di Gaia Agnelli - foto Rafael La Perna

Tra bar dismessi e vecchi labirinti, la storia della Pineta San Francesco: il primo parco di Bari
BARI – Si trova in una zona periferica, non ha un bar, pecca di scarsa manutenzione e non è più frequentata come in passato, ma continua a essere una grande ricchezza per Bari, visto che rappresenta uno dei due grandi polmoni verdi della città. È la Pineta San Francesco, area di 70mila metri quadri inaugurata alla fine degli anni 60 nel quartiere San Girolamo, nella parte del rione che confina con San Cataldo. (Vedi foto galleria)

La storia del parco è in realtà anche più antica. Affonda le sue origini alla fine degli anni 20, quando dopo le devastanti alluvioni che avevano colpito Bari tra il 1905 e il 1926, si decise di intervenire con importanti piani urbanistici. Tra questi la creazione del “Canalone”: un canale artificiale utile a convogliare le acque piovane in mare. Fu realizzato deviando più a nord l’ultimo tratto di Lama Lamasinata, che all’epoca passava proprio dove oggi si trova la Pineta, in una zona caratterizzata da terreno paludoso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Dopo l’intervento tutta l’area venne così bonificata -  spiega l’esperto del territorio Michele Gravina -: una legge del 27 maggio 1930 provvide infatti all’eliminazione del ristagno dei nubifragi nell’area paludosa, dando il via all’urbanizzazione di questa parte della città».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sorsero così il Lido San Francesco, il Lido Eden (poi Trampolino) e la Pineta, che all’inizio si presentava come una grande macchia verde incolta, ma che pian piano fu oggetto di un graduale rimboschimento che portò alla fine degli anni 60 alla decisione di farne un vero e proprio parco.  

L’area verde fu così recintata, dotata di bar, giostrine e panchine e sin dal principio venne divisa in due parchi dotati di vita propria e separati da una strada: via Respighi. Nacquero così due pinete dirimpettaie: una “piccola” (più interna confinante con via Napoli) e una “grande” (verso il mare, confinante con via Van Westerhout). Si trattò del primo vero polmone verde della città: un luogo amatissimo dai baresi che qui hanno sempre trovato un luogo di pace lontano dal caos cittadino.  

Anche se la sua posizione periferica e l’apertura nel 1987 del ben più centrale Parco 2 Giugno, hanno reso la Pineta molto meno frequentata rispetto al passato. Nel corso degli anni l’area è stata così un po’ dimenticata, sempre meno curata da parte delle istituzioni e vittima di vandalismi e degrado. Rimane però un posto dove tra eucalipti e pini, piste ciclabili e percorsi ginnici è ancora possibile pedalare e passeggiare nella natura. Il tutto tra giostrine, piste di pattinaggio e tavoli da pic-nic.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo quindi andati a visitare la Pineta San Francesco, che prende il nome dal “poverello di Assisi” che leggenda vuole abbia compiuto un miracolo da queste parti nel 1220.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci dirigiamo quindi su via Respighi, strada su cui sono posti i due ingressi alle due distinte aree verdi. Iniziamo il nostro viaggio dalla più piccola, varcando l’ingresso protetto da una cancellata che riporta il nome del parco e il disegno di alberi stilizzati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

All’ombra dei pini imbocchiamo il sentiero disegnato dalla pista ciclabile, costeggiando i tavoli in legno dove i visitatori possono sedersi per leggere, chiacchierare o fare un pic-nic. Da sempre infatti la pineta, soprattutto di domenica, diventa un luogo dove portare vivande e bevande per organizzare merende e pranzi all’aperto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ricordo sin da bambino le domeniche passate nel parco – ci dice il 57enne Umberto, residente da a San Girolamo -, quando intere famiglie venivano armate di teglie, fornacelle e tovaglie. Per non parlare di quanti vi trascorrevano la Pasquetta e le calde sere d’estate: c’era difficoltà persino a trovare parcheggio».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre camminiamo incrociamo diverse persone che frequentano la pineta per fare sport all’aria aperta. Qui infatti sono presenti numerosi attrezzi ginnici (realizzati nel 2016), un percorso calistenico aggiunto quest’anno e tavoli da ping-pong.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


