di Gaia Agnelli e Mattia Petrosino

Mosaici, cristalli e foglie d'oro: viaggio tra le sofisticate insegne storiche di Bari
BARI – «Un tempo le insegne erano eleganti e sofisticate, fatte per resistere negli anni. Oggi invece conta prevalentemente “colpire” con effetti luce e colori, talvolta però in maniera un po’ troppo appariscente». Sono le parole del 43enne Mariano Argentieri, titolare di uno studio di grafica barese, che ci ha guidati all’interno di un mondo molto particolare: quello delle targhe dei negozi che, poste sopra le vetrine, annunciano il nome dell’attività.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Bari ne sopravvivono ancora di molto antiche, contraddistinte per i caratteri elaborati e per i materiali con cui sono fatte, tra i quali legno, metallo e vetro. (Vedi foto galleria)

Il nostro viaggio comincia in strada Vallisa, quasi ad angolo con piazza del Ferrarese, dove si staglia la targa commerciale più datata di Bari, risalente al 1856. È quella del negozio di casalinghi Emanuele Traversa, chiuso ormai da un anno. La sua peculiarità risiede nell’essere rimasta l’unica in legno della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Nell’800 – spiega Argentieri – il legno era l’elemento più usato dai negozianti perché economico, duttile, semplice da maneggiare e soprattutto pensato per durare a lungo. Ed è proprio grazie a questo materiale (capace di resistere alle intemperie e all’umido), che il logo di Traversa, seppur sbiadito, si è mantenuto intatto per più di un secolo». 

All’epoca si prestava anche molta attenzione all’aspetto grafico. «Una delle categorie di carattere tipografico più utilizzata è quella dei “romano moderni” e “romano moderni raccordati” – spiega –, la cui particolarità era la presenza delle “grazie”, ossia allungamenti ortogonali delle lettere, che contribuiscono a rendere le lettere raffinate, sottili e precise».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sull’insegna di Traversa, la cui struttura è a cassa inclinata, ritroviamo proprio questo stile nelle vocali e consonanti gialle dipinte a mano a contrasto con il legno scuro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il romano moderno è protagonista anche del logo più “recente” del Tabaccaio Di Monte, custodito all’interno del locale. La targa, in bianco e nero e risalente al 1943, presenta lo stile nella sua variante “raccordata”, ossia curva, quasi a voler imitare la forma di un semicerchio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma l’esercizio commerciale conserva anche la prima insegna degli inizi del 900, periodo di fondazione dell’attività. Questa presenta addirittura lo stemma dei Savoia, a cui seguono le lettere a carattere lineare. Entrambi i marchi sono però accomunati dalla base in metallo, altro materiale usato in epoche più remote.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spostiamo ora in via Sparano, dove dal 1902 si stagliano le due insegne laterali del negozio di abbigliamento Peroni. Questa volta però si tratta di un prodotto realizzato in vetro, nella sua variante “a specchio”, che consente ai passanti di riflettersi. 

«Ma ciò che veramente la differenzia dalle altre – ci dice il 43enne – è l’impiego di un carattere della categoria dei calligrafici, ossia un tratto vario e fluido che si rifà alla scrittura a mano. È possibile notarlo sulle due parole “Moda” e “Stile”, poste sotto l’emblema di Peroni e la data 1902».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Altra tipologia di vetro è quella “a cristallo”, presente sul negozio d’intimo Cima e realizzata nel 1928, anno in cui è stata aperta l’attività in via Sparano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«La caratteristica qui – spiega Argentieri –, è quella di rendere lucida e brillante la targa, proteggendola dagli agenti atmosferici. La tecnica impiegata è la cosiddetta “foglia d’oro”: consiste nell’applicare una sottilissima lamina di metallo nobile sulla superficie interna del logo per decorare la scritta dorata a contrasto con il nero».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche il logo del 1943 dell’agenzia immobiliare Abbrescia, in via Cairoli e quello della Farmacia Romita del 1900, in via Quintino Sella, sono stati prodotti nella stessa maniera. Quest’ultimo però risalta agli occhi soprattutto per il suo strano e bizzarro carattere appartenente alla categoria detta “fantasia”, proprio perché tende a mescolare più stili.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed eccoci ora davanti a un’altra elegantissima insegna realizzata su vetro trasparente. È quella di Mincuzzi, palazzo liberty edificato nel 1928 in Via Sparano per ospitare l’omonima ditta di abbigliamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma Mincuzzi conserva anche una seconda targa meno visibile, sempre con il nome dei fondatori: si trova in cima all’edificio, sull’iconica cupola. «È una delle più raffinate di Bari – afferma l’esperto –. Questa eleganza è data dalla prestigiosa tecnica a mosaico, composta da preziose tessere dorate in contrasto con la scritta scura».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Legno, vetro, metallo e mosaico vennero poi affiancati nel Dopoguerra da plexiglass e neon. «Tale materiale plastico esordì negli anni 50 – racconta Argentieri –. Il binomio plexiglass e neon è ciò che ha contraddistinto del resto tutti gli anni a venire. Anche oggi le insegne sono fatte così, illuminate però da più moderni led. Una tecnica molto di impatto, ma che si allontana in maniera radicale dall’eleganza artigianale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un palese esempio di uso di “plexiglass anni 50” è la targa della Salumeria Micunco, presente in via Pasubio dal 1958. Si nota qui la leggibilità associata ai caratteri lineari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sempre a Carrassi, nella vicina via Giulio Petroni, abbiamo infine una dimostrazione di insegna a neon: quella che risalta all’ingresso dell’Enoteca Fumai, realizzata nel 1960. «È una delle poche che ancora conserva la dicitura strutturata su un'asse verticale – conclude Argentieri –. Una disposizione questa molto impiegata in passato, ma che ormai è entrata in disuso, perché antiestetica e leggibile solo da un lato».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
                                                                                                                      
(Vedi galleria fotografica)
 


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  • Mara Manzari - Articolo bellissimo. Grazie.
  • Mariano Argentieri - non va dimenticato che: la realizzazione di queste opere erano frutto di artigiani: ebanisti, vetrai, doratori, fabbri, decoratori ed alcune insegne portano la firma dei titolari di queste attività. Ad esempio il Dott. Romita si rivolse alla ditta F.lli De Marinis mentre i signori Abbrescia diedero la commissione alla ditta di Raffaele e Francesco Laricchiuta (rispettivamente padre e figlio) che avevano gli uffici e magazzino di vendita in via De Rossi dal n. 34 al n.40 mentre il laboratorio era in via Nicolai n. 61. La vetreria Luigi Pizzirani del Comm. Carlo Pizzirani di Bologna aveva una filiale a Bari – lo stabilimento industriale era all’incrocio con l’attuale corso Benedetto Croce con viale Papa Giovanni XXII – era un riferimento per le imprese sopra nominate per il reperimento di vetri, cristalli e specchi di varia manifattura e origine.
  • Francesco Capasso - Un passo indietro nel tempo, alla ricerca di verità nascoste che raccontano il passaggio e la sosta dei baresi nei negozi che hanno segnato la storia del commercio cittadino, negli anni migliori che ci hanno preceduto. E a voler tenere aggrappati a noi questi ricordi custodiremmo volentieri con noi la storica insegna di legno di Emanuele Traversa, ferma ormai da tempo, perché il tempo stesso non dimentichi il profumo e il calore con il quale il legno stesso ha saputo coinvolgere l’animo umano con il suo fascino caloroso.


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