di Gaia Agnelli

La storia del Transatlantico, quel ristorante adagiato per trent'anni sul lungomare sud di Bari
BARI – Quattro sale, più di 90 dipendenti, un anfiteatro a cielo aperto e una terrazza con vista sull’Adriatico. Così si presentava ai baresi il “Transatlantico”, lussuoso ristorante che fu attivo per trent'anni sul lungomare sud del capoluogo pugliese. (Vedi foto galleria)

Il locale rappresentò un punto di riferimento per una zona cittadina che, nel Dopoguerra, stava tentando di valorizzarsi attraverso l’apertura di stabilimenti balneari (il Gran Lido Marzulli e il Trullo) e ristoranti (il Transatlantico, la Sirenetta e Verdeluna, l’attuale Reef). Un’area che negli anni 80 e 90 sprofondò però nel degrado, dal quale è solo parzialmente uscita nel nuovo millennio grazie alla creazione di Pane e Pomodoro e Torre Quetta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed è proprio dove si trova oggi l’ingresso di quest’ultima spiaggia che si ergeva il Transatlantico. Fu costruito infatti nel 1950 accanto alla foce del torrente Valenzano (il "Canalone di Japigia"), nel punto in cui oggi il lungomare cambia nome da corso Trieste in via Di Cagno Abbrescia, su quello che un tempo era il semplice prolungamento di viale Imperatore Traiano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui, praticamente sulla costa, si stagliava l’enorme struttura fondata da don Pasquale Angelillo, imprenditore originario di Sammichele di Bari. Un ristorante che negli anni si trasformò in una “macchina da cerimonie” dove era possibile festeggiare matrimoni, comunioni e battesimi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
«Era gigantesco: sembrava davvero di trovarsi in un transatlantico sul mare – ricorda il 60enne Pasquale Angelillo, nipote omonimo del fondatore –. La struttura infatti, oltre a essere circondata dall’acqua come una penisola, era caratterizzata da finestre a forma di oblò e da un’ampia vetrata che dava accesso alla terrazza sull’Adriatico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La scelta di imitare le linee di una nave non fu casuale. Angelillo infatti, classe 1900, dopo l’esperienza come capocameriere al ristorante “Il Gambero” a Taranto, si trasferì a Napoli per lavorare al porto occupandosi dell’espatrio degli italiani verso gli Stati Uniti, lì dove si innamorò delle grandi imbarcazioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Durante la permanenza partenopea nacquero i suoi figli Vincenzo e Bartolo (mio padre) – continua il nipote –. Negli anni 30 mio nonno tornò però a Bari dove aprì in corso Cavour 233 una pasticceria dal nome “Il Piccolo Ristoro” (rimasta attiva fino al 1956), grazie alla quale riuscì a guadagnare abbastanza denato per fondare poi il Transatlantico».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Pasquale ci mostra alcune immagini d’epoca della sala ricevimenti, tra cui un acquerello del pittore Marino Cives. Possiamo quindi osservare come era fatto l’edificio, che si sviluppava su un piano sebbene ci fosse un ambiente al livello superiore riservato ai proprietari. Era una sorta di “ponte di comando” al quale si accedeva tramite una raffinata scalinata in marmo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I luoghi prescelti per le foto di sposi e festeggiati erano il portone d’ingresso, dominato dal nome del locale a caratteri cubitali e il cortile, caratterizzato da una scala in ferro che portava su un balcone panoramico. Dentro il locale si sviluppava in cinque diverse location.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il gioiello era il “Salone delle Feste” da 300 posti: circondato da ampie vetrate che affacciavano sull’Adriatico, ospitava anche una grande vasca che conteneva varie specie di pesci e dava accesso a una terrazza attrezzata anch’essa per i commensali. A questo si aggiungevano la Sala Verdi, la Capri (dipinta con alcune immagini dell’isola campana) e la Sanremo, adornata da fiori di vario tipo. Ma d’estate si poteva pranzare e cenare nel cosiddetto Anfiteatro: un luogo esterno che poteva contenere sino a 200 commensali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ogni sala disponeva di un palco sul quale si esibivano artisti e complessi musicali. Il Transatlantico accolse persino Domenico Modugno, oltre a Fausto Cigliano, Tony Dallara e Walter Chiari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma il Transatlantico era una vera e propria “istituzione” cittadina. «Partecipai a tantissime cerimonie in quel luogo – ci rivela la 75enne barese Maria –. Ricordo che tutti gli invitati sfoggiavano il loro abito migliore perché si trattava di un locale chic: bisognava fare bella figura». Una ricercatezza che trasudava anche dalla scelta delle posate: tutte rigorosamente in argento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A operare nel ristorante c’erano più di 90 dipendenti tra cuochi, camerieri, custodi del guardaroba e addetti alle pulizie. «Ognuno aveva un compito ben preciso – ci racconta il giornalista Franco Cirici, figlio di Alfredo, uno dei fedeli chef -. Quando da bambino andavo a trovare mio padre restavo incantato dalla maestria con la quale i camerieri portavano anche otto piatti alla volta. Anche io contribuivo, nel mio piccolo, a far funzionare quella grande “macchina”: avevo 8 anni e il mio “lavoro” era quello di sostare davanti alla toilette per consegnare gli asciugamani puliti ai clienti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A dirigere il tutto ci pensavano Don Angelillo, il figlio Bartolo, suo cugino Pasquale Bellomo e gli amministratori Carlo e Gabriele Gargano (figli di una sua collaboratrice). Naturalmente il ristorante procedeva a gonfie vele, tanto che Pasquale riuscì ad aprire a Bari altri tre locali: “La Serra” in via Amendola, “La Brace” sull’attuale corso Benedetto Croce e “La Graticola” in via Egnazia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Purtroppo però il Transatlantico chiuse inaspettatamente i battenti tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli 80. A quell'epoca infatti ci fu la scadenza del contratto di concessione demaniale, per il cui rinnovo venticinquennale furono chiesti ad Angelillo ben 80 milioni di lire

