di Antonio Giannoccaro

Le opere di Saverio Dioguardi: l'architetto trasformista che ha disegnato "mezza Bari"
BARI – Ha disegnato letteralmente “mezza Bari”. L’architetto-costruttore Saverio Dioguardi è stato per cinquant’anni il protagonista assoluto dell’edilizia pugliese, riuscendo a mettere la sua firma su un’immensa quantità di palazzi, alcuni dei quali diventati dei veri e propri simboli della città. Il suo “segreto” è quello di essere riuscito ad attraversare decenni ed epoche aggiornando continuamente il suo linguaggio, non limitandosi quindi a solo e un determinato stile, ma spaziando dal Neoclassicismo al Liberty, dal Novecentismo italiano al “Littorio”, fino a riuscire a confrontarsi con il Moderno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E sebbene due delle sue creazioni più amate, l’ex Palazzo della Gazzetta e l’Albergo diurno siano andate tragicamente perdute nel periodo della speculazione edilizia, la maggior parte delle sue opere sono ancora visibili passeggiando per le vie cittadine. Dioguardi (foto 1) è quindi ancora “presente” a Bari e merita quindi che ci si soffermi sulla sua grande opera. (Vedi foto galleria)

Nato nel 1888 a Rutigliano, comincia a muovere i primi passi come progettista durante gli anni 10 del secolo scorso, nell’azienda di famiglia. L’architetto nelle sue prime realizzazioni fa tesoro dei soggiorni a Roma e Milano, lì dove aveva appreso il vivace stile eclettico e le ultime tendenze internazionali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La sua mano si caratterizza per le ricche citazioni storiche e una spiccata individualità mirata a un rinnovamento e ammodernamento dell’immagine cittadina. Questo si nota nel sostanzioso decorativismo con sfumature liberty del palazzo in via Crisanzio 97 (2), nel sobrio neoclassicismo accademico di Palazzo Ferreri situato tra corso Cavour e via Cardassi (3) e nei raffinati geometrismi déco con spunti secessionisti del Palazzo degli Impiegati Statali in via Cognetti (4).

Negli anni 20 il maestro, forse influenzato (come tanti suoi colleghi) dal clima politico nazionale, inizia a limitare le aperture europeiste privilegiando una linea più “italiana”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Palazzo Dioguardi-Durante, costruito nel 1926 in piazza Eroi del Mare (5), risente ancora in parte di influenze déco, ma il trattamento di superfici e volumi comincia a diventare più unitario e geometrico e l’apparato scultoreo si riduce a due bassorilievi ai lati dell’ingresso principale. E poi con Palazzo Giannelli in via Sparano, realizzato con l’ingegnere Ettore Patruno nel 1929 (6) e nel complesso Girone-Dioguardi realizzato in piazza Massari nel 1931 (7), l’architetto rinuncia al decorativismo incontrollato in favore di un più lineare classicismo semplificato che gioca sui contrasti materici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Negli anni 30 Saverio è uno dei pochi professionisti locali a essere coinvolto nell’ingente opera di edifici pubblici voluti dal regime Fascista per rendere Bari “una grande metropoli adriatica”. In questo contesto rientra il progetto del Palazzo della Provincia realizzato nel 1930 in collaborazione con il tecnico Luigi Baffa: un fabbricato neoquattrocentesco che risulterà uno degli ultimi a essere innalzati in modo esplicitamente storicista (8).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il 1932 è poi un anno di svolta radicale per il costruttore che si avvicina a quello stile “littorio” in voga ormai su tutto il territorio nazionale e particolarmente gradito a Mussolini: un’architettura imponente e austera che richiamava quella grandiosità “romana” di cui l’ideologia fascista si autoproclamava restauratrice.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un esempio di questa nuova scuola è il monumentale complesso che racchiude la chiesa di San Ferdinando, completato nel 1933 in via Sparano: uno dei pochi esempi di progettazione unitaria di un intero isolato del murattiano (9). Gli arconi, le torri, le asciutte superfici quasi totalmente prive di decorazioni danno all’insieme un aspetto quasi atemporale e metafisico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Rientrano in questo filone anche gli esterni del Comando dell’Aeronautica sul Lungomare Nazario Sauro del 1935 (10), il Palazzo riunione adriatica di sicurtà su Corso Cavour dello stesso anno (11) e la caserma Macchi realizzata nel 1937 (12).

Più o meno degli stessi anni, ma con un approccio stilistico ben diverso, è il circolo Barion sul molo San Nicola: un’architettura di elegante e sobria modernità dalle linee curve e dinamiche influenzate probabilmente dall’arte futurista e l’estetica navale (13).

Uno degli ultimi edifici del periodo mussoliniano è infine il Palazzo della Milizia Volontaria, conosciuta oggi come “Pinerolo” sul lungomare Vittorio Veneto (14). Un compromesso tra le esigenze monumentali (si vedano i grandi fasci littori che caratterizzano la facciata) ed elementi di forte modernità come le finestre a nastro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel Dopoguerra  si torna ad un'architettura priva di enfasi propagandistica. Tra il 1947 e il 1950 Dioguardi pensa in via Abate Gimma il complesso della sede per la Banca Commerciale con appartamenti annessi (15). L’opera è ormai svuotata di qualsiasi retorica ma non rinuncia a una compostezza che potremmo ancora definire classica, con un portale d’accesso scandito da semicolonne addossate come unica citazione “archeologica” del progetto (16).

Alla fine degli anni 50 Dioguardi abbraccia completamente lo stile moderno che caratterizza l’architettura internazionale e che ritiene il più efficace a rappresentare una città che sognava di diventare una moderna capitale del terziario. Strutture in cemento a vista, ampie vetrate, courtain wall e tutti gli elementi dell’international style sono parte del linguaggio che caratterizza i nuovi edifici come la sede della Banca di Roma in via Andrea da Bari (17) e quella del SET (oggi Banca Popolare) in piazza Massari (18).

Si tratta delle ultime grandi opere di quel trasformista che è stato Saverio Dioguardi, le cui idee sono riuscite a lasciare un segno indelebile su Bari, città che lasciò per sempre nel 1961.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica di Alessandro Palermo)


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  • Emanuele Zambetta - Saverio Dioguardi: un grandissimo! Un mito per Bari! Ottimo articolo! Palazzi emblematici per Bari!


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