di Gaia Agnelli e Irene Coropulis - foto Christian Lisco

Gli "ovaioli" di Bari: «Bianche o rosse, le nostre uova arrivano da pollai non intensivi»
BARI - Pochi, per nulla appariscenti, ma resistenti allo strapotere della grande distribuzione. Sono gli "ovaioli" di Bari, negozi specializzati nella sola vendita di uova: quattro stoiche attività che tengono botta alla concorrenza dei supermercati e si riforniscono dagli allevatori locali, mantenendo vivo il legame tra la città e le campagne circostanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si tratta degli ultimi "discendenti" di un commercio che fino al Dopoguerra veniva svolto per strada, su carretti o dietro le bancarelle dei mercati rionali. Il loro segreto? La preferenza per i pollai non intensivi, capaci di offrire un prodotto di qualità,  così fresco da “bere” crudo. Siamo quindi andati a scovarli tra le vie del capoluogo pugliese. (Vedi foto galleria)

La nostra prima tappa è "Bonovo", esercizio che si affaccia su via Bonazzi, nella zona del “Libertà sul mare” a pochi passi da piazza Garibaldi. Individuarlo non è semplice, visto che non ha insegne e sbirciando al suo interno si nota la quasi totale assenza di arredamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A fugare ogni dubbio c'è il proprietario del locale, il 69enne Francesco Franco, che ci accoglie all'entrata e mostra decine e decine di casse di uova accatastate in vari spazi. «Si tratta di un'attività famigliare sorta a fine 800 - racconta il signore -. A inaugurarla fu mio nonno, che si riforniva dai contadini del posto per poi offrire la sua merce a bordo di un carretto tra i vicoli di Bari Vecchia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«I suoi figli portarono avanti il lavoro - continua il commerciante -, prima posizionandosi negli anni 40 con una bancarella nel mercato di via Nicolai e poi aprendo una sede fissa in via Piccinni, dove negli anni 60 mio zio Giuseppe diede vita alla cooperativa "La cova"». E mentre chiacchieriamo l'uomo mostra un'immagine in bianco e nero dell'epoca, che lo ritrae con suo fratello Nicola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L'ultima grande trasformazione avvenne nel 1989, con lo spostamento nell'attuale collocazione e il cambiamento del nome del negozio in quello tuttora in uso. «Nel tempo ci siamo affermati come grossisti - evidenzia Francesco -, mettendoci al servizio di ristoranti, macellerie e bar, compreso il famoso Aida, ormai chiuso. Riforniamo anche le navi da crociera, capaci di consumare 400mila uova a settimana. Ogni tanto però accontentiamo anche alcuni clienti al dettaglio della zona».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La mercanzia arriva tutta da Bari e dintorni. «Da mezzo secolo siamo praticamente fedeli alle stesse aziende - specifica Franco - e in particolare a una di Fasano, raggiunta ogni giorno da mio nipote che carica di scorte il suo furgoncino».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E nel frattempo ci raggiungono anche lo storico dipendente Giuseppe e i due nipoti che un giorno erediteranno l'attività: Antonio e Nicla. «Generalmente preferiamo gli avicoltori che monitorano le galline in gabbia - evidenzia la donna - perché quelle libere di muoversi sono più soggette all'influenza aviaria. L'importante è che per ogni gabbia ci siano al massimo tre animali, come vuole la normativa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«L'altro aspetto a cui teniamo è che le bestiole vengano alimentate con mangimi di qualità - specifica la signora -. Non a caso le nostre uova hanno un colore maggiormente vivace e un guscio più spesso di quelle che si trovano nei supermercati, che espongono quelle dei pollai intensivi, meno gustose e quasi giallastre».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Salutiamo i Franco per spostarci in via Brigata Bari. La meta che abbiamo nel mirino è "La Ovaiola", azienda che dispone di propri allevamenti fuori città e ha un'altra sede in via Giulio Petroni, nel rione Carrassi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Stavolta individuare la rivendita è più facile: a segnalarla c'è un'insegna su sfondo bianco. L'interno ha un arredamento essenziale, con dei banconi in legno disposti a ferro di cavallo e grossi cartelloni sulle pareti che esaltano la freschezza della merce: una delle scritte recita chiaramente "uova da bere".