Il "Leon d'Oro" cambia volto: la storia dell'hotel di piazza Moro, il più antico di Bari
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venerdì 22 dicembre 2023
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di Giancarlo Liuzzi - foto Francesco De Leo
Da qualche settimana infatti squadre di operai sono all’opera per ristrutturare completamente l’albergo di piazza Moro. Gli arredi verranno totalmente rimossi, la facciata verrà restaurata, i pannelli fotovoltaici delle finestre sostituiti e all’interno troveranno spazio 74 camere, sala ristorante, palestra e roof garden sul terrazzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Lavori che si sono resi necessari sia per rinnovare lo stile dell’hotel, in parte fermo agli anni 70, sia per adeguarlo agli standard di sicurezza imposti alle strutture ricettive. Un’operazione edilizia importante che la famiglia proprietaria dei Farace (a cui fa capo anche l’Excelsior di via Giulio Petroni), ha ponderato con attenzione. E così dopo aver scartato la possibilità di affidare ad altri la gestione o di vendere l’intero immobile, ha deciso di rinnovare mantenendo anche la direzione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo così andati a visitare il Leon d’Oro prima che cambi totalmente volto (vedi foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo quindi in piazza Moro, lì dove l’imponente hotel svetta dall’alto dei suoi undici piani di fronte alla Stazione Centrale. Ci avviciniamo al prospetto, che fa angolo con via Raffaele de Cesare, composto da bianchi tasselli maiolicati e sul quale si aprono una serie di finestre sovrastate da pannelli solari e interrotte da lastre di alluminio color ocra. Spicca l’insegna bianca e celeste, che si staglia a caratteri cubitali sulla sommità dello stabile, costruito nel 1972.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La storia dell’hotel ha però inizio molto prima, quando nella seconda metà dell’800 Francesco Laneve inaugurò al civico 149 di via Sparano un albergo chiamato Leon d’Oro. «Nel 1884 Luigi Farace, zio di mio nonno, sposò una delle eredi Laneve ottenendo così la gestione della struttura – ci racconta l’amministratore dell’hotel, il 32enne Pantaleone Farace -. E dopo pochi anni l’attività si spostò in una bassa palazzina che sorgeva un tempo su questo stesso angolo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La stessa raffigurata in una vecchia fotografia di inizi 900, affiancata da altre eleganti dimore ottocentesche, sostituite poi dagli attuali immobili presenti sulla piazza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Nel 1925 l’edificio venne sopraelevato di due piani portando così a 70 il numero totale delle camere e diventando un punto di riferimento per chiunque sostava a Bari provenendo dalla Stazione. Il fabbricato si presentava con un bugnato a fasce su metà del prospetto, contraddistinto da finestre con balconi. Nella parte superiore invece vi erano una serie di bifore e trifore, sovrastate da un cornicione marcapiano, con al centro un timpano recante l’insegna. La stessa presente sulla lesena angolare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Durante la guerra venne requisito dagli ufficiali tedeschi i quali, durante gli scontri in città a seguito dell’armistizio del 9 settembre 1943, spararono dalle sue finestre su un gruppo di soldati italiani che presidiavano la ferrovia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al termine del conflitto l’albergo riprese la sua attività. Negli anni 60 ad accrescerne la fama contribuì la gestione del ristorante interno affidata a Giuseppe Lagrasta, rinomato ristoratore barese. Si diceva infatti che: “Venire a Bari e non mangiare al Leon d’Oro è come andare a Parigi e non vedere la Torre Eiffel”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Verso la fine del decennio l’hotel risultava però ormai antiquato: molte delle stanze non avevano i servizi igienici e la facciata si mostrava decadente. Così nel 1972 l’allora proprietario Luigi Farace (che diventerà poi sindaco di Bari e deputato della Democrazia Cristiana) scelse di demolire la struttura a favore di un più moderno e spazioso edificio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Affidò il progetto all’architetto Onofrio Mangini, e la realizzazione all’impresa Matarrese, che in soli 14 mesi ultimò i lavori con una spesa totale di circa un miliardo di lire. Fu così innalzato l’edificio di 11 piani, più due livelli interrati adibiti a garage, per un totale di ben 116 camere dotate di ogni confort dell’epoca: telefono, radiodiffusione, aria condizionata