di Francesco Sblendorio

Se il Bari dovesse fallire: opportunità o condanna alla mediocrità?
BARI - C’è un pensiero nascosto, forse nemmeno tanto, che serpeggia da tempo tra i tifosi del Bari. Visti i risultati deludenti, le scarse prospettive future e i troppi tentativi di cessione della società finiti nel nulla, non sono pochi i supporters biancorossi che sperano in un fallimento della società. «Meglio un paio d’anni nelle categorie inferiori per risalire con un progetto nuovo, che andare avanti così con i Matarrese», pensano in molti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma sarebbero davvero solo pochi anni di purgatorio? Abbiamo fatto un tuffo nella storia del calcio italiano degli ultimi 20-25 anni e siamo andati a vedere cosa è successo a molte società professionistiche costrette a dichiarare fallimento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Alcune in effetti si sono riprese molto velocemente. È il caso per esempio di Napoli, Fiorentina, Torino e Avellino. I partenopei, falliti nel 2004, dopo soli 3 anni erano di nuovo in serie A. I viola invece, crollati in C2 nel 2002, nel giro di un paio d’anni tornarono in massima serie e nel 2007 calcavano già i campi internazionali. I granata videro vanificata la promozione in A ottenuta nel 2005 e nella stagione seguente si ritrovarono di nuovo in B. Ma durò solo un anno: nel 2007 il ritorno in A si potè festeggiare davvero. Nel 1987, mentre il Napoli di Maradona vinceva il suo primo scudetto, di certo non sfiguravano i suoi “cugini” dell’Avellino, ottavi in serie A. Poi tra gli anni 90 e 2000, gli irpini si trasformarono in classica squadra “ascensore” tra B e C1, fino al fallimento del 2009. Ma in soli 4 anni, grazie anche a un paio di ripescaggi, i bianco-verdi sono tornati in cadetteria.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma non basta avere una storia importante e giocare in una grande città per assicurarsi un rapido ritorno nelle categorie maggiori del calcio nazionale. Il Palermo, infatti, ci ha messo ben 18 anni, dopo il suo fallimento datato 1986, a conquistare la serie A. All’indomani dello scioglimento della precedente società, il capoluogo siciliano ha vissuto addirittura un anno di completa inattività calcistica, prima di vedere la nascita dell’US Città di Palermo, la cui storia è stata per i primi anni davvero travagliata. Ripartiti dalla C2, i rosanero hanno oscillato tra B e C1 per anni, salvandosi da una nuova retrocessione in C2 nel 1998 solo grazie a un ripescaggio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non meno faticosa la risalita del Catania. Persa la B nel 1987, falliti nel 93 e ripartiti dall’Eccellenza, gli etnei ci hanno messo 9 anni per ritornare tra i cadetti, 15 anni dopo l’ultima volta. Sportivamente “drammatica” è anche la vicenda del Taranto. Sono passati 20 anni dalla sua ultima apparizione in serie B, terminata con il fallimento societario e la radiazione dalla FIGC. Da allora, una serie di campionati in serie D (a quei tempi chiamata Campionato Nazionale Dilettanti), C2 e C1, prima di un nuovo fallimento, quello del 2012.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Quello delle risalite impossibili non è un problema solo delle squadre del Sud. Basti vedere cosa è successo a due gloriose società del Nord, come Triestina e Como. Gli alabardati abbandonarono la serie B nel 1991 e riuscirono a riconquistarla solo 11 anni dopo. In mezzo un fallimento e una ripartenza dal CND. E nel 2012 un nuovo “forfait” che ha fatto crollare la squadra giuliana in Eccellenza. Il Como, che a metà anni 80 arrivava nono in serie A, riconquistò la massima serie solo per un anno nel 2002-2003 e da allora sembra vivere un interminabile calvario: tre retrocessioni di fila e un fallimento, quindi la ripartenza dalla serie D nel 2005. E nelle ultime 8 stagioni i lariani sono riusciti a risalire solo fino alla prima divisione.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma in termini di regolamento cosa succede a una squadra che fallisce? A inizio anni 2000 venne introdotto il cosiddetto Lodo Petrucci che permetteva a una società in fallimento di iscrivere, per la stagione successiva, la squadra alla categoria immediatamente inferiore a quella in cui avrebbe dovuto giocare. Tra le altre ne beneficiarono Napoli e Torino. Oggi, le società professionistiche che falliscono nella maggior parte dei casi ripartono dalla prima categoria non professionistica, la serie D. È il caso, negli ultimi tempi, di Taranto, Foggia, Spal, Pisa, Arezzo, Messina. Altre più sfortunate, per ragioni economiche si sono viste costrette a ripartire addirittura dai campionati regionali: possiamo ricordare i casi di Ravenna, Chieti, Teramo, Ancona, Treviso, Andria, Piacenza (quest’ultima salvata solo da una cordata di tifosi).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Infine, un aspetto collaterale di queste situazioni riguarda il nome delle nuove società che rilevano le vecchie e che spesso devono, almeno in parte, chiamarsi in modo diverso, almeno fino all’acquisto del marchio del precedente sodalizio. Così il Napoli Soccer sostituì momentaneamente la Società Sportiva Calcio Napoli, la Florentia Viola prese il posto per un anno dell’Associazione Calcio Fiorentina, l’As Andria Bat dell’As Fidelis Andria nel 2005 e l’Asd Fidelis Andria della prima nel 2013.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quale sia il futuro da augurarsi per il Bari è difficile dirlo. La storia non dà risposte certe a questo proposito. Si spera le diano i proprietari.


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