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Sin da piccolo ho avuto la passione di allevare galline - spiega il titolare, il 79enne Nicola Solazzo -. Dopo una lunga gavetta mi misi in proprio negli anni 90 ad Acquaviva delle Fonti, aprendo poi diversi negozi al dettaglio in tutta la provincia. Oggi posso contare su circa 25mila animali».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le uova sono disposte ordinatamente nei cartoni, divise tra bianche e marroni. Balza all'occhio il fatto che siano suddivise in base alla taglia: sulle etichette notiamo in maiuscolo le lettere S, M L, XL e XXL proprio come avviene per l’abbigliamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Le più piccole pesano 50 grammi - ci confida una dipendente di Nicola -, vengono covate dalle galline più giovani, hanno un guscio più resistente e sono adatte per la preparazione di piatti ricercati. Quelle grandi arrivano a 70 grammi e sono sfornate dalle bestiole più anziane, per cui sono più fragili: ma sono richieste da chi le vuole gustare crude».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I pennuti di Nicola vengono allevati a terra. «È un metodo costoso e impegnativo - precisa il proprietario, perchè gli uccelli vanno addestrati per far capire loro dove mangiare, dormire e covare. Ma ne vale la pena: essendo liberi, hanno meno stress e regalano uova di qualità. E pazienza se non abbiamo gli stessi quantitativi raggiungibili con le gabbie, che limitando i movimenti inducono gli animali a concentrarsi sulla cova».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ogni prodotto ha il consueto timbro che riguarda la tracciabilità. «I mangimi che usiamo sono di origine vegetale e farinacea - aggiunge la dipendente - e i risultati si vedono: le nostre uova si possono bere anche dopo quattro giorni dall'acquisto».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L'ultima tappa del nostro tour è un altro locale senza insegna: quello del 68enne Sabino Giannossa. Siamo in via De Giosa, nel quartiere Umbertino e vicino alla bottega Caputo, regno storico dei dolciumi baresi assieme a Marnarid. Ad aspettarci sotto una luce fioca c'è il titolare, posizionato dietro un banco frigo che accoglie qualche pezzo di pollo. Il resto dell'ambiente è praticamente spoglio di qualsiasi mobile.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ad aprire per l'attività fu mio padre nel 1969 - ricorda il titolare, vestito con un camice bianco da macellaio - e sin da allora ci siamo affidati a un'unica azienda di Gioia del Colle che procura uova e pollame».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il colloquio è interrotto per un attimo da un acquirente che richiede delle uova bianche. «Fino agli anni 60 si consumavano solo queste - commenta Sabino - perché le sole galline allevate erano le "livornesi", caratterizzate da piume bianche. Poi arrivarono le "padovane", più scure, che per l'appunto danno forma a uova marroni, dette “rosse”: in molti pensano che la differenza cromatica sia dovuta alla voluminosità del tuorlo, ma si sbagliano».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le bianche comunque non sono mai state abbandonate del tutto, anzi stanno tornando in auge. «Si ritiene che siano più dietetiche, ma non è così - puntualizza Giannossa -. E poi c'è anche chi le utilizza per decorarle, soprattutto i bambini». Insomma, la questione cromatica "affascina" il pubblico: un aspetto che scoprimmo già anni fa con Edison, che nel Salento otteneva addirittura uova azzurre o di tonalità cacao.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sabino afferma infine di non temere la grande distribuzione. «Molti miei colleghi - conclude il 68enne - hanno chiuso solo perché una volta diventati anziani non hanno trovato eredi disposti a raccogliere il testimone, non perché l’attività non andasse bene. Perché i baresi preferiranno sempre la genuinità delle galline pugliesi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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