di Nunzia Carella

Turi, lì dove i bambini giocano a rugby: «I contrasti ci sono, ma è uno sport sicuro»
TURI - «Odio le bambole e le principesse, a me piace giocare a rugby come i maschi». Parole piuttosto insolite per una fanciulla di soli 7 anni, eppure è quanto afferma la minuscola Giulia: occhietti dolci e capelli biondi raccolti in un caschetto, nasconde dietro il suo sguardo innocente una voglia matta di placcare gli avversari e segnare una meta. La piccola fa infatti parte del rugby club "Granata" di Gioia del Colle, la prima della provincia di Bari che consente a bambini così piccoli di prendere confidenza con lo sport della palla ovale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il club ha aderito al "Progetto scuola", un'iniziativa voluta dalla Federazione italiana rugby che sta coinvolgendo le scuole elementari e medie di Turi per dar la possibilità agli alunni di avvicinarsi a questa nobile disciplina. (Vedi foto galleria)

Per la precisione i giovani possono cimentarsi nel "minirugby", una variante studiata appositamente per la loro età e prevede l'assenza delle mischie e dei placcaggi sopra la vita. Si tratta ovviamente di accorgimenti che mirano a salvaguardare il fisico minuto dei giocatori e a privilegiare l'aspetto ludico rispetto a quello agonistico, tant’è che le norme concedono l'allestimento di squadre miste. «Ero iscritta a danza, poi ho cambiato sport», ci racconta infatti Giulia, che ha sfruttato questa chance offerta dal regolamento ed è l'unica femminuccia per ora entrata a far parte dei Granata.  

Gli aspiranti rugbisti si allenano sul campo sportivo di Turi due volte alla settimana. Siamo andati a trovarli in un gelido mercoledì di fine gennaio: sono le 19.30 e ci sono a malapena due gradi di temperatura. Con il clima rigido qualche bambino ha preferito starsene a casa, ma la maggior parte del gruppo non si è tirata indietro. (Vedi video)

«Sono una ventina di ragazzi in tutto - ci spiega il presidente della società Rosario Milano - anche se oggi ci sono solo quelli più "duri" e resistenti. Hanno un'età compresa tra i 6 e i 13 anni. Il nostro obiettivo è dar vita un giorno a delle rappresentative giovanili nelle quali i ragazzi possano sì svagarsi ma cercando di essere nel contempo minimamente competitivi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sul terreno di gioco gli allievi agli ordini del coach Giampaolo Derobertis sembrano indifferenti al vento pungente: si rincorrono come schegge impazzite, cercano in tutti i modi di impossessarsi del pallone, si scontrano cadendo rovinosamente a terra. E soprattutto si divertono come matti. «Qui i bambini imparano ad apprezzare l'importanza del gruppo - sottolinea l'allenatore - visto che senza collaborazione è difficile fare meta. Apprendono inoltre il valore della disciplina: durante il gioco non si deve protestare e va controllata ogni reazione agli scontri».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Da un punto di vista motorio - prosegue il coach – si tratta di uno sport aerobico-anaerobico alternato, cioè richiede allo stesso tempo resistenza e velocità. In pratica sono utili sia i giovani più robusti sia quelli più scattanti: tutti possono mettersi in gioco e dare il proprio contributo senza sentirsi in imbarazzo o inadeguati alla causa. È un ottimo metodo per socializzare e scaricare energia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma non può essere pericoloso per un bambino affrontare contatti fisici così intensi? «I contrasti fanno parte del rugby ed è impensabile evitarli - ammette Derobertis - ma è compito dell'allenatore accertarsi che le fasi di gioco fondamentali, soprattutto quella del placcaggio, avvengano nella maniera più sicura possibile».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E in effetti nonostante le “botte” l'atmosfera tra i piccoli è a dir poco serena. «Quando sono in campo mi sento libero - ci dice sorridente l'11enne Raffaele - e poi posso fare quello che mi veniva impedito quando giocavo a calcio, cioè correre col pallone tra le mani e buttarmi a terra». «Giocare è bello – avverte il piccolo Pietro di soli 9 anni - ma in realtà quello preferisco fare è il “terzo tempo”, la festa alla fine di ogni gara: lì ho il permesso per mangiare tante cose buone».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Nel video (di Carlo Gelardi e Gianni de Bartolo) gli allenamenti dei ragazzini del minirugby sul campo di Turi:


 


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