di Gaia Agnelli - foto Paola Grimaldi

Bari, l'83enne Pasquale: da docente di matematica a pittore. «Amo ritrarre i volti delle donne»
BARI – Donne di ogni età, a colori, in bianco e nero, sorridenti o assorte nei loro pensieri. Sono loro le protagoniste indiscusse dei quadri dell’83enne barese Pasquale Conserva: un professore di matematica che, una volta andato in pensione, ha scoperto l’amore per la ritrattistica. Lui infatti da venticinque anni a questa parte si rifugia nel suo piccolo atelier nel rione Madonnella per dipingere volti, più che altro femminili.

Il motivo? Ce lo siamo fatti spiegare andandolo a trovare nella sua bottega di via Arcivescovo Vaccaro. (Vedi foto galleria)

Giunti al civico 20 della strada che collega il lungomare alla chiesa di San Giuseppe, ci troviamo davanti a un locale al piano terra le cui vetrine fanno intravedere all’interno alcune tele. Entriamo e ci ritroviamo in una stanza le cui pareti sono occupate da decine e decine di opere. Al centro c’è lui, il professor Conserva, in quel momento seduto davanti a una tela con un pennello in mano. 

«Come è nata la mia passione? Con mia figlia Caterina - esordisce Pasquale -. Quando venne alla luce, nel 1998, ispirato dalla sua bellezza pensai che avrei dovuto ritrarla in qualche modo, non solo fotograficamente. Così mi cimentai con la pittura e il risultato non fu affatto male».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da quel momento Conserva, docente di matematica presso l’istituto Lenoci di Bari, decise di “votarsi” all’arte. Una volta in pensione si iscrisse all’Accademia di Belle Arti e, all’inizio del nuovo millennio, aprì questo studio per dar sfogo alla sua vocazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Attenzione – sottolinea – non ho mai rinnegato la matematica, anzi. Quando impugnai per la prima volta il pennello cercai subito qualcosa che potesse avvicinarsi all’arte dei numeri e la trovai proprio nel ritratto. Raffigurare una persona rappresenta infatti sempre una sfida: nel ritratto la persona che si ha davanti può improvvisamente muoversi, parlare, sorridere e mutare espressione in un attimo, cambiando le carte in tavola. E così, come per un problema di matematica, è necessario capire che strada prendere: quella che ci può portare prima alla soluzione».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


A questo punto Pasquale ci indica alcuni dei suoi lavori preferiti. C’è il ritratto della moglie Amalia, quello delle figlie Caterina e Giuliana e quello di una donna con un cappello e dall’espressione “impenetrabile”. Ci sono donne pensierose, altre nell’ombra, alcune sono sfumate. Noi veniamo colpiti dal volto di un’anziana dallo sguardo dolce e un accennato sorriso materno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma perché il prof ama raffigurare proprio le donne?  «Quando ritraggo una persona cerco di far emergere le emozioni che il soggetto prova mentre è seduto dinanzi a me – spiega -. Ebbene, ritengo che per le donne sia più facile, perché sono molto più espressive: hanno una mimica più complessa e variegata. Non si nascondono. Mentre al contrario gli uomini tendono a essere più diffidenti, celando ciò che hanno dentro quando si trovano qui».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per Conserva è poi necessario che ci sia uno “scambio” tra artista e soggetto. «Fare un ritratto è come approcciarsi a una seduta psicologica: siamo io e uno sconosciuto seduti uno di fronte all’altro e a separarci è solo una tela – sottolinea -. Non ci resta quindi che dialogare, parlare, conoscerci: solo così potranno fuoriuscire tutte le espressioni del viso che ci rendono unici e riconoscibili. Tutti i volti, del resto, sono storie da raccontare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’empatia ha anche un’altra funzione: serve a tranquillizzare il soggetto ritratto, il quale dopo tanto tempo passato sotto l’occhio dell’artista si sente quasi penetrato nell’anima.

«Tutti cominciano con il sorriso sulle labbra, in bilico tra la diffidenza e spavalderia – osserva il professore –, ma puntuale dopo un quarto d’ora bussa alla porta quello che io chiamo “il momento malinconico”. Lo noto dall’espressione del viso che improvvisamente cambia: a un certo punto chi ho davanti si concentra solo sui propri pensieri. Ricordo quando tempo fa ero a un bar di Japigia e un ragazzo, decisamente il leader del suo gruppo di amici, mi indicò dileggiandomi mentre stavo facendo degli schizzi su una tela. Così lo chiamai e gli “imposi” di sedersi in silenzio. All’inizio fece l’impavido, quello che non teme nulla, figuriamoci un pittore, ma dopo dieci minuti lo vidi cambiare faccia: non so a che cosa pensò, ma se ne andò via con gli occhi lucidi. È per questo che amo il ritratto, perché in grado di far maturare le verità che ognuno porta dentro di sé».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Giunti al civico 20 di via Arcivescovo Vaccaro, strada che collega il lungomare alla chiesa di San Giuseppe...
...ci troviamo davanti a un locale al piano terra...
...le cui vetrine fanno intravedere all’interno alcune tele
Entriamo e ci ritroviamo in una stanza le cui pareti sono occupate da decine e decine di opere
Al centro c’è lui, il professor Conserva, in quel momento seduto davanti a una tela con un pennello in mano
«Come è nata la mia passione? Con mia figlia Caterina - esordisce Pasquale -. Quando venne alla luce, nel 1998, ispirato dalla sua bellezza pensai che avrei dovuto ritrarla in qualche modo, non solo fotograficamente. Così mi cimentai con la pittura e il risultato non fu affatto male»
A questo punto Pasquale ci indica alcuni dei suoi lavori preferiti. C’è il ritratto della moglie Amalia...
...quello delle figlie Caterina e Giuliana...
...e quello di una donna con un cappello e dall’espressione “impenetrabile”
Ci sono donne pensierose...
...altre nell’ombra...
...alcune sono sfumate
Noi veniamo colpiti dal volto di un’anziana dallo sguardo dolce e un accennato sorriso materno
Ma perché proprio le donne?
«Quando ritraggo una persona cerco di far emergere le emozioni che il soggetto prova mentre è seduto dinanzi a me – spiega -. Ebbene, ritengo che per le donne sia più facile, perché sono molto più espressive: hanno una mimica più complessa e variegata. Non si nascondono a differenza degli uomini»



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