di Federica Calabrese

Istituzioni, teatri, antichi palazzi: è corso Vittorio Emanuele, 750 metri di storia barese
BARI – Con i suoi edifici istituzionali, i suoi teatri e i suoi palazzi ottocenteschi rappresenta la strada più importante di Bari. È corso Vittorio Emanuele II, arteria lunga 750 metri che si estende dal teatro Margherita sino a piazza Garibaldi, collegando da più di duecento anni il centro storico al quartiere murattiano. (Vedi foto galleria)

Sul corso si stagliano infatti il Palazzo del Governo, il Comune, il teatro Piccinni, ma anche eleganti ed eclettiche dimore quali Palazzo Diana e Palazzo Fizzarotti. Un luogo quindi rilevante e dall’anima composita, ma troppo trafficato e “spezzettato” in numerosi isolati per essere scelto dai baresi per una rilassante e "panoramica" passeggiata.

La sua “vita” comincia con il progetto di restyling urbano voluto nel XIX secolo da re Gioacchino Murat, che portò all’abbattimento delle mura di cinta medievali, di cui rimase in piedi solo la Muraglia. Fu lo stesso sovrano a porre la prima pietra ad angolo con l’odierno Corso Cavour, fondando così il futuro quartiere Murat. Oggi una grande targa lapidea ricorda l’avvenimento, occorso il 25 aprile 1813: è situata alla base del grattacielo noto come “palazzo della Motta”, costruito nel 1955 al posto della prima casa del “borgo nuovo”.

Il viaggio su corso Vittorio Emanuele (che sino all'Unità d'Italia si chiamava corso Ferdinandeo) inizia però con il Teatro Margherita, primo edificio in cemento armato della città, risalente al 1914. Adagiato sul mare e protetto dai moli Sant’Antonio e San Nicola, nel suo secolo di vita è stato politeama, night club e cinema. Dopo un lungo restauro è diventato sede del “Polo delle arti contemporanee”. Spiccano il suo profilo mattone decorato da ghirlande, festoni, mascheroni e fiocchi, le due alte torri con pinnacoli e la cupola ottagonale che svetta lucente sulla strada. 

Dandogli le spalle superiamo il giardino della piccola piazza IV Novembre, crocevia tra il predetto Corso Cavour, il lungomare Imperatore Augusto e l’attigua piazza del Ferrarese. Quest’ultima, introdotta da edifici storici come l’ex Mercato del Pesce e lo spazio Murat, funge da “porta” per la città vecchia.

Proseguiamo per qualche metro prima di incontrare alla nostra destra un altro accesso al centro storico, una viuzza che si apre sul fianco della salita Miramare, procedendo su via San Benedetto e strada de’ Gironda. Davanti a noi si estende invece un vasto marciapiede decorato da due file di palme e delimitato a destra da una serie di locali e ristoranti presi d’assalto dalla movida serale.

Volgendo lo sguardo verso il lato opposto, si apre via Sparano, strada dello shopping barese oggetto di un importante restyling. A fare da “guardia” all’ingresso dell’arteria, ci sono due alti fabbricati (tra i pochi di pregio costruiti “recentemente” nel murattiano), opera negli anni 60 di architetti del calibro di Chiaia, Napolitano e Sangirardi.

Andiamo avanti con la nostra perlustrazione e, quasi sul finire dell’isolato, ecco sulla destra la statua anni 80 del Cavallo con gualdrappa. Il monumento in bronzo, dal peso di quasi venti quintali, è un lavoro dello scultore abruzzese Mario Ceroli che firmò anche il cavallo alato della sede Rai a Roma.

Fino al 1971 al posto del monumento si trovava la candida balaustra che “annunciava” la presenza dell’albergo diurno, una raffinata struttura sotterranea che nacque negli anni 20 del Novecento per offrire terme, docce, barbieri, lavanderie a residenti e viaggiatori che avessero necessità o voglia di prendersi cura di sé. Come molte altre costruzioni storiche, anche il “diurno” fu smantellato dalla furia urbanistica del secondo dopoguerra barese. Oggi giace dimenticato sotto uno strato d’asfalto.


