di Gaia Agnelli e Mattia Petrosino - foto Valentina Rosati

Bari, la storia del Redentore: quel "faro" neogotico che si erge ai margini del rione Libertà
BARI – In una zona del quartiere Libertà da sempre “difficile” e ai margini, si erge come un faro quello che da sempre rappresenta la speranza e il simbolo del rione. È l’Istituto Salesiano Redentore, eretto qui nel 1905 per volere di don Michele Rua, successore di Don Bosco, fondatore della congregazione dei Salesiani. (Vedi foto galleria)

Parliamo di un vasto complesso neogotico posto su via Martiri d’Otranto e diviso in tre ambienti: la chiesa, l’istituto vero e proprio e l’oratorio. Un luogo dove da oltre un secolo trovano rifugio ragazzi con situazioni “problematiche”, che possono dedicarsi ad attività, laboratori e progetti tesi a strapparli, almeno per qualche ora, dalla strada.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per visitare il Redentore percorriamo via Crisanzio, per entrare poi in una piazzetta che porta il nome dell’Istituto. Qui, all’incrocio con via Martiri d’Otranto, si erge la struttura, che si presenta al visitatore con la graziosa facciata neoromanica della sua chiesa costruita nel 1935 su progetto dell’architetto Alberto Casale de Bustis y Figoroa. 

Ci avviciniamo al prospetto color panna realizzato a mosaico e sorvegliato ai lati da due statue raffiguranti Don Bosco e Maria Ausiliatrice. Notiamo subito il portale gotico contraddistinto da una serie di archi che conducono alla lunetta dove è dipinto il Christus Pantocrator bizantino su fondo dorato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alzando ancora di più lo sguardo ammiriamo l’ampio e raffinato rosone inscritto in un’arcata ogivale sormontata dal timpano che chiude in alto il prospetto del tempio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Varchiamo l’entrata e ci ritroviamo davanti a tre navate scandite da nove colonne sui cui capitelli sono impostati archi a pieno centro. Lo spazio è un po’ buio e la poca luce che filtra dal variopinto rosone trasforma il color oro delle pareti in un verde pallido.  

