di Laura Villani - foto Antonio Caradonna

Bari, il Castello rivelato: viaggio in quella parte di fortezza finalmente visibile
BARI – E’ stato per secoli la casa dei signori stranieri che hanno dominato Bari e dal 1131 veglia sulla città, nascondendo tra le sue mura quasi novecento anni di storia cittadina. Parliamo del Castello Normanno-Svevo, uno dei più rilevanti complessi architettonici del capoluogo pugliese, situato tra il lungomare Antonio De Tullio e la zona sud-ovest del borgo antico.

Questo importante monumento sorto per volere di Ruggero II il Normanno, tuttavia è rimasto a lungo vietato alla cittadinanza (con l’eccezione del cortile) e ancora oggi, nonostante la recente ristrutturazione del primo piano, presenta tanti angoli e stanze inaccessibili. Ad esempio sono chiuse a chiave tutte le torri (fatta eccezione per quella “dei Minorenni”) a causa delle strettissime scale a chiocciola che non garantirebbero la sicurezza dei visitatori. Anche i bastioni del resto non sono aperti al pubblico, perché riservati ai carabinieri, così come la terrazza che guarda la città vecchia e il mare.

Finalmente lo scorso 4 ottobre è stato però almeno formalmente aperto il primo piano, lasciato libero dagli uffici della Soprintendenza per i beni ambientali architettonici e storici della Puglia qui presente dal 1937 e trasferitasi nel 2016 nel complesso di Santa Chiara. “Formalmente” perché si attende ancora l’assunzione del personale che possa rendere realmente la struttura fruibile.

Noi però abbiamo approfittato della Giornata FAI del 15 ottobre, per visitare in anteprima le stanze “rivelate”, restituite in tutta la loro bellezza alla città dopo una serie di lavori di restauro. (Vedi foto galleria)

Accediamo alla fortezza da piazza Federico II di Svevia, situata di fronte ai famosi “arco basso” e “arco alto”. Il largo è dedicato al grande imperatore che ristrutturò in maniera considerevole il castello nel 1233.

La fortezza si presenta nella sua forma trapezoidale, le tre torri e l’affaccio settentrionale verso il mare, che lo lambiva fino al secolo scorso. Attraversiamo il ponte sospeso sul manto verde del fossato, lì dove generazioni di bambini (tra cui un Antonio Cassano in formato mignon) hanno dato vita a infuocate partite di pallone e ci troviamo di fronte al portale d’ingresso con lo stemma dei Borbone, ultimi “proprietari” tra il 700 e l’800.

Da qui accediamo al cortile esterno e quindi al nucleo originario del castello, quello medievale. Davanti a noi si apre il duecentesco portale ogivale federiciano, decorato con l’emblema reale dell’aquila circondata da animali, creature fantastiche, cavalieri, fiori e arbusti. Poi passiamo sotto il vestibolo a tre navate alla cui fine si sviluppa un affascinante portico angolare terminante in archi a tutto sesto che si intrecciano in volte a crociera.

Siamo ora nel cortile ristrutturato da Bona Sforza, che con la madre Isabella d’Aragona trasformò la fortezza nel 500 in una raffinata corte rinascimentale. La duchessa volle ricordare il proprio intervento con l’iscrizione latina al di sopra di un cornicione, che indica la fine dei lavori avvenuta nel 1554. Alla nostra destra si trova anche l’ingresso alla piccola cappella che Bona Sforza dedicò a San Stanislao, protettore della Polonia di cui lei era regina.


Alla nostra sinistra troviamo invece l’accesso alla gipsoteca, una collezione di 130 modelli in gesso di elementi decorativi romanici pugliesi, di cui abbiamo parlato in un altro articolo. E attraverso la scalinata a doppia rampa di stile rinascimentale accediamo finalmente al piano nobile.

La prima area che incontriamo è “sdoppiata” in due spazi contigui, quello aragonese e quello angioino. Importanti lavori furono infatti realizzati proprio da Carlo d’Angiò tra il 1276 e il 1280. Le stanze, dove sono esposte ceramiche e maioliche testimonianza della vita condotta a corte, sono caratterizzate da finestre bifore e resti di affreschi rinascimentali. E’ visibile ad esempio lo stemma dei Pappacoda, raffigurante un leone nell’atto di mangiarsi la coda controrivoltata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entriamo quindi nella sala di Bona Sforza, la più rappresentativa del piano nobile. Da un lato una fila di finestre rientranti dà sul cortile: spicca in particolare quella centrale con ai due lati rilievi cinquecenteschi di alte figure di eunuchi mori reggicortina. Dalla parte opposta si innalzano invece i camini intervallati da aperture tonde rinascimentali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ambiente successivo è la sala Normanna o “degli erratici lapidei”, in cui sono esposti elementi architettonici e scultorei e lastre con iscrizioni e decori. Da qui ci immettiamo all’interno della Torre detta "dei Minorenni", perché adibita a carcere minorile a cavallo tra il XIX e XX secolo. Divisa da una singola colonna con capitello bianco, è ora trasformata in una sorta di stanza del tesoro: qui infatti è esposto in più teche il contenuto della cassaforte della fortezza, tra cui una preziosa spilla forse appartenuta a Bona.


Dopo aver attraversato la sala di Federico II che verrà destinata a mostre ed esposizioni temporanee, torniamo al pianterreno scendendo per una scalinata, al termine della quale possiamo ammirare gli scavi sotterranei, testimoni della “vita” di quest’area in epoca pre-normanna. Infatti sotto all’edificio visitato si trovano i resti di una preesistente città bizantina completa di cappella dedicata a Sant’Apollinare.

Non ci resta ora che abbandonare il Castello, che dopo decenni di oblìo sta pian piano ritornando ai fasti di un tempo, quando tra segreti omicidi e leggendari tunnel sotterranei, rappresentava il fulcro degli intrighi e del potere sulla città di Bari.

(Vedi galleria fotografica)


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