di Francesca Canonico

Bikini e abiti attillati: a Bari un museo del costume celebra la scandalosa donna anni 50
BARI - Ben 37 preziosi abiti da donna ideati per la collezione estiva del 1957, giunti fino ai giorni nostri praticamente intatti. È l'insospettabile tesoro racchiuso in un locale del quartiere Poggiofranco di Bari: una pregiata raccolta di vestiti d'epoca, testimonianza della grande rivoluzione dell'abbigliamento nel Dopoguerra che mise in risalto le forme femminili come simbolo di rinascita e fertilità, in sintonia con il boom economico e demografico di quegli anni. (Vedi foto galleria)

Gli "scandalosi" capi si trovano in un appartamento al piano rialzato di via Mauro Amoruso dove ha sede il Crasmi, acronimo di Centro ricerche analisi studi mode Italia. Il presidente di questa associazione è il barese Giuseppe de Mario: è lui ad accompagnarci alla scoperta di questo inedito pezzo di storia della moda.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Questi locali esistevano molto prima che il rione fosse costruito - racconta Giuseppe mentre ci fa entrare nel suo piccolo "museo del costume"-. Qui dentro, quando attorno c'era solo campagna, mio padre Vincenzo fondò nel 1946 l'azienda di famiglia che si riforniva di eleganti modelli dalle case di moda cercando poi di rivenderli ai singoli clienti. Una volta dismessa l'attività, alcuni di quei vestiti sono stati donati all'associazione, che ha il compito di preservarli e celebrarli come veri e propri beni culturali e di mostrarli al pubblico in sfilate organizzate all’interno di eventi cittadini».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L'impresa mosse i suoi primi passi in un periodo di grandi cambiamenti nel costume del gentilsesso. Era evidente infatti l'abbandono di quegli indumenti scuri e neutri in voga prima del conflitto, atti a creare una "massa informe" per le assemblee fasciste, che stavano cedendo il passo a tessuti più attillati, colorati e assemblati lasciando sempre più scoperto il corpo femminile. Le stoffe erano comunque abbastanza spesse in quanto andavano a comporre abiti da sfruttare fino allo stremo. «Poche erano le donne che potevano permettersi frequenti cambi di look – spiega Giuseppe -. Al massimo riuscivano a indossare un accessorio per diversificare il loro aspetto nei limiti del possibile».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tra un aneddoto e l'altro de Mario ci guida negli ambienti del Crasmi. Scendiamo una rampa di scale e approdiamo in una piccola sala conferenze: in fondo al vano spicca una tenda, evidentemente posta all'ingresso di alcuni camerini. «Qui avevano luogo le varie sfilate per presentare le collezioni», svela il nostro "cicerone", prima di condurci nella stanza più attesa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Giungiamo infatti nella camera che contiene le 37 rarità sessantennali, sistemate con cura su un appendiabiti con le grucce originali dell'epoca. Attorno a esse spiccano una miriade di altri oggetti d'annata come le valigie di rappresentanza degli anni 50 usate dai de Mario e alcuni grossi fascicoli del giornale "Grazia", che un tempo veniva impaginato e rilegato quasi si trattasse di una enciclopedia. Giuseppe comincia a sfilare pian piano tutti i capi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

C'è un bikini modello "Capri", uno dei primi costumi da bagno che lasciavano scoperto l'ombelico. E' abbinato a una giacca copricostume con maniche a tre quarti: entrambi i pezzi sono dominati dal color turchese, un chiaro richiamo al mare dell'isola campana. Non meno affascinante è il "Glicine", abito lungo in pura seta bourrette con bottoni in corno a chiudere il collo e l'ampia tasca. La cinta e le doppie pieghe laterali esaltano i fianchi, dando l'idea di un corpo pieno e sinuoso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sotto i nostri occhi poi finisce il "Giglio blu", sgargiante esemplare caratterizzato da gigli azzurri sfumati su uno sfondo marrone. «Si tratta di un "due pezzi" - illustra Giuseppe -. È composto da un abito con grossi bottoni e una vistosa plissettatura (cioè una serie di pieghe strette e regolari che si irradiano come raggi di sole) e da uno spencer, ossia un giacchino tagliato all'altezza del seno. Quando la donna faceva a meno dello spencer rimaneve con le spalle scoperte dalle bretelle, rendendosi allo stesso modo comoda e sensuale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La nostra sfilata "ideale" prosegue con il "Safari", sofisticato capo in bourette di lino beige con scollo asimmetrico, manica con taglio america (cioè poco sotto la spalla) e pieghe create con ricami e  sulla parte centrale della gonna. Poi è il turno di un altro "due pezzi", vale a dire lo "Zeus", formato da un abito con maniche a tre quarti e un particolare soprabito noto come "spolverino", entrambi con tonalità di verde e blu tanto in voga in questo inverno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Chiudiamo con quello che forse è l'esemplare più raffinato, il "Nuvola".  «È un vestito da cerimonia - conclude l'esperto - contraddistinto dal busto in crepe Georgette, un tipo di seta realizzato in modo da apparire increspato. Il rosso intenso del tessuto, anche se ingentilito dal fiocco posto all'altezza della vita, sottolinea il corpo dell'intraprendente donna anni 50, pronta a prendersi il suo posto nella società uscita dalla Guerra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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