora presenti le originarie cassette delle lettere in legno, l’antico locale del portiere indicato da un’insegna retrò e una piccola nicchia con una statua della Madonna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Raggiungiamo quindi il cortile, un largo spiazzo decorato con due alte palme e verdi aiuole con attorno vecchie panchine. Intravediamo anche una porticina con su scritto “Ufficio”: il locale amministrativo del complesso usato ancora oggi per le riunioni di tutti i condòmini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nell’ampio parcheggio interno un tempo ogni 19 marzo veniva anche organizzato il falò di San Giuseppe. «Non solo – ci racconta Ciro - da ragazzi lo usavamo per giocare a calcio. Prima, tra l’altro, non era asfaltato e con la pioggia tornavamo a casa completamente sporchi di fango».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da questo punto possiamo godere della vista della splendente cupola della Chiesa Russa dominata da una croce dorata. Rientriamo però nel palazzo e, attraverso una delle scale che conserva l’originale ringhiera, raggiungiamo infine il terrazzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da qui su è possibile osservare viale della Repubblica e attorno a noi gli altri moderni edifici del quartiere Carrassi: quelli che accerchiano questo secolare palazzo che ha resistito a tristi abbattimenti e demolizioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Giancarlo Liuzzi
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  • Vito Petino - Nel cortile interno del mastodontico edificio del ventennio infame vi sono locali oggetto di pratiche di condono edilizio da me portate a termine professionalmente in sanatoria, rendendo gli immobili urbanisticamente regolari e legali...
  • Michele - Un aneddoto su Vito, portiere dello stabile negli anni 70: devo mangiare un grappolo di uva? Bevo un bicchiere di vino, é la stessa cosa. Vito era una bella persona, sempre allegro e disponibile. La cosa che mi è rimasta più impressa è che dava del signor o signorina anche ai bambini.


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