di Carlo Maurantonio - foto Antonio Caradonna

Laghetti, uccelli e natura selvaggia: a Bari c'è il sorprendente Canalone di Japigia
BARI - Si snoda tra svariati paesaggi urbani e rurali, accoglie un laghetto sconosciuto ed è un vero e proprio paradiso per gli amanti del birdwatching. Parliamo del quasi sconosciuto e sorprendente Canalone a sud di Bari, quello che parte da via Caldarola e tagliando a metà il quartiere Japigia sfocia dopo un chilometro nel mar Adriatico, all'altezza del lungomare Di Cagno Abbrescia. (Vedi foto galleria)

Si tratta dell’ultimo tratto di Lama Valenzano rinforzato da argini costruiti negli anni 30  per prevenire tristi alluvioni come quelle che avevano martoriato la città nei decenni precedenti . Fu ideato nello stesso periodo del ben più grande e "famoso" canalone del rione San Girolamo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per scoprirlo partiamo dalla zona 45 del rione Japigia. Qui la lama corre parallela a via Archimede e grazie a uno scalino di cemento che abbassa il solco di qualche metro, si "getta" letteralmente sotto un ponticello che interseca via Caldarola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il "canyon" antropico comincia così, costeggiato a destra da via Martiri di Marzabotto e a sinistra da via Peucetia. Imbocchiamo quest'ultima arteria, osservando come in quest’area risulti difficoltoso scendere sul letto del canale: l'argine è alto, ripido e ricoperto da una fitta vegetazione, senza contare che il terreno sottostante è stato reso fangoso dalle recenti piogge.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Rimaniamo quindi su via Peucetia, lì dove i palazzi di fatto si affacciano sulla lama e dopo aver scarpinato per circa 250 metri siamo costretti a piegare verso sinistra per raggiungere dopo 10 minuti di cammino via Divisione Acqui, strada dove un tempo si svolgeva il "mercatino dei polacchi". In questo modo ci siamo riportati nuovamente a ridosso della depressione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da questa posizione il pendio appare decisamente più dolce. Oltrepassiamo dunque il terrapieno, ritrovandoci in una distesa di arbusti selvatici. Dinanzi a noi si staglia un altro cavalcavia, quello di via Gentile e volgendo dietro lo sguardo avvistiamo i palazzi che insistono su via Caldarola e le sue traverse: di colpo siamo passati da un panorama urbano a uno scenario di campagna. Il terreno è per fortuna privo di rifiuti, grazie a una pulizia straordinaria effettuata l'anno scorso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Risaliamo su via Divisione Acqui e finiamo di percorrerla, sbucando sulla trafficata e al contempo “bucolica” via Gentile. Giriamo a destra e dopo una manciata di metri raggiungiamo il viadotto che avevamo osservato poco prima dal basso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«In questo punto negli anni 60 e 70 molti baresi trascorrevano abitualmente la Pasquetta – ci dice l’esperto del territorio Nicola De Toma -. Gli spazi verdi presenti, un tempo curati e persino coltivati, fungevano da location perfetta per i picnic delle famiglie e le partite di calcio improvvisate tra ragazzini».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Il tutto è testimoniato in un prezioso video caricato su YouTube da Claudio Bottalico, girato il giorno successivo alla Pasqua del 1962 (vedi video).

Ci affacciamo da via Gentile, scrutando in lontananza un terzo ponte: è quello della linea ferroviaria che separa in modo "brutale" Japigia dal vicinissimo mare. Tra noi e la nuova meta però ci sono dei terreni privati che non possiamo attraversare. Per avvicinarci alla destinazione ci spostiamo in auto, aggirando i binari tramite il ponte Garibaldi e parcheggiando in via Ballestrero, accanto a Parco Perotti. Da qui una viuzza sterrata ci porta proprio accanto al passaggio sul quale sfrecciano i treni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo sul lato sinistro della lama e proprio mentre passa un convoglio notiamo come in questo tratto la vegetazione sia decisamente più rigogliosa e selvaggia. Scendiamo una piccola scalinata in pietra e tra i pilastri del sovrappasso, nonostante la presenza di rifiuti ingombranti, scopriamo con grande stupore una fonte di acqua dolce che dà origine a un vero e proprio laghetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra i fitti giunchi di palude ammiriamo una garzetta che plana su una pianta. «È un posto ignoto alla maggior parte dei baresi - spiega l'ornitologo Giuseppe Nuovo - ma non agli amanti del birdwatching: in quest'area è infatti possibile osservare aironi, mignattai, anatre di superficie, rallidi, cavalieri d'Italia, pavoncelle e altri uccelli che sfruttano la sorgente per abbeverarsi e riposarsi durante le migrazioni».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lo specchietto d'acqua si protrae fin sotto l'ultimo ponte del fossato, quello del lungomare Di Cagno Abbrescia, lambendo praticamente la foce. La sua esistenza è dovuta proprio all'estrema vicinanza con il mare. «È un fenomeno che ho registrato negli ultimi trent'anni - sottolinea il geologo barese Antonello Fiore -. La falda di acqua dolce è spinta verso l'alto da quella marina sottostante: quest'ultima si sta sollevando gradualmente, innalzando a sua volta sempre più la prima».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Risaliamo la rampetta e fiancheggiando il pezzo di canale invaso dal lago dopo qualche centinaia di metri approdiamo così sulla zona di sbocco, purtroppo puntellata dall’immondizia. E arriviamo così sul mare, lì dove l’acqua dolce si mescola a quella salata: siamo alla foce del canalone, in una zona delimitata da due ampie scogliere. «Anche qui ci si può imbattere in numerose specie di volatili - aggiunge Nuovo -: vi fanno tappa cormorani, strolaghe mezzane, svassi, anatre tuffatrici, volpocahe e limicoli».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Saliamo infine sul lungomare, fissando con lo sguardo, attraverso una ringhiera metallica, il canalone appena scandagliato. Il nostro viaggio termina proprio in questo punto suggestivo, dove la fauna si fa largo impavida tra i rifiuti dell'uomo e il vento mescola le onde marine con l'acqua di un inedito lago.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Nel video la Pasquetta del 1962 trascorsa da alcuni baresi nel canalone di Japigia:



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  • Giorgia - Incredibile il fatto che molti cittadini non siano a conoscenza di molti luoghi della propria città! Per fortuna ci sono persone che con passione cercano di renderceli noti. Articolo molto interessante e scritto bene!
  • Gabriele Fortunato - La foce del Canalone Japigia è la mia meta preferita quando faccio birdwatching. Il periodo migliore è primavera, quando i migratori effettuano una sosta nella zona per riposarsi e per rifoccilarsi prima di ripartire.
  • Nicola - Ci sono nato nel canalone abitandoci vicinissmo a metà strada tra il primo cavalcavia che collega il polivalente e il primo ponte così lo kiamavano perke il cavalcavia del polivalente con annessa strada nn c'era ce una galleria ke attraversa buona parte della città noi la esploravamo con delle torce era il nostro territorio di caccia prendevamo di tutto e di più ke infanzia


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