E anche per i bambini, tra scivoli e cavallucci, non mancano gli svaghi. Molto gettonata è la “ragnatela” di corde posta tra gli alberi sulla quale arrampicarsi a mo’ di Spiderman. «Le giostre sono sempre state un polo d’attrazione - commenta il 79enne Vito, mostrandoci una foto dell’area ludica negli anni 70 -. Io ci portavo spesso i miei figli che amavano la giostrina girevole in metallo che veniva manovrata con un “volante”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per i più piccoli vi è anche una pista di pattinaggio presente sin dagli anni 60 dotata di spogliatoi e colorata gradinata. Purtroppo non lontano da qui si trova il degradato edificio che ospitava un tempo il bar, con le sue insegne vandalizzate e i muri imbrattati di scritte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«È chiuso da cinque anni, ma già prima dell’ultima apertura aveva vissuto lunghi periodi di oblìo – dichiara la 76enne Tonia –. Peccato, perché rappresentava il punto di maggiore vitalità del parco. Ogni domenica a mezzogiorno una voce annunciava al megafono: “panzerotti caldi” e tutti si accalcavano per accaparrarsene uno. Ma non mancavano nemmeno i gelati per chi aveva voglia di dolce».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La pineta nascondeva infine un posto “segreto”: il labirinto, dismesso una ventina d’anni fa. Si trovava al confine con via Napoli, lì dove c’è una zona sopraelevata alla quale si accede salendo dei gradini. Qui, tra gli alberi, si estendeva un percorso contorto di alte siepi che veniva preso d’assalto dai bambini e non solo. «Lo chiamavamo il “labirinto dell’amore” ed era il luogo ideale per appartarsi con le ragazze lontano da occhi indiscreti», rammenta il 51enne Fabrizio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spostiamo ora nella pineta grande, posta come detto dall’altra parte di via Respighi. Usciamo quindi dalla “piccola” per entrare in questo parco più esteso del precedente ma nettamente più bisognoso di cura. A darci il benvenuto è l’elegante ma rovinata scultura in ceramica dedicata a San Francesco, una sorta di stele che raffigura il santo e il Cantico delle Creature.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sin da subito notiamo come la situazione qui sia più “spoglia”. Molti alberi, vittime del maestrale, sono incrinati e cadenti, le giostrine sono poche, non vi sono tavolini e del “tunnel” fiorito non resta che il suo scheletro in legno. Oltre a questo notiamo segni di degrado: sul prato giace un televisore abbandonato e i tombini nascondono pericolose buche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Questa pineta è sempre stata quella più “povera” e meno frequentata dell’altra - sottolinea Umberto -. È più dispersiva e meno assolata, per via della presenza di alberi più alti e folti. Del resto prima del 2020 non c’era nemmeno l’illuminazione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche qui c’è un bar abbandonato: un locale che è stato aperto solamente per poche occasioni. La struttura è fatiscente, dismessa e l’intonaco sul soffitto è macchiato di umidità e in certi punti si stacca a pezzi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Questa parte del parco è però apprezzata dai runners, che possono beneficiare di una lunga pista d’atletica realizzata negli anni 70. Ed è anche amata dagli animali. Alzando la testa vediamo ad esempio sbucare, tra i rami dei pini, un curioso parrocchetto monaco verde e giallo, mentre un gatto si avvicina a noi in cerca di cibo. Purtroppo non ci sono più i coniglietti di cui parlammo qualche anno fa, di cui restano le tane scavate nel terreno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma nella pineta grande, seppur tra tanto degrado, pare di trovarsi in un vero e proprio bosco. «È questo il parco che preferisco – conclude l’86enne Giuseppe -: lo frequento sin dalla sua inaugurazione negli anni 60. C’è silenzio, respiro aria fresca e pulita e per un attimo mi dimentico di vivere nella poco verde e caotica Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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