Palazzo Roberti, elegante e imponente domina Mola dal 700: oggi giace abbandonato
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venerdì 20 maggio 2016
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di Ilaria Palumbo
Si tratta di un edificio in stile tardo-barocco che prende il nome dalla famiglia borghese di origini calabresi che nella seconda metà del Settecento lo fece costruire su progetto dell’architetto Vincenzo Ruffo, allievo di Luigi Vanvitelli e Carlo Galli da Bibbiena. E’ a pianta rettangolare e l’imponente corpo centrale è costituito dal portale ad arco a tutto sesto, delimitato da alte colonne e da lesene che sostengono un balcone mistilineo (risultato della compenetrazione di segmenti sia rettilinei sia curvi) e caratterizzato da porte e finestre dall’architrave decorato con volute e conchiglie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Impossibile non notarlo. Impossibile non ammirarne la bellezza. Peccato che il palazzo nobiliare sia chiuso da 10 anni, giacendo ora in uno stato di totale abbandono, nonostante negli anni 80 il Comune lo abbia acquistato proprio per salvaguardarlo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Il degrado era tale che da un momento all’altro i solai sarebbero potuti crollare – ci dice l’81enne Enzo Linsalata, ex Assessore ai Beni Culturali di Mola–. Bisognava dunque provvedere e i suoi tanti proprietari non avevano nessuna intenzione di farlo. Lo acquistammo quasi totalmente, tranne per i locali al piano terra che danno sul retro che sono ancora di proprietà della famiglia Bellini. Fino a 10 anni fa il Palazzo era sempre aperto e visitabile, ma poi è stato dichiarato inagibile. E da allora è stato abbandonato: l’amministrazione non possiede e non cerca i soldi per ristrutturarlo interamente».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo andati a dare un’occhiata a Palazzo Roberti (vedi foto galleria), chiamato anche Alberotanza, dal nome dei successivi proprietari. L’edificio rimase infatti proprietà dei Roberti fino al 1858 quando l’ultima erede, Benedetta, sposò Nicola Alberotanza. Poi negli anni 30 del 900, dopo un grave dissesto finanziario della famiglia, fu frazionato e venduto a diversi privati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo davanti al portone d’ingresso, dove si trova un cartello che recita: “All’interno, caratterizzato da numerosi ambienti, spiccano le sale con raffinati soffitti dipinti”. E’ stato inutile chiedere al Comune di vedere con i nostri occhi quegli ambienti: non abbiamo mai ricevuto risposta. Sappiamo comunque che varcato il portone il visitatore si troverebbe in un ampio cortile, dove attraverso una grande scala accederebbe ai due piani superiori, di cui il primo è quello “nobile”, ricco di tele dipinte a tempera sui soffitti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ciò che è possibile fantasticare per l’interno, non è possibile però farlo per l’esterno. La facciata è in buone condizioni, ma le finestre sono rotte e le imposte sono traballanti. E sul retro in via Buttaro lo scenario che si apre davanti a noi è davvero tremendo: sporcizia ovunque, scritte sui muri e sulle porte, persiane che rischiano di cadere e persino la tela che dovrebbe proteggere i grandi finestroni, impedendo ai calcinacci di cadere, ai volatili di entrare e alle intemperie di danneggiare gli interni, è completamente logora.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Secondo un aneddoto il Palazzo fu costruito dai Roberti per impedire ai rivali Noya di guardare il mare dai balconi della loro magione che si trovava lì vicino. Probabilmente, se oggi fossero in vita, entrambe le famiglie si sarebbero unite: per ridare vita a questo splendido efidicio che con il passare degli anni rischia solo di diventare un rifugio per piccioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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Ilaria Palumbo
Ilaria Palumbo