di Giancarlo Liuzzi - foto Antonio Caradonna

Bari, il Molo Sant'Antonio: dove tra gozzi, pesce e fari si "respira" ancora l'Adriatico
BARI – Un lungo e massiccio braccio di pietra che, allungandosi in mare, ha rappresentato per i naviganti di diverse epoche l’ingresso al vecchio porto di Bari. Parliamo del Molo Sant’Antonio, struttura che assieme al suo “dirimpettaio” Molo San Nicola (Nderr a la lanze) delimita uno specchio d’acqua dove ancora oggi tra banchi di pesce fresco, gozzi, pescherecci e un piccolo iconico faro si continua a “respirare” l’Adriatico. (Vedi foto galleria)

Ma facciamo un passo indietro. Nel libro “Genesi e sviluppo del porto di Bari” di Ugo Tomasicchio (Cacucci editore) leggiamo che nei primi secoli di storia della città non c’era un vero porto ufficiale. Venivano così utilizzate le insenature della costa a ridosso delle mura, come ad esempio il tratto di riva compreso tra il bastione di Santa Scolastica e il Fortino di Sant’Antonio. Ma era il golfo naturale che si apriva più a sud, riparato dalle correnti, ad essere lo scalo più adatto per il traffico navale che, con l’ampliarsi della città, sviluppava nuove rotte commerciali verso il Mediterraneo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fino al 500 il Molo Sant’Antonio era però in realtà costituito solo da qualche pietra affiorante dal mare. Fu la duchessa Isabella d’Aragona, e dopo di lei sua figlia Bona Sforza, a iniziare un’opera di ristrutturazione della muraglia, che si trasformò così in un vero e proprio approdo per le barche.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ai piedi di essa, sul lungomare Imperatore Traiano, ancora oggi sono conservate alcune colonne che rappresentavano gli antichi attracchi, così come sono visibili delle porticine murate: i vecchi ingressi dei depositi dei marinai.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1602 fu poi creato il vero e proprio molo (che si andò a unire alla Muraglia) e così questa ansa divenne il porto ufficiale della città, tanto che nelle carte nautiche e stampe del 700 è ben visibile tutto il golfo con velieri e barchette che lì vi ormeggiano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nei primi decenni dell’800 però il porto fu sempre più soggetto a interrimenti dovuti anche ai grandi depositi di alghe trasportate dalle correnti. Fu così che nel 1855, per volere del re Ferdinando II di Borbone, iniziarono i lavori di costruzione del nuovo porto a nord ovest della città che, col passare degli anni, diventò sempre più grande e funzionale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il “porto vecchio” fu così abbandonato dai grossi traffici, rimanendo però vitale, frequentato dai varcheceddàre (i pescatori che usano i piccoli gozzi) e diventando punto di ritrovo in occasione delle festività come la Vidua Vidue e il corteo di San Nicola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra l’altro, a seguito della realizzazione del lungomare negli anni 20, il molo di Sant’Antonio risultò facilmente raggiungibile da tutta la popolazione. Prima infatti si accedeva passando dall’interno del Fortino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo andati quindi a visitare questo braccio di pietra, raggiungendo il suo ingresso dal lungomare Imperatore Augusto. Prima di accedervi però, scendiamo attraverso un’ampia scala su una banchina affacciata sull’ansa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si tratta di un largo spiazzo dove tra mucchi di reti da pesca, antiche bitte d’ormeggio ormai arrugginite e barche più moderne, fanno bella mostra di sé i classici gozzi blu e rossi (lanze in dialetto barese). Infatti era qui che un tempo queste imbarcazioni erano costruite e riparate dalle mani di sapienti maestri d’ascia (calafatàre). Un mestiere ormai scomparso, che ha portato gli stessi pescatori a imparare a rattoppare i propri scafi, fino al “rottamarli” a riva appoggiati su cassette di birra Peroni.

