di Gaia Agnelli e Irene Coropulis - foto Christian Lisco

Bari: incastonata tra i palazzi di Carrassi c'è la piccola, eclettica e "pompeiana" Villa Armida
BARI – Coperto da piante frondose e incastonato tra anonime palazzine, si nasconde nel quartiere Carrassi di Bari un piccolo gioiello architettonico che custodisce al suo interno una cappella, cimeli secolari e un profondo sotterraneo. È Villa Armida, esempio di stile eclettico che fonde con eleganza stilemi architettonici greci e romani.

Eretta per volere dei coniugi Circella nel 1928, quando tutta la zona era ancora bucolica e nota come “Contrada Padreterno”, la dimora è sopravvissuta ai decenni di espansione e rivoluzione edilizia del capoluogo pugliese. Oggi rappresenta uno dei pochi casi rimasti di villini “cittadini” ed è abitata dagli eredi della famiglia, che hanno aperto le sue porte per noi. (Vedi foto galleria)

Per raggiungerla percorriamo corso Alcide De Gasperi e, superato l’Istituto Penitenziario, svoltiamo sulla strettissima via Podgora. Qui dopo pochi metri notiamo sulla destra la graziosa residenza.

È subito evidente che lo stabile è diverso da quelli ben più imponenti costruiti da grandi imprenditori  su corso Alcide De Gasperi, via Amendola o via Fanelli. I Circella appartenevano infatti alla media borghesia (Giuseppe era direttore di banca): non abbastanza facoltosa per poter erigere vasti parchi o scalinate monumentali.

Villa Armida si presenta quindi più modesta e discreta: posta su un solo livello e con un piccolo cortile sul quale sono posti alcuni alberi da frutto che fanno capolino dietro una raffinata inferriata nera.

Presto però ci accorgiamo che già la facciata bianco crema, a prima vista piuttosto sobria, sfoggia in realtà un tripudio di particolari neoclassici. Per quanto lo stile sia come detto eclettico, l’ispirazione principale sono in effetti le case pompeiane.

Lo capiamo fin dalla piccola scalinata che precede l’ingresso: il passamano si appoggia a due leoni alati in pietra: una figura ripresa dai grifoni reggimensole dei tavoli marmorei di Pompei che ritroviamo poi sui batacchi dorati del portoncino.

Ad accoglierci è l’86enne Sofia Cordaro, proprietaria dell’immobile, accompagnata dalla figlia Armida, omonima della nonna da cui la villa ha preso il nome. «Il tema antico fu fortemente voluto da mia suocera Armida, amante della storia e della classicità», afferma la madre.

Assieme a loro saliamo gli scalini che conducono al portone d’ingresso e guardiamo più da vicino i bassorilievi che si ripetono su tutto il prospetto dell’abitazione: cornici rettangolari adornate con altri leoni alati che sorreggono una cornucopia.

Lo sguardo però non può che posarsi sul timpano che sormonta la porta, abbellito da una scultura che ritrae il volto di una donna. Un dettaglio che ricorda i templi greci, così come i capitelli corinzi e gli architravi con il motivo “ondeggiante” che accompagnano porta e finestre.


«Anni fa la facciata era ancora più bella – sottolinea Sofia –. Fu interamente affrescata dall’artista Roberto Prayer, parente dei famosi fratelli veneziani che operò a Bari. Vi erano raffigurate, su uno sfondo rosato, divinità latine, tra cui la dea della terra e della fertilità Cerere. Purtroppo i disegni avrebbero avuto bisogno di un serio e costoso restauro, così abbiamo preferito coprirli del tutto».

In fondo è stato già difficile mantenere in piedi l’abitazione. «Un tempo via Podgora era chiamata “la strada dei villini”: ce n’erano tre circondati dalla campagna, ma è rimasto solo il nostro – spiega la signora–. Anche questo ha rischiato di essere abbattuto, ma noi abbiamo sempre rifiutato proposte di acquisto perché siamo molto legati a un edificio che è da sempre appartenuto alla famiglia».

Entriamo attraversando il portone, originale come tutti gli infissi. All’interno del luminoso ingresso, all’arredamento antico fa da contrasto una più recente pavimentazione. «Una volta le mattonelle erano in pietra e le pareti erano composte da piccole piastrelle raffiguranti scene di vita romana – afferma Sofia –. Nei decenni sfortunatamente si è tutto deteriorato e non siamo più riusciti a recuperarlo».

L’86enne padrona di casa ci mostra uno dei cimeli del salottino: il pendolo ottocentesco, che funziona ancora con gli antichi meccanismi. Anche lo specchio, ormai opaco, vanta una lunga storia, così come i lampadari che sono rimasti quelli scelti dalla signora Armida.

Varchiamo ora la porta bianca con un vetro satinato sulla quale è incisa la sigla di Armida Beltrani. Ci ritroviamo in un corridoio inondato di luce grazie a un elegante lucernario abbellito da una sorta di rosone in metallo. Anche questo ambiente pullula di cimeli, a partire da una foto d’epoca dei nonni e dai numerosi quadri appesi ai muri, passando per una cassapanca in legno con dipinto il Golfo di Napoli e un raffinato mezzobusto marmoreo del dio Ermes.

Dal corridoio si accede alle altre stanze private. A colpirci di più è però la porta che sancisce la fine dell’andito: è infatti sormontata da una vetrata in stile liberty che accosta figure geometriche blu e gialle, oltre le quali sembra celarsi una luce accecante.

«Lì si nasconde la sorpresa della nostra residenza», annuncia Armida aprendo. Ecco quindi svelarsi una cappella con un piccolo altare marmoreo dedicato alla Madonna e decorato con statuette, candele e immagini sacre. Alla sua sinistra è appeso alla parete un ottocentesco crocifisso in legno, illuminato dai raggi del sole che filtrano timidamente da un secondo lucernario.

«All’inizio del 900 in alcune case si usava avere una cappella privata come questa – spiega la donna –. Venivano anche vicini e amici per assistere alle liturgie».

Ma le sorprese di Villa Armida non finiscono qua. Le due Circella infatti ci riconducono all’esterno della residenza e, una volta nel cortiletto, ci indicano alla sinistra dell’elegante scalinata altri gradini che scendono verso un’anonima porta in legno. Dietro si nasconde un ambiente caratteristico e suggestivo: la cantina.

Ci inoltriamo quindi nei sotterranei che si estendono per tutta l’aera dell’abitazione e veniamo subito avvolti dal clima umido e dal silenzio. Quasi come all’interno di un ipogeo, ci ritroviamo di fronte a un “labirinto” di pareti in pietra bianca e soffitti a volta.

«Siamo fortunati a vivere qui – conclude Sofia mentre risalendo ci accompagna all’uscita–: questa villa è la nostra intima e privata parte di mondo, impregnata di natura, arte e storia barese».

(Vedi galleria fotografica)


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  • Vincenzo Lorusso - Molto interessante. Ottime le foto. Complimenti !!
  • Mariano Argentieri - Con il termine "acroterio" si indica elemento decorativo che corona il vertice e gli angoli del frontone nei templi antichi. Su villa Armida sono riprodotti sul timpano della porta, sopra le finestre e sulla balaustra. Complimenti a gli autori e ai proprietari che hanno tutelato la villa, suggerirei di rivolgersi alla soprintendenza per sottoporre l'immobile a vincolo di tutela di patrimonio culturale.
  • anna castoro - Una meraviglia questa Bari nascosta e da valorizzare


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