di Carlo Maurantonio - foto Antonio Caradonna

Scritte sataniche, feste notturne e tanto verde sprecato: è il Boschetto delle Fate
MODUGNO - Scritte inquietanti, muri sporchi di sangue e voci che lo indicano come il principale punto di incontro delle sette sataniche nell’hinterland barese. È questa l'aura di terrore che avvolge il "boschetto delle fate", una zona verde che si trova da settant’anni nel territorio di Modugno, non lontano dallo stadio San Nicola. Una lugubre fama sulla quale indagammo cinque anni fa, avventurandoci per la prima volta in questo luogo colmo di riferimenti al diavolo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oggi però non vogliamo soffermarci su queste “leggende metropolitane”, bensì su quello che il boschetto effettivamente rappresenta, ovvero una rara area densa di splendidi alberi sempreverdi: un sito che potrebbe essere sfruttato per passeggiate e picnic, ma che da decenni versa purtroppo in un totale stato di abbandono.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche se a frequentarlo, perlomeno di notte, ci hanno pensato nel corso degli anni generazioni di ragazzi che qui hanno organizzato rave party e serate ad alto grado alcolico (si vedano i commenti al nostro articolo del 2013).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un posto quindi che tra strane storie, scritte inquietanti, ricordi di gioventù e tanto verde sprecato, merita di certo una visita.  (Vedi foto galleria)

Per arrivare alla foresta bisogna imboccare la provinciale 236 che porta a Bitritto, per poi prendere l’uscita "Parco Adria". Ci ritroviamo così sulla complanare: avanziamo per un altro chilometro e poi, subito dopo essere transitati sotto un ponte, giriamo a destra in una strada denominata "svincolo Bari sud". La lingua d'asfalto scavalca l'autostrada e si restringe, portandoci dopo un altro chilometro e mezzo a destinazione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Eccoci quindi davanti a un cancello d'ingresso in ferro arrugginito: per raggiungerlo però bisogna superare una vera e propria collinetta di spazzatura composta di buste di plastica, pezzi di infissi, mattoni e assi di legno. L'inferriata è chiusa, ma sulla destra un'apertura tra due colonne agevola la nostra entrata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Muoviamo i nostri primi passi su un sentiero che si fa largo tra la vegetazione incolta, "sorvegliati" a distanza da alti pini piantati tra gli anni 40 e 50 del Novecento. «Risale infatti a quell'epoca la creazione del bosco – ci spiega l'esperto del territorio Nicola De Toma -. Quest’area è attraversata da tre lame: gli alberi furono quindi portati qui per frenare le acque convogliate dagli antichi solchi, in modo da non far allagare le campagne circostanti». Si tratta perciò di una foresta presente a Bari sin dal Dopoguerra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Continuiamo a camminare in una fitta vegetazione, quando sulla destra incontriamo un primo casolare, circondato da detriti di ogni genere. Sulla facciata spiccano scritte volgari, affiancate da un pentacolo rosso, simbolo caro soprattutto ai cultori del demonio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La passeggiata però prosegue tranquilla, allietata dal canto degli uccelli e da un piccolo viottolo che incrociamo in prossimità di un cactus. Anche se a un certo punto notiamo un albero spezzato, il cui tronco sembra essere stato tagliato a colpi di accetta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ed ecco che intravediamo la più grande costruzione del bosco: una struttura su due livelli mai portata a termine. «Sarebbe dovuto essere un ristorante - evidenzia De Toma - ma anni fa i lavori furono interrotti senza più essere ripresi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ci avviciniamo al piano terra, leggendo su una colonna la poco rassicurante scritta "rip", abbreviazione di "riposa in pace", con sotto una croce nera. Entriamo e ad accoglierci troviamo il disegno di un demone che piange sangue. E mentre vaghiamo su un pavimento ricoperto da polvere e pietre, ci sorprendiamo del contrasto tra lo scheletro senza vita di questo immobile e la rigogliosa foresta che lo circonda.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo aver superato i resti di alcuni massi ricoperti dalla cenere, segno di un recente falò, percorriamo una scala senza corrimano che ci porta sul terrazzo, dal quale ammiriamo la spettacolare pineta che ci accerchia all'esterno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Prendiamo una boccata d'ossigeno e torniamo sui nostri passi, "immergendoci" infine nel piano interrato. Anche qui la musica non cambia, con le pareti violate da avvertimenti quali "i dannati saranno ricompensati con le fiamme" e con scritte recanti il numero del diavolo: il 666. E poi detriti ovunque, ammassi di rifiuti e un materasso, forse di un senzatetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Usciamo finalmente dall'edificio e tra gli alberi individuiamo un barile incendiato, con all’interno numerose bottiglie di alcolici. Ci fermiamo e ci sovvengono le parole di Ercole, uno dei tanti lettori che aveva commentato il nostro vecchio articolo: «Ci sentiamo tutti padroni di questo posto incantato, ma perchè non capiamo che lo stato di degrado è ingiudicabile per quanto sia basso? Ecco qual è il vero regno del male».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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