Il divario tra vecchie e nuove imbarcazioni si fa più lampante quando, allungando lo sguardo, ammiriamo alla nostra destra i tanti luccicanti scafi del Circolo della Vela e del Barion, con il magnifico sfondo “mattone” del teatro Margherita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Sul lato sinistro della banchina notiamo invece una serie di magazzini numerati delimitati da porte in ferro chiuse in piccoli archetti in pietra. Sono praticamente tutti serrati eccetto uno, di fronte al quale troviamo due pescatori intenti a pulire la banchina da alghe e rifiuti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Risaliamo e accediamo attraverso un cancello al molo vero e proprio, il quale si estende per circa 500 metri nel Mar Adriatico. La prima parte è occupata dal “nuovo” mercato del pesce, indicato da una grande scritta a forma di onda con lettere blu sovrastata dall’insegna del risto-bar “Oltremare”, locale che fino poco tempo fa animava la terrazza sovrastante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ad accoglierci è un signore con un fantastico polpo da cinque chili. Qui infatti è ancora possibile acquistare pesce fresco di qualità direttamente dai pescatori, che furono spostati una ventina di anni fa dall’ottocentesca struttura situata in piazza del Ferrarese. Uno “sfratto” vero e proprio per i commercianti, che lamentano ancora oggi il decentramento dell’attività e un progressivo calo degli affari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Difatti delle tante postazioni di vendita ne troviamo aperte solamente due, seppur affollate da un nutrito gruppetto di persone. Tra cozze, polpi, cicale, merluzzi e spigole gigantesche, si percepisce ancora il popolare spirito del mercato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Saliamo ora sulla terrazza, dalla quale si può godere di una delle viste più ampie della città. Ammiriamo così lo “skyline” del centro storico su cui svetta l’alto campanile della Cattedrale. Mentre volgendo lo sguardo a sinistra scorgiamo i palazzi in stile liberty del quartiere Umbertino e ancora più a sud quelli maestosi realizzati durante il Fascismo, dominati in altezza dalla torre del Palazzo della Provincia.

Dall’altra parte invece si staglia il mare aperto, lì dove un tempo avremmo potuto scorgere l’ormai scomparso isolotto di Monte Rosso che sorgeva a circa 200 metri dalla costa.

Non ci resta ora che scendere per riprendere il nostro cammino sul molo. Sulla destra un alto muro chiude il cantiere navale Sgobba che si occupa oggi di rimessaggio e manutenzione di imbarcazioni. Si tratta di un’attività di inizio 900 rilevata da questa famiglia negli anni 50.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da questo punto in poi si delinea la seconda parte del molo che si affaccia direttamente sul mare. Il cambio di zona è ben distinto dal passaggio dalla pavimentazione in chianche bianche a quella con le basole di pietra nera vulcanica. È qui, tra l’altro, che ogni maggio vengono disposti i fuochi pirotecnici che colorano il mare durante la festa di San Nicola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La banchina conduce infine alla sua punta estrema, chiamata ancora dai più anziani “la ponde”. Sin dalla fine dell’800 era utilizzata per il cosiddetto “battesimo dei tuffi”, durante il quale i più giovani imparavano a nuotare gettandosi, il più delle volte senza vestiti, nell’acqua salata. Questa tradizione portò, qualche decennio più tardi, a popolare la zona di nudisti (che la soprannominarono “Portofino”): baresi che passavano le giornate a godere del sole lontani da occhi indiscreti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma la punta è contraddistinta soprattutto dall’iconico faro del 1935: una torre cilindrica grigia alta 17 metri e colorata alla base da graffiti. La sua luce illumina il mare di sera per un raggio di quasi nove miglia marine, indicando ai pescatori la via per tornare a casa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli stessi a cui secoli fa fu dedicata la poesia con cui chiudiamo questo articolo: “Navigante, volgi la tua imbarcazione verso le coste della pescosa Bari. Tu vedi il Molo che si oppone all’incalzare delle onde e che ti offre baie tranquille”. 

(Vedi galleria fotografica)


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  • Stefano - Siete fantastici. Mi fate rivivere il mio passato di ex cittadino barese. quando ero ragazzino, il molo S.Antonio era per me e per i miei amici di infanzia il posto ideale per andare a pescare con la canna fissa oppure a fare qualche bagnetto. All'epoca tutta quella zona ed il lungomare presente dal circolo Barion sino alla rotonda di fronte a quello che una volta era l'Hotel delle Nazioni era frequentato da tante barchette in legno con le quali era possibile essere portati a fare un bel giro, nello specchio d'acqua presente tra il Molo S.Antonio ed il lungomare stesso e poter vedere Bari dal mare. A parte anche la possibilità di fare qualche bagnetto, poichè in molti punti si appiedava, oppure assistere ai fuochi d'artificio effettuati durante il Maggio Barese. Grazie per tutti questi piacevoli ricordi
  • Mariano Argentieri - Progetto del faro porta la firma dell'architetto Saverio Dioguardi che in quel tempo portava a compimento anche la nuova sede del Reale (a quel tempo) Circolo Canottieri Barion.


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