di Eloisa Diomede - foto Antonio Caradonna

Bari, la storia di Nietta Tempesta e del suo Piccolo Teatro: «Ho 90 anni ma non scendo dal palco»
BARI – «Quando entro in scena cerco di essere il più sincera possibile con il pubblico: dopo più di 70 anni di lavoro rimane questo il mio vero segreto». Sono le parole dell’attrice Nietta Tempesta, colonna portante del teatro barese, tutt’oggi attiva alla veneranda età di 90 anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lei è stata fra i primi artisti a sdoganare l’uso del dialetto sui palcoscenici e la sua lunga carriera è legata soprattutto al Piccolo Teatro della città di Bari, il più antico e duraturo fra i politeama “minori”  del capoluogo pugliese. Una sala da lei aperta nel 1967 con il marito e regista Eugenio D’Attoma, a cui è stata intitolata dopo la scomparsa avvenuta nel 1996.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed è proprio qui, su questo storico palco, che è ancora possibile ammirare Nietta in azione. Siamo andati a trovarla. (Vedi foto galleria)

Il “Piccolo” sorge nel cuore del quartiere Carrassi in strada privata Borrelli, una stretta viuzza che si insinua tra via Buccari e corso Benedetto Croce, alle spalle dell’ex caserma Rossani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Varchiamo l’ingresso capeggiato dall’insegna nera e rossa e attraverso una scalinata accediamo ai locali sotterranei. Siamo nel minuto foyer del teatro, le cui pareti sono adornate dalle locandine degli spettacoli che hanno reso famosa Nietta, fra cui i celebri “Jarche Vasce” e “Jarche Jalde”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da qui ci immergiamo nell’intima platea, che conta appena 95 posti, avvolta nella semioscurità. Sul palco alcuni attori stanno facendo le prove del prossimo spettacolo, “L’importanza di chiamarsi Ernest” di Oscar Wilde, seguendo le indicazioni di Nietta, che col suo elegante caschetto castano e gli abiti casual non dimostra affatto la sua età.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
La donna si muove con gesti decisi e un’espressione sul volto seria e concentrata, ma non appena nota la nostra presenza ci accoglie con un sorriso e ci fa strada dietro le quinte, per non disturbare i colleghi all’opera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ho esordito come attrice ben 72 anni fa – ci racconta -. Avevo circa 17 anni e un giorno accompagnai un’amica alla Caserma Picca, dove si riuniva la compagnia “La Bottega delle Arti”. Per puro caso feci una prova con il gruppo di recitazione diretto da Domenico Dell’Era. Dopo tre mesi ero già sul palcoscenico a interpretare Emmy, in “Il profumo di mia moglie”, una commedia divertente di Leo Lenz».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E fu proprio su quel palco che la donna scoprì, oltre al teatro, l’altro suo grande amore: quello per Eugenio, all’epoca attore nello stesso gruppo, l’uomo che le rimase accanto come marito e regista per il resto della sua vita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tuttavia, nonostante il grande entusiasmo, i primi tempi furono difficili. «Erano gli anni Cinquanta – ricorda Nietta - e nel Dopoguerra non si pensava mica a sovvenzionare le compagnie. Non possedevamo nemmeno una sede in cui riunirci e dovevamo arrangiarci fra parchi, scantinati e locali di altre associazioni. I sacrifici però ci portarono lontano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Iniziarono infatti le collaborazioni importanti e gli spettacoli nei grandi teatri, fra cui “Nozze di Sangue” e “Poltrona Rossa” al Piccinni, al fianco dell’illustre Paola Borboni e sotto la direzione di Gustavo D’Arpe.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ma questo fu anche il periodo dei cambiamenti interni. «Nel nostro gruppo i dissapori non mancavano – ammette – e alla fine io, Eugenio e altri sei attori decidemmo di distaccarci per creare una compagnia tutta nostra, che chiamammo “Prometeo”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«A partire dal 1957 fu l’Albergo delle Nazioni a ospitarci – continua la donna -, all’interno di una sala rotonda con al centro un palco, attorno cui gli spettatori stessi venivano raccolti in cerchio. E così nacque il “Piccolo Teatro circolare”, un modo innovativo di fare arte che ci rese famosi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo cinque anni fu però revocata l’autorizzazione al gestore dello spazio e la compagnia dovette cercare una nuova casa, che trovò finalmente sede definitiva in via Borrelli. «Scovammo questo vecchio scantinato che ci toccò ristrutturare interamente – sottolinea Nietta – e nel 1967 riuscimmo a inaugurarlo come “Piccolo Teatro della città di Bari”, chiamato così per distinguerlo dal Piccolo di Milano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Mentre Nietta ci parla, esploriamo il dietro le quinte. Un grande armadio attira la nostra attenzione: qui sono conservati molti degli abiti di scena indossati dall’attrice, che vanno a formare una vera e propria collezione. «Quasi tutti i vestiti impiegati nelle opere teatrali sono stati creati da me – dichiara con orgoglio –. Andavo spesso al mercato dell’usato e mi procuravo stoffe e merletti che poi cucivo a mano. In particolare sono legata a quello indossato in “L’Allodola”: una veste di velluto blu con i ricami dorati».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ambiente alle spalle del palco ospita i camerini degli attori, per la maggior parte spogli e spartani, salvo quello della nostra guida, che trasuda storia da ogni poro. Fotografie d’epoca, dediche, trucchi, vecchi cimeli e portafortuna raccontano il tempo passato dall’attrice a imparare battute e a prepararsi per andare in scena.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sono infatti più di cinquant’anni che Nietta “vive” nel piccolo politeama, dove ha contribuito alla nascita del “teatro dialettale d’autore”. «È nel “Piccolo” che abbiamo trasformato la recitazione barese – precisa -. All’epoca nella nostra compagnia si trovava Mario Mancini, interprete particolarmente spiritoso originario della Città Vecchia: grazie a lui e all’intuizione di Eugenio iniziammo a introdurre nei copioni alcune battute in dialetto. Fummo i primi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’esperimento piacque molto al pubblico e così Tempesta e D’Attoma proseguirono seguendo questa nuova via. «Decidemmo di ampliare l’uso del vernacolo nelle opere – continua la donna – e così nel 1974 e nel 1975 andammo in scena con le due commedie “Jarche Vasce” e “Jarche Jalde” interamente in barese. Fu un vero successo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il piccolo anfiteatro, grazie alla sua caratterizzazione, è così riuscito a convivere a lungo con la concorrenza dei grandi teatri cittadini. Questo però fino al 2013 quando, non riuscendo a sostenere le spese per la messa in sicurezza, ha dovuto chiudere per un breve periodo per poi riaprire come associazione, perdendo la licenza per il pubblico spettacolo. Oggi infatti è possibile accedere alle rappresentazioni solo in qualità di soci. Ma Nietta è ancora qui a esprimere tutto il suo talento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Quando mio marito è morto nel 1996 – conclude l’attrice – ho deciso di assumere anche i panni di regista e ho così ripreso in mano tutte le opere scritte da lui, portando in scena per la prima volta anche quelle inedite, come “Giustz jè fatt”. Continuerò a lavorare finchè avrò energie: non voglio scendere dal palco. Ho 90 anni ma non lascerò mai per mia spontanea volontà ciò che è stato la mia vita: il teatro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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Eloisa Diomede
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  • Nick - Brava Eloise , mentre leggevo, con i dettagli ed i molteplici particolari del racconto, sembra fossi lì. Complimenti !!!


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