di Alessia Schiavone

Dalla Sirenetta al Mokador, dai bikini alla Motta: un tuffo nella Bari degli anni 60
BARI – Il movimento giovanile, l’esplosione della moda, i primi juke box, il rock and roll. Sono i tratti tipici dei favolosi anni 60, quelli che segnarono il definitivo risveglio dell’Europa e dell’Italia dopo anni dominati da dittature, guerre e faticose ricostruzioni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’onda arrivò anche a Bari, che accolse la nuova gioia di vivere con locali, bar, ristoranti e tante feste, mentre ragazzi in blue jeans e minigonne passeggiavano spensierati tra le vie della città, magari accompagnati dalle scenette e battute del mitico artista di strada Piripicchio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Attraverso una serie di foto d’epoca reperite grazie alla pagina Facebook “Bari…tanto tempo fa” e con l’aiuto dell’appassionato 78enne Paolo Marturano (vedi foto galleria), abbiamo cercato di ricostruire la vita (soprattutto ludica) del capoluogo pugliese in quegli anni, così come fatto in precedenza per la Bari degli anni 20 e 30, quella che visse la Seconda Guerra Mondiale e la città che attraversò il Dopoguerra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I Ristoranti – Il lungomare sud di Bari, dominato oggi da prostituzione, edifici diroccati e accampamenti rom, un tempo era molto “vivace”. Erano due i punti di riferimento per chi voleva festeggiare eventi importanti o semplicemente pranzare a due passi dal mare: il Transatlantico e La Sirenetta, strutture che furono poi abbattute tra la fine degli anni 70 e gli anni 80.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il primo si trovava dove adesso inizia Torre Quetta, a circa cento metri dalla foce del torrente Valenzano, mentre il secondo era situato poco dopo l'attuale lido "Il Trullo".Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il Transatlantico era un elegante ristorante sul mare - racconta il 66enne Mario-. Vi erano tre sale: quella centrale, la sala Capri e la Sanremo, più una veranda immensa incastonata sugli scogli». «Come dimenticare gli oblò lungo la facciata, le mattonelle rosse e blu e le balaustre sulla scalinata- aggiunge il barese Nino-. Ci passavo sempre davanti quando ero piccolo e ammiravo quell’enorme edificio sulla costa».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
 
La Sirenetta invece, proprietà dei fratelli Vincenti e progettata dagli architetti Chiaia e Napolitano, era il ristorante dei matrimoni. In tantissimi infatti la sceglievano come location per il proprio "grande giorno". «Fu lì che sentii cantare dal vivo Peppino di Capri e Patty Pravo», ricorda entusiasta la 70enne Antonella. I due cantanti frequentavano spesso quel posto assieme a band locali come gli Hugu Tugu.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I Bar - Ma se questi erano i posti delle occasioni speciali, i giovani preferivano chiaramente i cinema (in un altro articolo elencammo le vecchie sale della città) come l'allora funzionante Margherita e i bar. Abbiamo già parlato della Latteria Principe situata tra via Cardassi e via Abbrescia: nato come caseificio negli anni 60 divenne un bar molto frequentato nella zona dell’Umbertino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche se la vera zona nevralgica della “movida” barese era Corso Cavour, oggi molto meno vitale rispetto al passato, che accoglieva tra gli altri il Grand’Italia, il Mokador (collocato all’angolo via Imbriani) e il Savoia (l’attuale Saicaf). Sulla terrazza di quest’ultimo c’era addirittura un cinema all'aperto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Il Mokador era aperto tutta la notte - ricorda la 73enne Maria Pia - e oltre il caffè vendeva anche le sigarette». «Era anche il punto di ritrovo di camerieri e cuochi che, dopo aver finito di lavorare nei ristoranti, si intrattenevano lì fino a notte fonda», aggiunge Mario.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


