di Giancarlo Liuzzi - foto Valentina Rosati

Grottole, la "Diruta": quell'antica chiesa in rovina che si apre alla vastità del cielo
GROTTOLE – La chiamano la “Diruta”, perché da due secoli giace in rovina nel centro di Grottole, piccola cittadina lucana a sud ovest di Matera. Lei è la chiesa dei Santi Luca e Giuliano: imponente tempio cinquecentesco che, nonostante il suo abbandono, mantiene un innegabile fascino dato soprattutto dalla mancanza del tetto. Un particolare, questo, che permette al visitatore di immergersi in un luogo dove antiche colonne e arcate lasciano spazio al cielo, creando uno scenario “magico”. (Vedi foto galleria)

Edificato nel 1508 sui resti di due piccole chiesette precedenti, il santuario fu da subito oggetto di sventure. Leggenda racconta che uno degli architetti che si stava occupando di ultimarla, a causa dei continui crolli della cupola principale dovuti a difetti di progettazione, si suicidò in preda a un attacco di ira lasciandosi cadere dal punto più alto della costruzione. Un presagio del funesto destino che sarebbe toccato al complesso.

La Diruta infatti subì le prime lesioni durante i terremoti che nel XVII secolo colpirono la zona, in particolare quello del 1694. Intorno alla seconda metà del 700 poi il tetto crollò e nel 1767 venne così innalzato un fabbricato laterale per contenere il peso della struttura. Ma da lì a breve il tempio venne completamente abbandonato, affrontando ulteriori danni nel 900, dopo il sisma dell’Irpinia.

Per visitare il luogo bisogna immergersi nel grazioso centro storico di Grottole, costellato da basse e antiche abitazioni. Nonostante conti solamente duemila abitanti, questo paese che sorge sulle colline a ridosso della Riserva naturale di San Giuliano, ha infatti origini millenarie, con insediamenti preistorici, greci e romani che testimoniano la sua importanza.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 500 rappresentava un possedimento di ricche casate nobiliari del regno di Napoli e fu sotto il loro dominio che iniziarono i lavori di costruzione della maestosa chiesa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
             
Tempio che dopo secoli svetta ancora qui, tra viale della Resistenza e via Garibaldi. Una sconnessa scala di alti gradini conduce all’originario ingresso, in parte murato, dove è possibile ammirare l’antico portale in pietra realizzato nel 1595. Nella parte bassa dell’architrave è ancora visibile la data di edificazione e il nome del costruttore: Giulio Carrara della Padula.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Al centro fa mostra di sé lo stemma del comune di Grottole, costituito da due caverne sovrastate da una torre merlata con a lato un albero di quercia. Più in alto sono invece presenti cinque statue religiose disposte in piccole nicchie. C’è il Padre Eterno con barba e mano destra benedicente e poi i quattro evangelisti rappresentati con lunghe tuniche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Spostandoci sul fianco sinistro riusciamo a intravedere, attraverso la parte crollata della facciata, la navata centrale e le arcate di sostegno della cupola ormai crollata e invasa da erbacce. Interno che raggiungiamo facendoci largo tra le rovine.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Appena entrati restiamo incantati dal “quadro” che ci si pone di fronte agli occhi. La lunga navata, che un tempo misurava 39 metri per 20, rivela ancora le nicchie laterali con arco a tutto sesto e si apre totalmente nella zona occupata un tempo dall’abside e dall’altare principale. Il tutto mentre sullo sfondo si delineano le verdi colline circostanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci spingiamo sino alla parte centrale e, alzando lo sguardo, ammiriamo le due imponenti arcate trionfali delimitate da massicce colonne che si innalzano verso l’alto sorreggendo i resti della struttura superiore. Due finestroni inseriti in larghi archi in pietra sono infine sovrastati da quella che un tempo era la cupola di forma ellissoidale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Purtroppo qui non è sopravvissuto nulla dei nove altari ornati di statue e pregiati dipinti, del pulpito in legno finemente lavorato, dell’organo a canne e del campanile che raggiungeva un'altezza di cinquanta metri. Di fatto la cornice che delimitava la copertura è l’unica parte rimasta in piedi del tetto di una chiesa che però, da secoli, guarda poeticamente verso il cielo, aprendosi alla vastità dell’azzurro.

(Vedi galleria fotografica)


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