Superiamo la svolta di via Benedetto Petrone, che immette in largo Chiurlia e quindi a Bari Vecchia, per ammirare il tratto successivo del corso. Si tratta quasi di un’ “isola” ottocentesca rimasta intatta nella sua antica eleganza, al punto che se non fosse per le auto parrebbe di tornare indietro nel tempo.

Sulla destra, anticipato da uno spiazzo che funge da parcheggio, sorge scarlatto il palazzo del Governo o “della Prefettura”. Realizzato tra il 1815 e il 1830 sulle fondamenta di un convento dei domenicani, l’imponente struttura neoclassica esibisce un torrione dell'orologio, unico degli otto in città a essere ancora oggi regolato manualmente. Nelle sue preziose sale furono ospitati anche i reali napoletani.

Il lato sinistro è invece dominato dallo splendido teatro Piccinni, il primo eretto nel capoluogo pugliese, che si contraddistingue per il suo colonnato neoclassico e il timpano spiovente. Progettato da Antonio Niccolini, fu aperto nel lontano 1854 e ha ospitato artisti del calibro di Giacomo Puccini e Pietro Mascagni.

Dall’alto di un piedistallo posizionato all’estremità della verde piazza Massari, si affaccia sul corso il musicista barese che ha dato il nome al politeama: Niccolò Piccinni. La scultura che lo ritrae  fu approntata nel 1885.

In un’ala del Piccinni è stato poi ricavato il Palazzo di Città, sede del Comune di Bari dal XIX secolo. L’edificio si “annuncia” con una semplice iscrizione sul portone d’ingresso, ma il suo interno è tutt’altro che anonimo: custodisce infatti quattro preziose sale con sculture, ritratti e affreschi. Nel suo androne sono poi conservati quattro possenti telamoni, malinconici resti di un gioiello liberty, il Palazzo della Gazzetta, dissennatamente abbattuto nel 1982.

All’incrocio con la citata piazza Massari fa angolo un altro gioiello ottocentesco: palazzo Diana. Il fabbricato di un caratteristico colore rossastro fu prima la residenza del sindaco Massenzio Filo della Torre, poi banca della famiglia Diana per quarant’anni e infine sede del Tar. Il suo androne è considerato il più bello di Bari.

Siamo ora sull’ultimo tratto del corso, dove al civico 102 si trova una singolare chiesetta dalle linee neo-gotiche. Progettata dall’architetto bitontino Luigi Castellucci, rappresentava un tempo la cappella privata del barone Ferrara, il cui palazzo (oggi sede di un istituto di credito) si staglia accanto al tempietto. La particolareggiata facciata tripartita e la croce lobata sommitale sono tutto ciò che resta di una chiesetta ormai spoglia dei suoi elementi sacri.

Di fronte invece si affaccia la sede del “quattro stelle” Palace Hotel, uno dei più datati alberghi di Bari, eretto nel 1956 dall’architetto Dino Pezzuto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre pochi passi più avanti è impossibile ignorare l’eclettismo di una strabiliante struttura in stile veneziano: Palazzo Fizzarotti. Realizzato nel 1929 dal banchiere Emanuele Fizzarotti, si presenta con un trionfo di mosaici a foglia d’oro, archi ogivali, raffigurazioni simboliche, bifore e trifore romaniche distribuiti su tre piani. La residenza oggi ospita studi legali, ma al suo interno si trovano anche cinque immaginifici saloni, ciascuno in uno stile architettonico diverso.

Corso Vittorio Emanuele termina con l’ingresso di piazza Garibaldi, il più antico giardino di Bari, realizzato nel 1859. Qui piante esotiche e mediterranee colorano di verde questa lunga arteria che racconta, in 750 metri, la storia di Bari. 

(Vedi galleria fotografica)


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Federica Calabrese
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  • rocco battisdta - sto conoscendo cose che non sapevo grazie
  • Mattia - Ripristinare il nome originario, Corso Ferrandineo


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