«Le alte volte sono decorate con gli affreschi del sacerdote Giuseppe Melle e risalgono agli anni 50 – sottolinea l’architetto Simone De Bartolo -. Sul soffitto della navata principale si dipartono i riquadri che riproducono alcune scene sacre: tra cui “Resurrezione”, “Crocefissione” e “Natività”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A dominare l’ingresso è il grande organo, mentre dalla parte opposta l’abside è arricchito con le figure del Redentore e dei Quattro Evangelisti, dell’Ultima Cena e del Sacrificio di Abramo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Usciamo dalla chiesa e ci dirigiamo all’interno dell’Istituto, situato alla sinistra del tempio. L’edificio color ocra e in stile neogotico fu costruito nel 1905. A venirci incontro nell’atrio è il 61enne vicario Don Giuseppe Ruppi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Fu il torinese Don Michele Rua, successore di Don Bosco, a decidere di fondare qui la sede meridionale della casa salesiana – ci dice il prete –. Lo scopo iniziale era quello di creare un orfanotrofio e un centro di accoglienza per i poveri. Poi nel corso dei decenni accolse altre attività come il convitto (ancora esistente), la scuola primaria e il ginnasio superiore e numerosi laboratori. Prima ce n’erano di tipografia, meccanica e falegnameria oggi invece su punta su audiovisivi e informatica. Per gli abitanti del quartiere fu subito amore nei confronti dei Salesiani, un Ordine che ha sempre avuto l’obiettivo di educare ed evangelizzare offrendosi come punto di riferimento per i ragazzi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Seguiamo Don Giuseppe lungo una scalinata in marmo che conduce in un lungo corridoio dove si aprono i vari ambienti di didattica. Tra questi vi è la storica biblioteca sorta nel 1935 che conta oltre 40mila volumi, a cui si affianca una più recente realizzata nel 1980.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spostiamo ora sul tetto, dove un “ponte” percorre tutto il complesso. In fondo notiamo il campanile della chiesa che spicca verso il cielo adornato da una statuetta raffigurante il Redentore. E ammiriamo il cortile del complesso che, delimitato da una serie di archi a tutto sesto che ne caratterizzano il perimetro, presenta un’architettura mediterranea ispirata ai porticati di Siviglia e di Madrid.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ultima tappa del nostro viaggio è l’Oratorio, che raggiungiamo uscendo e superando un cancello posto alla destra della chiesa. Si tratta di una grande area esterna che comprende un campo da calcio, uno da basket e un anfiteatro. Tutte strutture che permettono di regalare ai circa duecento ragazzi che lo frequentano ore di svago: proprio qui, ai margini del grande e trascurato quartiere Libertà di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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  • ANTONIO CASCIONE - Bellissima presentazione dell'Opera Salesiana del Redentore. Peccato che passando da un ambiente all'altro, sia sfuggita la presenza di un "rudere", erede del ben noto Cinema Teatro Redentore, in cui tanti personaggi illustri e meno lustri della città di Barri, hanno mosso i primi passi su quel palcoscenico o dei tanti ragazzi che hanno affollato la sala cinema al termine della Messa domenicale ...
  • Pasquale Menchise - La invito a soffermarsi sulla descrizione della parte architettonica e di eliminare tutto quello che abbraccia il contesto in cui è situato l'intera struttura Salesiana. Il "mio" quartiere Libertà, non certamente il "suo" da come lo descrive, è ben altro. Non posso escludere che una parte sia stata lasciata andare, ma la maggior parte è fatta di brave persone e di luoghi di aggregazione fonte di cultura che lei neanche immagina. Pertanto, prima di descrivere persone e luoghi si documenti, viva di persona il contesto ed eviti una superficialità che getta solo discredito su tanta gente gratuitamente. Saluti
  • Paolo Marturano - esaustivo e preciso il servizio sul Redentore che ho frequentato negli anni 50
  • Giuseppe C. - Interessante introduzione ad una istitutzione che merita un approfondimento maggiore. L'attività di formazione che [ uno dei pilastri dalla fondazione dei salesiani ad esempio. Confermo quello che è stato accennato per il cinema teatro che ha rappresentato un riferimento per chi ha iniziato per la prima vota ad andare al cinema a prezzi reagionevoli. C'era il chiosco che vendeva caramelle e bibite al suo interno col "pittoresco" addetto dai capelli rossi che lo gestiva.
  • Nicola Napoletano - Chi scrive, ormai alla soglia degli 80 anni, è Nicola Napoletano, nato a Bari, in via Dante ed unico allievo del grande Maestro Don Melle Giuseppe. Mi piace riferire alcuni episodi e considerazioni sul lavoro di affrescatura del Redentore. I lavori furono eseguiti negli anni 50 e divenne in sugli anni il suo aiutante. Nel 1956 Don Melle fu incaricato di dipingere la Basilica di Santa Maria Ausiliatrice in Roma, quartiere Tuscolano. Lì ci trasferimmo subito a fine 56 ed iniziammo ad affrescarne le volte e le pareti. I lavori durarono 9 anni. Ebbene successe che verso la fine degli anni 50 il soffitto della navata centrale del Redentore e parte delle navate laterali, collassarono crollando in terra. Ne fummo immediatamente informati e tornammo immediatamente a Bari. Cosa era successo? Ci si rese conto che l'intonaco degli affreschi era stato posato dai muratori sul vecchio intonaco solo picconato e nessun ancoraggio. Immediatamente furono rifatti i soffitti applicando reti metalliche graffate al muro e strullate con materiale cementizio apposito. Iniziammo subito i lavori ed in pochissimo tempo fu tutto restaurato. Tutto questo prologo perché? Perché un occhio attento noterà che gli affreschi del catino e presbiterio sono diversi come tecnica da quelli della navata. Quelli de catino e presbiterio furono eseguiti con la tecnica a corpo (terre e calce spenta), gli altri con la tecnica ad acquerello (terre ed acqua) sperimentata a Roma nella Basilica che stavamo dipingendo. È una tecnica molto più veloce e trasparente. Tutto questo per invitarvi a vedere gli affreschi d'ora in poi con l'occhio giusto. Grazie dell'attenzione. C


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