di Giancarlo Liuzzi - foto Paola Grimaldi, Giuseppe Lorusso

Bari, c'è un punto in cui viale Tatarella curva all'improvviso: è per preservare un antico ipogeo
BARI – Percorrendo in auto il lungo rettilineo di viale Giuseppe Tatarella, ci si accorge di come le due corsie di marcia, che viaggiano sempre parallele, a un certo punto si separino improvvisamente per riavvicinarsi dopo duecento metri. Questo avviene tra gli svincoli della statale 16 e il raccordo Giuseppe Rossi. La biforcazione affianca un’area incolta a prima vista priva di utilità, ma è proprio in quella depressione che, nascosto dagli arbusti, si cela l’ingresso dell’ipogeo Riccardo Mola. (Vedi foto galleria)

Si tratta di un millenario sito rupestre di 1500 metri quadri con bui corridoi, antichi laboratori agricoli, nicchie e incisioni nella pietra. Un ipogeo che si decise di salvare quando negli anni 90 venne realizzata viale Tatarella. Per farlo si pensò di deviare le due carreggiate, che così da quel momento “circumnavigarono” la grotta creando una curiosa diramazione a forma di goccia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fu il tempestivo intervento dell’ispettore onorario della Soprintendenza Italo Rizzi a permettere di preservare questo complesso rupestre, scoperto qualche anno prima dal soprintendente Riccardo Mola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una cavità scavata probabilmente nel X secolo che sorge nel fianco sinistro di Lama Picone, in un’area dove sono presenti altri importanti siti storici millenari quali Masseria Tresca e gli ipogei Torre Tresca, La Caravella e Santa Candida. Tutti luoghi che facevano probabilmente parte di un più ampio villaggio rupestre chiamato casale di Sao, più volte citato in documenti medievali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per osservare il Riccardo Mola imbocchiamo quindi viale Tatarella e procediamo verso sud. Superati gli svincoli della statale 16, ecco che la strada devia affiancando la depressione in cui si trova l’ipogeo. Ci spostiamo quindi al centro dello spartitraffico e da qui riusciamo a intravedere l’ingresso della grotta scavato nel banco roccioso e nascosto da fronde di alberi, arbusti e vegetazione incolta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non possiamo che limitarci a questo, visto che non è presente alcun accesso diretto al luogo e l’unica maniera per arrivarci è quella di percorrere a piedi il letto della lama, passando al di sotto dei viadotti stradali e districandosi tra l’infestante vegetazione che lo circonda.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un qualcosa che hanno fatto qualche anno fa lo storico dell’arte Alessandro De Luisi e il fotografo Giuseppe Lorusso, che ci hanno fornito delle importanti immagini dell’interno del sito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Grazie a questi scatti possiamo quindi vedere meglio l’accesso dell’ipogeo composto da un varco squadrato nella roccia, frutto di uno scavo dell’atrio effettuato nel maggio del 1994. Ingresso che permette di entrare nella grotta, la quale si estende su circa 1500 metri quadri, articolandosi attorno a un ampio criptoportico voltato a botte. Sui lati di quest’ultimo si diramano corridoi con volte a crociera, locali un tempo destinati alle attività agricole, depositi e altri vani di diverse dimensioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una planimetria simile al labirintico ipogeo del Seminario, situato nella zona di Santa Caterina. Come quest’ultimo però anche il Riccardo Mola appare ricolmo di pietre e materiale di risulta riversati dal terreno sovrastante, che ne hanno così innalzato il piano di calpestio rendendo il sito non completamente visitabile. I lunghi corridoi infatti si snodano come dei tunnel nel banco roccioso, portando in ambienti totalmente bui “sommersi” da piramidi di macerie provenienti dalla superficie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sulle grigie pareti litiche è possibile scorgere le radici degli alberi del terreno sovrastante, tetri teschi di animali, neri scorpioni e conchiglie fossili. Vi sono anche numerose nicchie di varie dimensioni, croci incise nella roccia e una specie di griglia: si tratta forse di un calendario delle attività agricole, simile a quello presente nell’ipogeo di via Martinez.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il complesso sotterraneo fu utilizzato come laboratorio agricolo fino a qualche secolo fa. Lo dimostrano delle murate a secco realizzate per dividere alcuni ambienti, realizzate in un periodo certamente successivo alla creazione dell’ipogeo. In uno dei locali si trova anche un’ampia pietra levigata dalla forma circolare: forse i resti di un’antica macina usata per pressare cereali e olive.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’illuminazione e l’areazione erano rese possibili grazie alle finestre strombate che si affacciano sull’atrio scoperto. Inoltre una vasta cisterna permetteva un buon approvvigionamento idrico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ipogeo potrebbe essere a sua volta collegato ad altri locali sotterranei che farebbero così ipotizzare una più ampia estensione di tutto il luogo, al momento non determinabile con esattezza. Purtroppo infatti, come detto, ad oggi risulta difficile esplorare questo sito. Perché nonostante il grande lavoro fatto per salvarlo, il Riccardo Mola è stato di fatto abbandonato a se stesso, seguendo il destino della maggior parte degli ambienti rupestri presenti sul territorio barese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)
 


