di Eva Signorile

Alla scoperta del centro storico di Molfetta, il "brutto anatroccolo" del nord barese
MOLFETTA – Il centro storico di Giovinazzo, il lungomare di Bisceglie, la Cattedrale di Trani: sono le classiche e frequentatissime mete del litorale a nord di Bari. Un trio fortunato che da sempre conta un'unica esclusa: Molfetta, cittadina dal passato travagliato, da sempre considerata più un porto che un paese in grado di attrarre turisti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma in realtà questo borgo adagiato sul mare conta una notevole parte antica, un’area medievale colma di pittoresche viuzze e chiese secolari, caratterizzata da un inconfondibile duomo che sembra quasi galleggiare sull’acqua. Una zona in passato ostaggio dell'incuria e della criminalità, ma protagonista nell'ultimo decennio di una lenta ma costante rinascita. (Vedi foto galleria)

"Molfetta Vecchia" è una penisola circondata dall'Adriatico su tre lati. Fino all'800 l'acqua ricopriva anche quello meridionale, eccetto un piccolo istmo situato nella parte orientale: il che faceva del centro storico una vera e propria isola. Oggi al posto di quel canale c'è corso Dante, una delle vie più trafficate della cittadina. Ed è proprio da qui che inizia il nostro viaggio, all'altezza della statua dedicata a Giuseppe Mazzini, monumento svettante su una rigogliosa aiuola circolare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci muoviamo in direzione est. Sulla destra notiamo subito la chiesa di Santo Stefano, finita di costruire nel 1586. Incastonata tra i palazzi, presenta un evidente rosone in stile rinascimentale e un campanile dalla cuspide ottagonale, rivestita da maioliche colorate. É da questo edificio che, il venerdì santo, si muove la processione dei cinque "misteri", svolta nel cuore della notte in un'atmosfera a dir poco suggestiva.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A sinistra scorgiamo invece le antiche mura difensive che cingono la sponda sud del nucleo storico. La "muraglia" è interrotta solo dall'ingresso del borgo: l'arco della Terra. Lo varchiamo per un attimo, ritrovandoci in via Piazza, la strada principale. Dall'arteria si diramano sette viuzze a sinistra e altre sette a destra: ecco perchè si dice che l'area ha una pianta "a spina di pesce".