E naturalmente sempre sulla stessa strada, ad angolo con corso Vittorio Emanuele, imperava il grattacielo della Motta, costruito nel 1955 ed ora sede di negozi e uffici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Le Feste – Ma il clou della settimana per i ragazzi dell’epoca erano le feste, che a differenza di ciò che avviene ora venivano organizzate soprattutto in casa. «Si iniziava dal lunedì a cercare l’abitazione in cui allestire l’evento – sottolinea Paolo Marturano -. La festa cominciava verso le 18 e finiva intorno alle 22 perché le ragazze dovevano ritirarsi». Ci si divertiva ballando oltre il rock, anche il twist, l'hully gully, il limbo, il cha cha cha e lo shake.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le “Discoteche” – C’erano naturalmente anche locali notturni (antesignani delle discoteche) per giovani più benestanti, che potevano permettersi quote d’ingresso e cocktail. Tra i primi ci furono la Tavernetta del Palace Hotel, dove riscuoteva gran successo Mario Petrone con il suo rock napoletano e furoreggiavano le feste a tema e il Cellar, inaugurato nel 1968 in Via Principe Amedeo che ospitava serate di danze e spettacoli ed esibizioni di complessi tra i quali il gruppo barese “Southern Jazz Ensamble”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le Spiagge - Con l’arrivo dell’estate poi tutta Bari si riversava a nord del centro, lì dove c’erano i lidi più importanti e le spiagge più frequentate. I tempi di Rosamarina, Torre Canne e del Salento dovevano ancora arrivare e all’epoca era proprio la costa settentrionale della città ad essere più battuta. Nella zona tra la Fiera e San Girolamo spopolavano il Trampolino e San Francesco, stabilimenti ancora esistenti ma non più in auge come in quegli anni.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il primo,  nato intorno agli anni 50 con il nome Lido Eden, era quello frequentato dalla cosiddetta “Bari bene”, mentre il secondo era molto più popolare. Sorto negli anni 30 come spiaggia del Levante, San Francesco era collegato alla città da un filobus ad hoc: il “PL” (Petruzzelli-Lido).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Fu proprio in questi stabilimenti che le donne baresi iniziarono a sfoggiare i primi bikini, segno di una vera e propria rivoluzione del costume. «Guardavamo furtivamente le signore spogliarsi nelle cabine attraverso i buchi e le fessure di legno - raccontano Paolo Marturano e Vito Raimondo -, e poi le vedevamo uscire in costume da bagno».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I Negozi – In quegli anni poi via Sparano non era ancora diventata zona pedonale ed era percorribile dalle macchine in entrambi i sensi. Già comunque all’epoca era questa la strada dei negozi, la maggior parte dei quali però nel corso degli ultimi decenni ha chiuso i battenti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«C’erano i grandi magazzini Upim, all’interno del palazzo della Rinascente ad angolo con via Piccinni - racconta nostalgico il 65enne Costantino -. E poi tanti piccoli esercizi commerciali come Simone, un negozio di abbigliamento per bambini che si trovava di fronte alla chiesa di San Ferdinando o quello di scarpe con la famosa  pubblicità “Cammina, cammina, chi calza Leopoldina”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E poi il venditore di dischi Ranieri la fornitissima merceria Maggi e le boutique d’alta moda Betta e Mincuzzi, il cui palazzo in stile liberty ancora esistente è stato occupato oggi dalla multinazionale Benetton.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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  • MICHELE - Mi ricordo bene il negozio Simone, era chiaramente una struttura anni 50-60, eppure a me che ero bambino nei primi 80 piaceva molto. Aveva una vetrina motorizzata con degli scaffali in legno che scorrevano verticalmente...all'interno c'era una bellissima giostrina in legno con dei cavalli (o altri animali?) ancorata a un palo centrale, fatta per tenere buoni i bimbi e per far indossare loro le scarpine...solo che io rimanevo deluso perchè mi aspettavo che partisse e girasse, ma era fissa. Poi ti facevano indossare i pantaloncini e prendevano la misura della gamba con una specie di pompetta a piantana che spruzzava polvere di gesso lasciando una tacca bianca sul tessuto. Oggi Via Sparano è solo una vetrina del vuoto pneumatico, poche multinazionali che trovi dappertutto e negozi fotocopia di cui non si capisce la funzione, tutto il resto è un deserto di crisi. Questa città poteva avere un futuro, ma come si dice a Napoli, "si è mangiata la pecora con tutta la lana".
  • mario - nel 1962 secondo liceo classico eravamo in 5...coi pochi soldi cenammo alla SIRENETTA...Rubammo gli stuzzicadenti ...4 camerieri erano dietro che sorridevano per il nostro provincialismo


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