e bagni con doccia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il “nuovo” Leon d’Oro riscosse subito un grande successo. Si trattava dell’albergo più moderno del centro cittadino, dotato anche di una spaziosa sala congressi adatta a ospitare convegni e meeting internazionali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da allora però, ad esclusione di qualche intervento di ammodernamento negli anni 90, la struttura non ha più subito altri lavori di restyling. Così nel novembre del 2019 si è deciso per la sua chiusura, in attesa del necessario rifacimento che, dopo quattro anni, è finalmente iniziato con lo sgombero totale dell’antiquato mobilio interno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Bari ha visto negli ultimi anni una forte crescita del turismo ma pecca di camere d’albergo di qualità nel centro cittadino – ci spiega Farace -. È stato anche questo che ci ha spinto a voler ridare nuova vita a questo hotel mantenendone anche l’originario nome che lo lega alla mia famiglia da oltre un secolo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Varchiamo quindi la porta metallica dell’albergo per scovare i pochi resti rimasti del suo glorioso passato. Ci ritroviamo subito nella hall, un grande ambiente che, occupato fino a poche settimane fa da poltroncine, divanetti rossi e dalla zona bar, adesso è invaso da materiale di scarto e pile di materassi. Riusciamo però a identificare i depliant dell’albergo, un vecchio ferro da stiro e l’iconica insegna dorata, un tempo affissa all’esterno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da qui ci spostiamo nel locale adiacente che presenta delle sopraelevazioni in cemento. Era un tempo la sala ristorante, organizzata in piccoli salottini con panchette in legno e alluminio disposti su tre differenti livelli. «Questo spazio sarà adibito ai vari locali tecnici – ci illustra Farace -. Tutta la zona della ristorazione verrà spostata al primo piano al posto della precedente sala congressi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Percorriamo i primi livelli dell’edificio, introdotti dagli antichi montacarichi, facendoci strada tra penzolanti fili della corrente, ormai divelti dai muri, e i pannelli di legno che un tempo ricoprivano tutte le pareti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Accediamo anche ad alcune delle stanze che ospitano, assieme ai materassi e ai resti degli arredi sparsi sul pavimento, le originali testiere dei letti e comodini degli anni 70. Gli alloggi degli ultimi cinque piani invece, nei quali restano soltanto i rivestimenti lignei, avevano uno stile più “moderno”, frutto del rifacimento degli anni 90.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Visitiamo infine quella che era la sala colazioni, ormai interamente smantellata, prima di accedere alla terrazza, che raggiungiamo attraverso una scala in ferro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da qui su vediamo da un lato estendersi il centro cittadino, con la cupola di Palazzo Mincuzzi che quasi si sovrappone al campanile della Cattedrale. Dall’altra parte invece è piazza Moro a essere protagonista, con la sua fontana e la facciata della Stazione Centrale. Una visuale del Murattiano, dall’alto di uno dei suoi edifici più iconici: lo storico hotel Leon d’Oro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Nicola - Luigi Farace, uno sfruttatore dei lavoratori. L'ho avuto come datore di lavoro... meglio rimanere disoccupati! Tra l'altro il Leon d'Oro presentava una porta di emergenza non regolare sulla via adiacente (forse serviva a far entrare di nascosto la Rossana Doll?) ma comunque anche l'hotel di Alberobello è lo stesso Excelsior non è che fossero proprio irreprensibile dal punto di vista della legalità delle uscite di sicurezza e della sicurezza in genere...
- Lorenzo - Onore a Barinedita che ha pubblicato il tuo commento, Nicola, anche se scomodo. Il Leon d'Oro ha conquistato la sua fama sul sangue dei dipendenti e sul loro disperato bisogno di lavorare, abbiamo accettato di tutto da costui: contratti di formazione lavoro anche se avevamo decenni di esperienza, ore straordinarie di lavoro mai pagate, ferie mai godute, buste paga maggiorate e differenze restituite in nero, dimissioni firmate con data in bianco all'atto dell'assunzione... Il tipico politico arrogante è becero che si sarebbe portato i soldi nella tomba. Tra l'altro non disponevi neppure di un telefonino personale, tante erano le magagne che doveva nascondere. E non parliamo della gestione tutta personale e clientela della Camera di Commercio barese....