di Gaia Caprini e Mattia Petrosino - foto Sonia Carrassi

Bari, la storia della Caserma Italia: quel luogo che fu abitato dalle "camicie nere"
BARI - È l’ultimo edificio del Ventennio presente su corso Vittorio Veneto, situato dopo altri monumenti costruiti negli anni 30, come i palazzi dell’Incis, il liceo Orazio Flacco e la “fortezza” Macchi. Parliamo dell’imponente Caserma Italia, realizzata tra il 1933 e il 1937 dal grande architetto Saverio Dioguardi. (Vedi foto galleria)

Si tratta di un fabbricato che venne innalzato per ospitare la guardia armata del Fascismo: le cosiddette “camicie nere” della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Oggi accoglie il comando della brigata meccanizzata “Pinerolo”: un’importante e storica unità dell’Esercito che ha sede proprio a Bari e le cui origini affondano sin dal 1821.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per visitarla, venendo dal centro cittadino, percorriamo dunque corso Vittorio Veneto. Superato il liceo artistico Pino Pascali, la caserma ci appare sulla sinistra, in tutti i suoi 4200 metri quadri di grandezza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fu ideata da Saverio Dioguardi, architetto che ha ideato “mezza Bari” e che è stato autore di altri palazzi militari cittadini, tra cui il comando dell’Aeronautica. La struttura è segnata da tre “torri”: due laterali più basse e una centrale decisamente più alta e possente. Su quest’ultima, di color ocra, svetta l’immancabile bandiera italiana. 

L’edificio è poi diviso su due livelli. Il superiore, di color ruggine, è caratterizzato da un’originale soluzione di finestrature continue. L’inferiore, bianco, si differenzia invece per un grande fregio scultoreo realizzato dallo scultore romano Omero Taddeini. Rappresenta operai e soldati che convergono verso una figura alata inneggiante la vittoria e sulla quale è posto uno stemma raffigurante un pino verde su uno sfondo rosso: il simbolo della Pinerolo. In realtà in origine al posto della figura si trovava un busto di Mussolini, che fu poi rimosso alla fine della guerra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta ora che entrare. Superato il portone d’ingresso in legno, ci ritroviamo in un atrio dal pavimento in marmo dove incontriamo il tenente colonnello Domenico Occhinegro e il luogotenente Giovanni Minervini, che ci faranno da guida all’interno della caserma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Attraverso un cancello ci dirigiamo prima nel cortile del complesso. Qui, in un angolo verde, sono posizionate le bandiere dell’Unione Europea, dell’Italia e della Brigata Pinerolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Invece accanto a un cannone risalente alla Seconda guerra mondiale, si erge altissimo un gagliardetto triangolare di colore blu e con una stella rossa al centro. «Si chiama “colonnella” – ci spiega Occhinegro – e nonostante il nome sta a indicare la presenza del generale all’interno della caserma. Ogni qualvolta il comandante si allontana dalla città, la bandierina viene ammainata».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ritorniamo ora sui nostri passi per raggiungere una scala che ci conduce davanti a una piccola cappella. L’ambiente è caratterizzato da quattro pilastrini in marmo nero che un tempo reggevano una cancellata. Si tratta di uno dei pochi elementi sopravvissuti dell’originale chiesetta progettata da Guido Prayer, artista che assieme al fratello Mario ha decorato importanti edifici cittadini quali l’Ateneo e il Palazzo Ingami Scalvini.

«Dai documenti di archivio – sottolinea Minervini - risulta ad esempio che l'abside era arricchita da un pannello di rame. Così come le pareti erano segnate da vetrate artistiche. Con il tempo però queste decorazioni sono state smantellate».

Usciamo dalla chiesetta e continuiamo a salire. Il primo piano è però al momento inagibile a causa di lavori in corso, così arriviamo direttamente al secondo livello, dove è presente l’ufficio del comandante che non ci è permesso visitare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui i corridoi sono pieni di zeppe di bandiere e fotografie. Ci soffermiamo su una parete in cui sono affissi i ritratti dei vari generali che si sono succeduti al comando della Brigata. Una foto in bianco e nero mostra invece Pinerolo (Pignerol in francese), il piccolo paese del Piemonte in cui nel 1821 ebbe inizio il movimento insurrezionale che preluse al Risorgimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ultima tappa del nostro viaggio è il terrazzo, lì dove campeggia la bandiera dell’Italia: il drappo tricolore che può sventolare libero al vento, in un luogo che ottant’anni fa era tinto solo di nero.   

(Vedi galleria fotografica)


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