di Giancarlo Liuzzi

Bari, quando l'Albergo Diurno fu riaperto e chiuso dopo pochi mesi: «In fumo milioni di lire»
BARI – Vi abbiamo già raccontato la storia del leggendario Albergo Diurno, struttura sotterranea in stile Liberty che fu inaugurata nel 1929 in corso Vittorio Emanuele, a Bari. Un luogo che per decenni fu frequentato da coloro che volevano prendersi cura di se stessi: al suo interno si trovavano infatti  docce, vasche, terme ed era possibile anche farsi stirare un vestito, tagliarsi barba e capelli, sottoporsi a manicure e pedicure.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il Diurno chiuse nel 1971, anche se nel 1983 il Comune decise di riaprirlo. Fu messa in atto un’importante ristrutturazione, furono spesi soldi pubblici, l’albergo venne affidato a una cooperativa, ma l’esperienza terminò dopo solo qualche mese. A quel punto la struttura venne abbandonata e, dopo essere stata depredata da ladri e vandali, fu definitivamente murata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Noi siamo riusciti a parlare con l’oggi 78enne Vito Petino, presidente della cooperativa “Self Service” che si aggiudicò la gestione del Diurno. Con lui abbiamo ricostruito la storia della breve riapertura di questo simbolo di Bari (vedi anche foto galleria).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Correva l’anno 1982 quando il Comune annunciò l’apertura di un bando trentennale per affidare la gestione dell’Albergo Diurno  - esordisce Petino -. Il contratto non prevedeva alcun canone d’affitto a carico del gestore, ma imponeva l’acquisto di tutte le attrezzature e gli arredi necessari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qualche anno prima infatti, l’amministrazione municipale aveva completamente restaurato la struttura di corso Vittorio Emanuele. Negli anni 70 l’aumento della popolazione cittadina, l’apertura di grandi uffici in centro e l’intensificarsi di rassegne quali quelle fieristiche avevano richiesto nuovamente la necessità di un luogo di “sosta” per i tanti, baresi e non, che animavano le strade del capoluogo pugliese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il Comune stanziò l’ingente somma di 400 milioni di lire per ristrutturare il Diurno, nel frattempo rovinato dallo scorrere del tempo e dall’opera dei vandali. Da una foto notiamo come degli originali e raffinati ambienti liberty progettati da Saverio Dioguardi e decorati da Mario Prayer non rimase traccia. Durante i lavori di ammodernamento gli spazi furono infatti rivestiti con moderne piastrelle, pavimenti scuri e coperti da un controsoffitto a barre metalliche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Da parte nostra investimmo 200 milioni di lire per acquistare l’intero mobilio, i lavabi di porcellana e granito e i più innovativi macchinari dell’epoca - ricorda Vito -. Installammo lì due saune, una zona solarium, apparecchi per la ionoforesi e un lettino elettrico per massaggi shiatsu: novità che si andarono ad aggiungere ai classici servizi di docce, toilettes, parrucchiere ed estetista per donna e barbiere per uomo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il Diurno riaprì così il 14 maggio del 1983 alla presenza dell’allora sindaco Francesco De Lucia e di tantissimi baresi desiderosi di rivedere lo storico locale. «L’ingresso era indicato da un’enorme insegna luminosa blu di cinque metri posizionata sulla balaustra e visibile persino dalla Stazione – continua nostalgico l’ex presidente -.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Si pagava 35mila lire per una permanente, 2mila lire per tagliarsi la barba e mille lire per un “bisognino”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’attività partì subito alla grande, ma ben presto vennero a galla i problemi. «Nei primi giorni tutto filò liscio - sottolinea Petino -,  ma non appena la clientela aumentò cominciarono i  guai. A causa del sovraccarico elettrico delle apparecchiature si verificarono infatti frequenti interruzioni di energia, i bruciatori per la produzione di acqua calda si bloccavano e i dispositivi di condizionamento risultavano insufficienti a raffreddare i locali. Si scoprì che gli impianti elettrici e idrici installati quattro anni prima dall’impresa che aveva condotto la ristrutturazione non potevano sopportare la potenza richiesta delle attrezzature previste dal bando di gestione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I clienti, venuti a conoscenza di questi intoppi, cominciarono a farsi vedere sempre meno. «Provai a trovare un accordo con il Comune ma non se ne fece niente – denuncia Vito –: i loro tecnici sostenevano che gli impianti fossero regolamentari e che la riparazione dei danni dovesse essere a nostro carico. E così, non potendo lavorare in quelle condizioni, il 7 agosto misi in ferie forzate tutto il personale, quasi venti persone. A fine settembre chiusi poi definitivamente, facendo nel contempo causa all’amministrazione comunale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E quindi dopo neanche 5 mesi la nuova vita dell’Albergo Diurno ebbe fine. In realtà nella primavera del 1987 il Comune stipulò un contratto preliminare di gestione con un’altra società ma il progetto non prese mai il via. Ci fu poi anche un secondo bando di gara che andò però miseramente a vuoto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Così nel 1991, dopo essersi trasformato in una discarica, il Diurno fu definitivamente murato. I soldi pubblici investiti andarono di fatto in fumo: venne salvata solo la balaustra in pietra e marmo bianco dell’ingresso, che oggi si trova nel piazzale antistante l’Arena della Vittoria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Mi ci sono voluti 14 anni di procedimenti legali per riuscire a vincere la causa e ottenere parte del risarcimento che mi spettava - conclude Vito -. A distanza di tanto tempo continuo a pensare che la città abbia perso una grande occasione: quella di dare una nuova vita a un luogo storico di Bari».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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