di Gaia Agnelli - foto Francesco De Leo

Bari, la storia delle "signore delle orecchiette" dell'Arco Basso: «Custodiamo un'antica arte»
BARI –  Passano la giornata sull’uscio della propria abitazione con la testa china sui tavolieri, intente a creare con le loro abili mani quello che rappresenta uno dei simboli gastronomici baresi: le orecchiette. Sono le signore di Bari Vecchia, donne che da sempre vendono per le stradine della città antica la gustosa e casereccia pasta pugliese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un impegno un tempo limitato più che altro alla domenica, ma che da qualche anno si è trasformato in un’occupazione quotidiana, visto il boom del turismo che sta portando tante persone a visitare il centro storico di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le donne hanno quindi aumentato la produzione per venire incontro alla grande richiesta della pasta rotonda e concava, scatenando però molte polemiche per via dell’assenza di emissione degli scontrini fiscali. Dopo molto “rumore” si è però deciso di chiudere un occhio, in virtù dello “spettacolo” che ogni giorno offrono preparando davanti a tutti le loro folkloristiche opere.    

Siamo quindi andati a trovare le “signore delle orecchiette” nella strada dell’Arco Basso, viuzza situata nei pressi del Castello Normanno-Svevo che più di ogni altra gode della presenza delle pastaie. (Vedi foto galleria)

Prima però di fare la loro conoscenza, è necessario parlare della “regina” orecchietta, così chiamata perché la sua forma è proprio simile a quella di un orecchio, incavata al centro. La si trova in tre forme: piccola, grande (la famosa “strascinata”) e gigantesca (definita “orecchione”), adatta ad accogliere al suo interno un ripieno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quella classica è di colore giallastro, ma c’è chi si diverte a renderla marrone (con la semola integrale), verde (aggiungendo all’impasto gli spinaci), rossa (inserendo la passata di pomodoro) o nera (con il nero di seppia).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le orecchiette possono essere servite con qualsisi condimento, anche se la “morte loro” è il ragù, oltre naturalmente alle baresissime cime di rapa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sulla loro origine ci sono ben due teorie. Secondo la prima sarebbero state inventate dai provenzali, che fin dal Medioevo producevano una pasta molto spessa e a forma di dischi, incavata al centro grazie alla pressione del pollice. Sarebbero così state diffuse in Puglia dal popolo francese degli Angioini. L’altra ipotesi affonda le sue ragioni durante la dominazione normanno-sveva, quando nel territorio di Sannicandro di Bari era presente una comunità ebraica che preparava le cosiddette “orecchie di Haman”, impasti (dolci) lavorati fino all’ottenimento di una forma concava analoga a quella delle orecchiette.  

Ma è ora arrivato il momento di immergerci nella “strada delle orecchiette”. Il primo “stand” a cielo aperto che troviamo è posto ai piedi dell’Arco Basso, venendo dal Castello. Stracolmo di pasta e taralli si palesa ai nostri occhi il telaio: il tipico tavolino con una cornice in legno nella quale è incastrato un essiccatore usato per far passare l’aria e asciugare la pasta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

È qui che lavora la 50enne Franca, che pur salutandoci dall’interno del suo sottano ci fa capire di non essere dell’umore giusto per chiacchierare. «Oggi non è giornata – ci dice affacciandosi leggermente –, ma se proseguite più avanti incontrerete le mie vicine: ne hanno di aneddoti da raccontare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Non ci resta quindi che proseguire. Superiamo la bassa arcata e intravediamo alcuni avventori acquistare due buste di pasta dal primo tavoliere sulla sinistra: quello della 67enne Angela Lastella, aiutata da due parenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Sono nata e cresciuta in questa strada e già a sette anni imparai il mestiere che vedevo praticare da mia madre Marta – esordisce la lavoratrice –. Abbiamo sempre fatto la pasta in casa, ma se prima la vendevamo solo ai baresi oggi i nostri clienti sono soprattutto i turisti. C’è chi compra buste su buste, ma non sempre tutti acquistano: alcuni vogliono soltanto assistere stupiti e meravigliati a questo show culinario».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E in men che non si dica, intorno al banco di Angela di forma una platea di spettatori curiosi: c’è persino una bambina che armata di penna e quaderno prende appunti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Vediamo così la donna prendere un panetto di massa dato dall’impasto di semola di grano duro e acqua. Ne taglia poi un pezzettino e lo posiziona sotto il palmo della mano che, a mo’ di “matterello”, permette di arrotolare l’impasto fino a farlo diventare lungo e sottile. A questo punto con il coltello ne taglia una piccola parte, la trascina con la lama verso di sé per qualche centimetro (da qui il nome di strascinate) e le dà infine la forma concava con l’aiuto dei due indici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lasciamo Angela per spostare la nostra attenzione sul banchetto di fronte. Anche qui sul telaio giacciono piccole orecchiette, pacchi di taralli, cartellate, cavatelli e pomodori secchi: è la postazione della 60enne Rosa Lastella, in quel momento rinchiusa nella sua abitazione per motivi di salute.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Invece poco più avanti una scritta su un tavoliere in legno ci annuncia che quello è il posto dove lavora la 64enne Nunzia Caputo, anche lei indaffarata a tagliare la semola. Si tratta della pastaia più famosa, quella che più di ogni altra è riuscita, sin da subito, a intrattenere i passanti. «Il segreto è far sentire tutti a casa, anche chi viene da molto lontano», spiega la signora.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Proprio la sua simpatia l’hanno portata, nel 2020, a rappresentare Bari e l’arte delle orecchiette con uno stand alla Travel Show di New York, manifestazione dedicata al turismo organizzata dal New York Times.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nunzia ci invita nel suo sottano, dove facciamo anche la conoscenza della madre Franca Fiore, la quale nonostante i suoi 92 anni continua a preparare le orecchiette assieme alla figlia. «Sono stata la prima dell’Arco Basso a venderle – dichiara l’anziana –. Il mio lo chiamavano il “tavoliere dei bambini” perché amavo circondarmi di piccoli allievi ai quali insegnare il mestiere. Oggi mi rammarica vedere quanto i giovani siano distratti da altre attività. Per questo mi chiedo: che ne sarà di questa tradizione in futuro?».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nunzia nel frattempo ci mostra come si prepara l’impasto da cui poi verranno create le orecchiette. Forma così una montagnetta di semola al centro della quale scava un buco (detto “fontana”) in cui versa dell’acqua calda, per poi amalgamare il tutto con le sue sapienti mani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Ho imparato questo mestiere a sei anni – ci racconta –. Mia nonna Nardina faceva quotidianamente la pasta in casa ed era anche molto severa: un giorno mi ricattò dicendomi che se non avessi imparato a fare le orecchiette non mi avrebbe lasciato giocare con le amichette. Non accettai con entusiasmo la proposta, anzi ero proprio contraria, ma la mia voglia di uscire era così tanta che feci in modo di apprendere in fretta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La signora quella volta passò tutta la notte a impastare tra acqua e semola, fino a quando, giorno dopo giorno, divenne anche lei una maestra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Oggi pur di soddisfare tutti i clienti ci svegliamo molto presto, così da iniziare a preparare il tutto, per poi restare in strada sino a tardi - conclude -.  Per noi non esistono Natale, Ferragosto, domeniche e festività: lavoriamo sempre. Ma lo facciamo con piacere, per amore di questa antica arte che custodiamo, quella con cui sono cresciute nei secoli tutte le donne di Bari Vecchia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Gaia Agnelli
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