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Percorrendo in auto il lungo rettilineo di viale Giuseppe Tatarella, ci si accorge come le due corsie di marcia, che viaggiano sempre parallele, a un certo punto si separino improvvisamente per riavvicinarsi dopo duecento metri. Questo avviene tra gli svincoli della statale 16 e il raccordo Giuseppe Rossi
La biforcazione affianca un’area incolta a prima vista priva di utilità, ma è proprio in quella depressione che, nascosto dagli arbusti, si cela l’ingresso dell’ipogeo Riccardo Mola (immagine pubblicata su "Bari-Complessi ipogei ed insediamenti rupestri. 50 anni di storia" di Chiaffarata e dell’Aquila)
Per osservare il Riccardo Mola imbocchiamo viale Tatarella e procediamo verso sud
Superati gli svincoli della statale 16, ecco che la strada devia affiancando la depressione in cui si trova l’ipogeo
Ci spostiamo quindi al centro dello spartitraffico...
...e da qui riusciamo a intravedere l’ingresso della grotta scavato nel banco roccioso e nascosto da fronde di alberi, arbusti e vegetazione incolta
Grazie agli scatti di Alessandro De Luisi e di Giuseppe Lorusso possiamo vedere meglio l’accesso dell’ipogeo...
...composto da un varco squadrato nella roccia, frutto di uno scavo dell’atrio effettuato nel maggio del 1994
Ingresso che permette di entrare nella grotta, la quale si estende su circa 1500 metri quadri...
...articolandosi attorno a un ampio criptoportico...
...voltato a botte
Sui lati di quest’ultimo si diramano corridoi con volte a crociera, locali un tempo destinati alle attività agricole, depositi e altri vani di diverse dimensioni
Il Riccardo Mola appare però ricolmo di pietre e materiale di risulta riversati dal terreno sovrastante...
...che ne hanno così innalzato il piano di calpestio...
...rendendo il sito non completamente visitabile
I lunghi corridoi infatti si snodano come dei tunnel nel banco roccioso...
...portando in ambienti totalmente bui...
..“sommersi” da piramidi di macerie provenienti dalla superficie
Sulle grigie pareti litiche è possibile scorgere le radici degli alberi del terreno sovrastante...
...tetri teschi di animali...
...neri scorpioni...
...e conchiglie fossili
Vi sono anche numerose nicchie di varie dimensioni...
...croci incise nella roccia...
...e una specie di griglia: si tratta forse di un calendario delle attività agricole
Il complesso sotterraneo è stato utilizzato come laboratorio agricolo fino a qualche secolo fa. Lo dimostrano anche delle murate a secco realizzate per dividere alcuni ambienti, realizzate in un periodo certamente successivo alla creazione dell’ipogeo
In uno dei locali si trova anche un’ampia pietra levigata dalla forma circolare: forse i resti di un’antica macina usata per pressare cereali e olive
L’illuminazione dei vani interni e l’areazione avvenivano tramite delle finestre strombate che si affacciano sull’atrio scoperto
L’ipogeo che potrebbe essere a sua volta collegato ad altri locali sotterranei che farebbero così ipotizzare una più ampia estensione di tutto il luogo, al momento non determinabile con esattezza



Giancarlo Liuzzi
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