Prima di addentrarci però individuiamo sulla sinistra una piccola scalinata. La rampa porta proprio sulle mura, dove è possibile scrutare corso Dante dall'alto. In lontananza avvistiamo la chiesa di Santa Maria Assunta, cattedrale della città e nostra prossima meta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Torniamo dunque in piazza Mazzini e proseguiamo per una cinquantina di metri, ritrovandoci sulla destra l'imponente struttura sacra. Realizzata in pietra bianca nel 1744, reca sopra il portone d'entrata un finestrone rettangolare e, ancora più su, un sottile arco a tutto sesto che racchiude in una nicchia una statua di Sant'Ignazio di Loyola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L'interno è costituito da un'unica maestosa navata coperta da una volta a botte unghiata. Sulla sinistra due cappelle comunicanti custodiscono reliquie di don Tonino Bello, ex vescovo locale e San Corrado di Baviera, patrono della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Usciamo e continuiamo a camminare verso quello che era l'istmo della penisola. Di fatto siamo alla fine di corso Dante, che "muore" dinanzi alla facciata della chiesa del Purgatorio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lo stabile, in stile tardorinascimentale, fu consacrato nel 1667 e presenta nella parte bassa le sculture di quattro santi: Pietro, Stefano, Paolo e Lorenzo. Alle estremità della porta ne spuntano altre due, raffiguranti San Gioacchino e Sant'Anna. Al suo interno accoglie le statue in cartapesta protagoniste della processione del venerdì santo, organizzata dalla "terrificante" arciconfraternita della Morte.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alla sinistra dell'immobile si apre piazza Municipio. La percorriamo, entrando nel centro storico "vero e proprio". L'asfalto lascia il posto alle “chianche” bianche e ai tavolini di uno dei locali che da qualche anno animano finalmente la zona.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sul lato destro dello slargo si affaccia la Sala dei Templari, così chiamata per aver ospitato nel XIII secolo il leggendario ordine religioso: di fatto nel Medioevo era probabilmente un luogo di ricovero per i pellegrini in partenza per la Terrasanta. Oggi si articola in due corridoi sovrastati da una successione regolare di arcate a tutto sesto, impreziositi da mostre d'arte estemporanee.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Sulla piazza insiste anche il cinquecentesco palazzo Giovene, sede del Comune e della siloteca, l'unico museo del legno del sud Italia: qui è esposta una bacchetta del direttore d'orchestra Riccardo Muti, che proprio a Molfetta trascorse la sua giovinezza. Il municipio è fiancheggiato a sinistra dalla chiesa di San Pietro, rifatta in stile barocco, ma costruita nel lontano 1184.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A destra si snoda invece la stretta via Morte, che prende il nome dal tempio risalente al XVII secolo, contraddistinta da un teschio in bassorilievo che risalta sopra l'entrata. Il suo interno, fatta eccezione per uno scheletro inciso su una parete, si presenta spoglio. Sul pavimento, coperto da un vetro, si intravede il motivo per cui l'edificio ha un nome così cupo: una fossa, comunicante col mare, nella quale secoli fa l'arciconfraternita predetta depositava i corpi dei defunti, facendoli scivolare in acqua.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Continuiamo a scarpinare lungo via Morte. Qualche decina di metri ancora e, incastrata tra le palazzine, parte una piccola scalinata che ci porta sull'approdo di Sant'Andrea, dove i claustrofobici vicoli lasciano spazio al panorama che si apre sul mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La caletta, fino a pochi anno fa utilizzata come parcheggio selvaggio, è oggi sgombra di auto e consente di ammirare il paesaggio circostante. Sulla destra, a picco sulle onde, svetta il possente Torrione Passari, fortificazione circolare che "consolidava" il sistema di torri costiere di avvistamento spagnole del 500.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di fronte all’Adriatico si innalza l'ala sinistra dell'indiscusso simbolo cittadino: il duecentesco duomo di San Corrado, pregevole esempio di romanico pugliese. Il paretone è scandito da mensole, sormontate da vistosi archi decorativi: il motivo si ripete anche nella facciata retrostante, dove spunta anche un curioso mascherone, abbellimento dal quale probabilmente sgorgava l'acqua piovana. Da qui sono ben visibili le sue due caratteristiche torri, con quella lato mare ideata per fungere da vedetta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dalla caletta svoltiamo poi a sinistra, giungendo dinanzi all’entrata principale, quella più spoglia, che si affaccia sul porto cittadino. Sul muro esterno balza all'occhio un'acquasantiera singolare, con un "moro" che sorregge un bacile. L'interno, a pianta basilicale asimmetrica, accoglie delle colonne dalle decorazioni raffinatissime, con figure umane e vegetali che adornano i tanti capitelli.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Usciamo dall'edificio, allontanandoci un attimo dall'ingresso. Dalla vicina banchina Seminario, nei pressi della casa-museo Poli, abbiamo la possibilità di gustarci la classica visione "da cartolina" di Molfetta: il duomo stesso, affiancato da palazzo Dogana (restaurato da pochissimi mesi), con le barche dei pescatori in primo piano.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di fronte si dipana il braccio del porto che conduce al faro borbonico, la nostra ultima destinazione. Dai suoi 25 metri di altezza possiamo congedarci dalla città nel migliore dei modi: i nostri occhi godono infatti di un'ultima vista del centro storico, dei cantieri navali e, più in lontananza, del santuario della Madonna dei Martiri, meta di pellegrinaggi e fulcro del culto della "Madonna del tremolio".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un misto di arte, fede e tradizioni che assieme all'apertura di nuovi locali sta pian piano riscattando il borgo antico. Molfetta insomma potrebbe finalmente smettere di rappresentare il "brutto anatroccolo" del nord barese. I "cigni" limitrofi sono avvisati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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