Bari, la zona del Sacrario: dove campi e contadini resistono all'avanzare della città
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martedì 19 dicembre 2017
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di Ilaria Palumbo
Così come per la parte più periferica del quartiere Poggiofranco, anche qui sono presenti anziani contadini che con sudore e pazienza continuano imperterriti a far crescere finocchi, carote e zucchine. Siamo andati a esplorarla. (Vedi foto galleria)
Il nostro viaggio parte dall’ultimo tratto di viale Japigia, lì dove dopo aver superato la zona più antica del quartiere nata negli anni 50 e alcuni particolari complessi di case popolari, la strada prende il nome di via Gentile e si estende fino ai confini della città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
In questo punto possiamo già notare il primo esempio di “campagna in città”: un orticello che praticamente affianca la strada e che in mezzo a uffici, concessionarie e stazioni di servizio continua a essere coltivato da un irriducibile contadino non curante dell’espandersi della “modernità”. Di fronte al massiccio edificio marroncino dell’Ordine degli Ingegneri spunta infatti questo appezzamento inserito in una bassa isola spartitraffico che si allarga a forma di cono e i cui colori invadono la grigia strada.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
I campi sono separati dal marciapiede unicamente da una rete in ferro, che costeggiamo avvertendo subito il forte odore del cavolo, che dominca su quello degli scarichi delle auto che ci passano accanto. Il fondo scuro è puntellato da sporadiche foglioline appena nate, vicino alle quali crescono rigogliosi ciuffi di cicorie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Qui troviamo, mentre è intento a zappare la terra, il 74enne Peppino, l’instancabile proprietario che nonostante l’età ha ancora forza e voglia di lavorare. Ci invita a entrare attraverso il cancello aperto facendoci cenno con le mani ricoperte di terreno e con un gran sorriso stampato sul volto segnato dal tempo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Questo campo appartiene alla mia famiglia da generazioni – ci dice l’uomo -, quando ancora non esistevano i grandi palazzi che ora lo circondano. Sono praticamente nato e cresciuto qui e all’età di 5 anni ho iniziato a lavorare imparando il mestiere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Mentre l’anziano racconta la sua routine, ci esorta a seguirlo per mostrarci gli ortaggi che costellano l’agro, estraendo in quel momento una grossa carota arancione. «Vengo qui dalle 6 di mattina fino all’ora di pranzo – afferma -, ma d’estate anche dalle 3 per andarmene nel pomeriggio inoltrato. Coltivo di tutto: finocchi, fagiolini, zucchine, pomodori, cavoli, carote gialle, cicorie, carciofi e melanzane».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci mostra infatti orgoglioso un grande mazzo di cicorielle, che assembla a mo’ di bouquet. «Questo è un punto favorevole in città perché molto frequentato – continua Peppino – e mi permette di avere molti clienti, soprattutto persone che abitano nei dintorni che comprano da me per la genuinità dei prodotti. Purtroppo siamo nove fratelli ad averlo ereditato e mi stanno spingendo a vendere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Salutiamo il contadino e proseguiamo il nostro cammino verso la periferia. Arriviamo su un piccolo ponte delimitato da sbarre rosse che sovrasta il torrente Valenzano, la lama che partendo dall’omonimo paese arriva fino al mare, “aiutata” dall’opera artificiale del canalone del quartiere japigino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Attraversiamo il ponticello e ci ritroviamo sulla destra davanti ai campi che costeggiano il Sacrario Militare, talmente vasti che di contro all’asfalto grigio ora è il marrone della terra a essere diventato improvvisamente il colore predominante. L’appezzamento è segnato da serpentine nere, fiancheggiato da una stretta striscia verde e da filari di vite ricoperti da foglie rosse e gialle.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
L’aria in questo punto è più pulita e ci sembra di essere non in città ma in aperta campagna, se non fosse per i clacson delle auto che sfrecciano alle nostre spalle e le slanciate palazzine della nuova Japigia nata negli anni 70 e 80 che si ergono imperanti sullo sfondo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il Sacrario Militare dei Caduti Oltremare è un po’ il simbolo di questa zona: cimitero aperto nel 1967 che custodisce le spoglie dei soldati italiani caduti durante la Seconda guerra mondiale. Un sito solenne, austero e silenzioso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma nonostante la presenza del luogo sacro, la campagna non si fa scoraggiare e anzi si estende per numerosi ettari: accanto sorge infatti un altro campo coltivato in dolce pendenza. Qui è l’intenso verde del prezzemolo a farla da padrone, in contrasto con il colore bianco del cimitero appena oltrepassato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Proprio sull’altro lato della strada invece, in contrapposizione al curato terreno appena intravisto, spunta un pezzetto di terra più disordinato introdotto da due colonne in pietra a ridosso della strada, in fondo al quale compare un vecchio rudere dello stesso materiale. Attraversiamo il vialetto e arriviamo su un grandissimo campo arato. L’agro si trova proprio accanto all’erba sintetica di alcuni campi di calcetto, al cui fascino è però riuscito a resistere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ci inoltriamo alla ricerca del proprietario.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Al centro, con stivali, cappello di lana e ricurvo a raccogliere gli ortaggi, troviamo Matteo, altro anziano agricoltore che nonostante i 70 anni di età non sembra avvertire la fatica che comporta questo mestiere. «Ho iniziato a lavorare a sette anni – ci dice il contadino -, passando da un campo all’altro fra Fesca e Palese, fino a che non ho comprato questo qui a Japigia 20 anni fa e dove ora coltivo cicorie, bietole e cavoli che vendo al mercato generale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ritorniamo su via Gentile e imbocchiamo sulla sinistra strada Torre del Diavolo, un viottolo che costeggia orti di cicorie e cavoli affiancati da un edificio in cemento dalle linee squadrate che cozza con lo scenario circostante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Dopo aver camminato per quasi 400 metri ecco che arrivati alla fine della strada notiamo come il terreno si interrompa bruscamente in corrispondenza dei binari della ferrovia: le foglie dei cavoli spuntano a pochi passi dal ferro delle rotaie senza che alcun muro separi le due zone. Proprio mentre stiamo andando via vediamo sfrecciare un treno ad alta velocità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo ormai alla fine del nostro viaggio ma ci spingiamo ancora un po’ oltre sulla trafficata via Gentile, per farci sorprendere da un panorama che assume i tratti di un quadretto dipinto. Sulla nostra sinistra si apre una sconfinata e ridente distesa di margherite bianche e gialle fra il verde brillante dell’erba, che crescono indisturbate alla periferia di Bari, resistendo al prepotente avanzare della grande città.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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