«Mio nonno stava pensando se fosse il caso di sborsare quella cifra, quando venne a mancare improvvisamente – spiega il nipote –. Così a decidere del destino del locale furono gli eredi, che scelsero di non continuare. La cessazione dell’attività fu anche dettata dal fatto che in quegli anni la tendenza stava diventando quella di festeggiare, soprattutto i matrimoni, nelle masserie dell’entroterra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E così il Transatlantico fu smantellato, lasciando per sempre nella memoria dei baresi il ricordo di quando musica, balli e allegria imperversavano sul desolato lungomare sud di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Nel video, un matrimonio festeggiato all’interno del ristorante il “Transatlantico” nel 1963:


 


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Gaia Agnelli
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  • Mario Capalbo - Sono commosso e orgoglioso di aver iniziato all'età di 17 anni la mia attività lavorativa con un gigante della ristorazione di quei tempi che risponde al nome di Pasquale Angelillo .
  • Antonio Colavitti Arkydesign - Che dire? Brava, puntuale ben documentata, ottima "narrazione".
  • Ignazio Rotondo - Complimenti un bel servizio che mi ha fatto rivivere quei luoghi dei miei anni giivanili così lontani nel tempo ma così presenti nei ricordi. Grazie
  • Mariella Lipartiti - Brava come sempre Gaia Agnelli. I suoi preziosi servizi ci portano a conoscere nostri tesori di cui spesso non conoscevamo l'esistenza. Questo sul Transatlantico ci svela il mistero della sua chiusura. Fa parte dei miei ricordi giovanili
  • Stefano - Beh! cara Gaia, voi volete proprio girare il dito nella piaga. Io ricordo molto bene il ristornante Transatlantico in quanto da ragazzino e poi da giovincello, molto spesso vi andavo con la Lambretta furgone a portare le bomboniere che, all'epoca, venivano prodotte e confezionate nel negozio dei mie genitori. Il negozio dei miei genitori era ricercato come veniva ricercato il Transatlantico e non solo tale stupendo locale, ma anche: Il Circolo della Vela, Il Verde Luna, il Barion, La Grotta Regina, e diversi altri posti scic. Tutte realtà che, purtroppo non esistono più se non nei ricordi di noi 75 enni. Comunque bell'articolo, complimenti.
  • Pasquale Angelillo - Un personalissimo e doveroso ringraziamento all'autrice dell'articolo, Gaia Agnelli, per aver saputo testimoniare con narrazione esemplare e con dovizia di contenuti la fulgida esistenza di uno dei locali più rappresentativi e lussuosi della Bari del dopoguerra e dei successivi spensierati anni del boom economico del XX secolo. Il mio plauso è doverosamente rivolto anche a tutta la Redazione della Testata per l'incessante impegno nell'opera di riscoperta e valorizzazione della storia e delle tradizioni culturali della nostra amata Città.
  • Gigi De Santis - Congratulazioni alla giornalista signora Gaia Agnelli, per l'interessante articolo. Complimenti vivissimi
  • ANTONIO - Tanti ricordi della mia gioventu',una lacrima solca il mio viso,un sospiro e la gioia di un filmato dell'epoca,contornato da una bella storia.I miei complimenti alla Sig.ra Agnelli e a tutta la redazione.
  • Lucrezia - Bellissimo video spero che possa diventare uno spunto per qualche produttore televisivo o cinematografico affinché questi ricordi della mia bellissima città possano essere catturati e ammirati da tutti. Brava davvero complimenti
  • Isabella - Brividi! Mi sono venuti i brividi nel rivedere un luogo della mia infanzia che pensavo di poter rivivere solo nei ricordi. Grazie Gaia per il tuo interessantissimo articolo e a Barinedita che ci fa sfogliare l'album della Bari che fu!


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