di Giulia Mele - foto Antonio Caradonna

"Abraxas" e "croci cosmiche": alla scoperta dei simboli templari del Castello di Sannicandro
SANNICANDRO DI BARI - “Il migliore modo per nascondere qualcosa è metterlo sotto gli occhi di tutti” recita un antico detto attribuito ai Templari. Un pensiero che si applica alla perfezione alla misteriosa e affascinante simbologia che permea le mura del Castello Normanno-Svevo di Sannicandro di Bari, così ingegnosamente esposta in piena vista da passare spesso inosservata. (Vedi foto galleria)

Questa antica e maestosa fortezza medievale è infatti piena zeppa di segni e tracce del leggendario ordine dei Templari, che nel 200 avevano qui una loro magione necessaria per vigilare sul passaggio di convogli di uomini e mezzi diretti in Terra Santa.

Costruita sulle ceneri di una preesistente struttura fortificata di epoca longobardo-bizantina, la sua edificazione risale alla dominazione normanna della Puglia ad opera dei duchi d’Altavilla, nel 1054. Il maniero fu poi ampliato nei due secoli successivi, durante il periodo Svevo, quando divenne come detto anche una domus templare.

Dopo essere passato nelle mani di diversi proprietari feudatari, tra cui si ipotizza anche i principi Grimaldi di Monaco intorno al 400, il Castello fu oggetto di devastanti ristrutturazioni e alterazioni effettuate tra il 1863 e il 1875, con il fine di renderlo un centro abitabile e crearvi dei locali da affittare per tornaconto economico. Fu persino colmato il fossato che circondava la fortezza, per essere trasformato in strada.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fu solo dopo il 1967, quando fu acquistato dal Comune di Sannicandro, che presero il via dei lunghi lavori di restauro che, terminati agli inizi degli anni 2000, hanno restituito l'antico splendore alla fortificazione, oggi fruibile ai visitatori e sede di eventi artistici e culturali (ma anche affittata per matrimoni e feste private).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una curiosità. Se si parla del Castello non si può non ricordare la leggenda del fantasma che lo abiterebbe. Si tratta della bella Mencia, una gentildonna sannicandrese vissuta intorno al XVI secolo, le cui apparizioni accompagnate da lamenti e urla strazianti rivivono la sua vita terrena segnata dalle sofferenze e dal dolore per la perdita del suo amore, un ufficiale spagnolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo quindi davanti alla fortezza, che domina la larga piazza Castello situata nel centro storico del paese. L’edificio è caratterizzato da sette torri (in origine erano nove),  tra cui quella Astronomica, caratterizzata da un oculo decorato da quattro fiori a rilievo che delimitano i quattro quadranti della Rosa dei Venti, simbolo del femminino sacro.

Qui ogni 21 dicembre è possibile assistere al fenomeno del Dies Natalis Invicti Solis. Un raggio di sole penetra nell'oculo e scende sulla parete meridionale fino a toccare, a mezzogiorno in punto, l'acqua del pluviale all'interno della torre. Quindi vi si “immerge”, simboleggiando il battesimo e la rinascita del sole, per poi “riemergere” verso l'ora del tramonto e risalire sul muro opposto verso una nuova vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E’ arrivato ora il momento di entrare. Attraversiamo il portale con architrave a sesto rialzato, per accedere in un piccolo cortile. E qui, intagliati nelle pareti vicino all’ingresso, possiamo osservare i primi antichi simboli dei Templari che permeano il maniero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«A risaltare subito – ci dice la nostra guida, lo storico Nicola Racanelli - è la Croce patriarcale, anche detta Croce del Calvario in quanto sempre rappresentata su un piedistallo che simboleggia il Monte Calvario, lì dove salì Gesù per esservi crocifisso. Appena sotto, ecco la Croce cosmica, avvolta da un semicerchio a simboleggiare la presenza del potere divino, e il giglio araldico, simbolo della monarchia francese».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Più in alto, due segni più comuni. La Croce patente dalle braccia di uguale misura e la doppia croce, che rappresenta due cavalieri in groppa allo stesso cavallo. Spostandoci sulla parete sinistra, vi è infine il misterioso Abraxas, simbolo esoterico inciso su pietre e sigilli usati come talismani magici, che appare come una divinità dalla testa di gallo, il tronco di uomo e due serpenti come gambe.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Attraverso un portale molto simile a quello d’ingresso caratterizzato per un bugnato di epoca rinascimentale, entriamo nella Grande Corte, cuore pulsante della vita all’interno del Castello. A dominare lo spazio vi è il palazzo del conte Filippo Arcamone, nobile feudatario napoletano che detenne la proprietà dell’area nella prima metà del XVIII secolo. È edificato laddove in epoca sveva sorgeva l’ospizio dei pellegrini.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche qui ritroviamo numerosi simboli. Incastonata nell’architrave di una finestra dirimpetto al palazzo, vi è la Croce di Ankh, o Monolite di Tau, sacro simbolo egizio adottato metaforicamente dai Cavalieri del Tau, antenati spirituali dei Templari. Aveva la doppia funzione di indicatore della via per Gerusalemme e di guardiano del luogo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un altro richiamo all’ordine cavalleresco si riscontra nella testata ad angolo del ballatoio superiore, in cui la pietra angolare evangelica con l'orifiamma in rilievo rammentava ai pellegrini il fuoco d’amore per la Madre Regina di San Bernardo di Chiaravalle, monaco cistercense tradizionalmente associato ai Templari. Infine, sull'archivolto della sala di servizio, sede del refettorio e della cisterna per l’acqua piovana, è evidente la Croce papale a tre braccia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Possiamo ora salire la scalinata che ci conduce ai luoghi interni del Castello, le cui stanze principali sono l’Aula Normanna e l’Aula Sveva. Entrambe caratterizzate da volte a botte ogivali e muri a conci di pietra a corsi regolari, presentano i resti di un camino con canna fumaria e un ingegnoso sistema di interfono realizzato tramite alcune botole sul soffitto. I soldati di guardia le alzavano per allertare coloro che si trovavano all’interno dell’arrivo dei forestieri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Purtroppo sono evidenti i segni di piccone sugli affreschi che una volta adornavano le sale – sottolinea Racanelli -. Probabilmente sono stati dovuti alla damnatio memoriae voluta da Federico II di Svevia, il quale punì i Templari per i loro atti di ribellione nei confronti dell’Impero con la cancellazione di gran parte delle tracce dell’ordine cavalleresco.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci avviamo verso la fine del nostro percorso scendendo attraverso una scala nella piccola Cappella di San Nicola, esistente sin dal periodo Normanno e un tempo anch’essa interamente colma di affreschi. Oggi l’unico frammento che vi rimane raffigura due pellegrini che pregano rivolti verso l’altare, facilmente riconoscibili come tali non solo dal loro vestiario, ma soprattutto dal bordone distinguibile tra le due figure.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È l’ultimo tesoro di questa fortezza dal passato leggendario che fu casa dei Templari, quell’ordine religioso il cui mito, tra Santo Graal ed esoterismo, continua ad affascinare a settecento anni dalla sua scomparsa.    

(Vedi galleria fotografica)


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  • Lucia laterza - Bellissimo articolo, puntuale nella ricostruzione storico e ricco di spunti suggestivi ed originali. Brava giornalista
  • Pietro Intini - Complimenti alla giovane e già tanto brava Giulia Mele. Sempre belle le foto del castello realizzate da Antonio Caradonna
  • Maril - L’articolo è scritto bene, un po’ troppo da principiante, andava rivisto e ridimensionato. Si tratta di comunicazione culturale e non di viaggio fatto da qualcuno.


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