di Giancarlo Liuzzi - foto Antonio Caradonna

 Tra art déco e liberty, la travagliata storia del Kursaal: il teatro che sta rinascendo
BARI – Fantasiosi dipinti, elaborate scritte art déco e minuziosi decori in pietra inseriti all’interno di una delle sale più prestigiose della città. È ciò che i baresi potranno ammirare all’inizio del 2021, quando lo storico teatro Kursaal Santalucia, attualmente in restauro, tornerà di nuovo a vivere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il gioiello dell’architettura liberty presente dal 1927 nel Quartiere Umbertino, a un passo dal lungomare Araldo di Crollalanza, è infatti vicino a ritrovare “pace” dopo una chiusura durata dieci anni. In attesa di quel momento, grazie alle giornate “Fai d’autunno”, abbiamo avuto la possibilità di visitare l’edificio, ancora occupato dal cantiere avviato nell’agosto 2019. (Vedi foto galleria)

Raggiungiamo quindi largo Adua, area della movida cittadina dominata dalla presenza del maestoso Palazzo Colonna e, appunto, dallo splendido Kursaal, struttura di cinque piani progettata dall’ingegner Orazio Santalucia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La facciata del politeama risulta però ancora coperta da impalcature che ne nascondono il prospetto grigio tripartito, scandito da un doppio ordine di paraste. La parte centrale più ampia, una volta “liberata” dalle sovrastrutture, potrà anche rivelare le sue grandi vetrate e la sinuosa scritta con il nome del teatro, oltre ai decori con altorilievi che richiamano maschere e suonatori di cetra a firma dello scultore Gennaro Pepe.

L’intento dei fondatori, i Santalucia, era quello di far concorrenza negli anni 20 agli altri teatri del “miglio barese” ispirandosi alle “kursaal” del Nord Europa: locali di ritrovo mondani con caffè e sale da ballo. Il politeama riuscì infatti a guadagnare subito fama proponendo un ricco cartellone di operette, recital e prosa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un successo che durò però ben poco. Già nel 1936 fu affittato da un’associazione fascista che gli cambiò nome in “Dopolavoro delle Forze Civili”, trasformandolo da palcoscenico elitario in un passatempo per la piccola borghesia che assisteva per poche lire a spettacoli di attori dilettanti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alla fine della Guerra, nel 1945, rivide il suo nome in “Cinema Teatro Adriatico” per poi diventare dopo soli due giorni “Cine Teatro Santalucia”, continuando così con la doppia attività di cinema e teatro. Sul finire dello stesso anno divenne “Cinema Enal” e solamente nel 1950 tornerà a chiamarsi “Kursaal Santalucia”, concentrandosi principalmente sui film.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1955, grazie a un grosso lavoro di ristrutturazione con conseguente ampliamento della sala da 700 a 1000 posti, il Kursaal tornò in parte a rivivere i fasti del passato, anche se nel corso del tempo perse sempre più importanza sino alla sua chiusura avvenuta alla fine degli anni 70, quando ormai proiettava poche pellicole di scarsa qualità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel 1981 ci fu però una svolta. Venne infatti acquistato all’asta, per 700 milioni di lire, dalla società Fabris di Antonio Buompastore, che nel 1985 avviò un considerevole restauro. Così il Kursaal rivide finalmente la luce, riaprendo il 12 settembre 1991, poco prima dell’incendio del Petruzzelli.


Per vent’anni godette di buona salute, vantando anche la direzione artistica di Gigi Proietti, sino al fatidico 2011, quando alcuni problematici lavori riguardanti le scale antincendio, uniti alle difficoltà economiche della società proprietaria, portarono a una nuova chiusura  e alla successiva messa all’asta del complesso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il foyer e i locali commerciali al piano terra furono così venduti a privati e trasformati addirittura in locali serali e ristoranti. L’altro lotto, comprendente il teatro vero e proprio oltre alla Sala Giuseppina, venne acquistato nel 2012 dalla Regione Puglia. Da quel momento però sul politeama calò il silenzio, sino all’agosto del 2019, quando finalmente fu presa la decisione di offire all’edificio una nuova vita. Partirono così quei lavori che dovrebbero restituire, nuovamente, il travagliato Kursaal ai baresi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non ci resta ora che andare a visitarlo. Entriamo attraverso il portone in legno di accesso, aggiunto nei restauri degli anni 80 dall’architetto Paolo Portoghesi. Ci troviamo così nel vano scala che porta ai piani superiori. Qui, sulle porte delle stanze laterali, sono visibili scritte art déco e sul pavimento in marmo si distinguono le iniziali del nome del luogo: K e S.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Saliamo così al primo piano dal quale, attraverso una porta, accediamo alla Galleria superiore. Da qui su possiamo avere una panoramica dell’intera sala. Si presenta con la classica disposizione del teatro all’italiana e tre ordini di palchetti laterali che portano al palcoscenico con platea centrale. Il “nuovo” Kursaal conterà su un totale di 400 posti e una platea meccanizzata con poltroncine ribaltabili che permetterà allo spazio di trasformarsi in un luogo per eventi e mostre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra mille impalcature spiccano alcuni elementi già ristrutturati. Ai lati del palco ad esempio svettano due pilastri arricchiti da paraste e fiori in pietra e da due allegorie scultoree ispirate alle arti. Reggono l’architrave scenica con riquadri vegetali chiusa al centro da un ricchissimo fregio a conchiglia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E poi ci sono gli splendidi soffitti dorati con motivi geometrici, illuminati da lampadari inseriti al centro di raffinati decori in pietra ed impreziositi da maschere teatrali, le stesse che troviamo anche come bassorilievi sui muri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Accediamo ora al secondo piano per andare a visitare la restaurata Sala Giuseppina, così chiamata dal nome della consorte del progettista Orazio Santalucia: Giuseppina Mastronardi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Parliamo di un sontuoso salone usato in passato per ricevimenti che ricorda le sale da ballo dei palazzi nobiliari. È illuminato da entrambi i lati da enormi vetrate ad arco di cui quelle interne, tagliate da un terrazzino con balaustra bianca, danno su un patìo adibito un tempo a roof garden ricco di piante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le pareti grigie e ocra, scandite da porte e colonne, sono dipinte lungo tutto il perimetro da dieci scene allegoriche a tempera dei fratelli Mario e Guido Prayer. Rievocano il mito e il simbolismo: scene naturali e fantasiose che richiamano i fondali scenici. Pavoni, centauri, danzatori e fiori dai tratti fiabeschi cedono poi il posto al cornicione superiore in pieno stile liberty, con decorazioni di coppe e fiori alternate a maschere mitologiche e simmetrici disegni geometrici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dal soffitto, anch’esso arricchito da fitte creazioni floreali, cadono infine cinque lampadari a bracci in ottone e vetro. Questi, assieme alle appliques sui muri, regalano calore a una stanza che, così come tutto il teatro, non vede l’ora di mostrarsi a Bari in tutta la sua rinnovata bellezza.  

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