di Giancarlo Liuzzi

Palazzo Gazzetta: nel 1982 si salvò una vittoria alata, ma giace nei depositi della Pinacoteca
BARI – Ci siamo più volte occupati del triste abbattimento del Palazzo della Gazzetta: il maestoso edificio in stile liberty che fu distrutto nella notte di ferragosto del 1982, dopo aver dominato per 55 anni la piazza della stazione di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Vi abbiamo anche raccontato come a salvarsi dalla demolizione furono solo quattro telamoni: possenti statue un tempo inglobate nei vani delle finestre a pianterreno, che dopo essere state abbandonate in un magazzino trovarono il loro posto all’interno dell’androne della sede del Comune.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In realtà però quel giorno un altro splendido decoro architettonico venne risparmiato: un’elegante scultura in bronzo raffigurante la vittoria alata. (Vedi foto galleria)

Alta quasi due metri e di autore ignoto, si trovava affissa sul prospetto angolare del palazzo, all’altezza del primo piano. Nel 1982 fu quindi recuperata e posta nelle Officine Romanazzi di via Omodeo, dove rimase nascosta per più di trent’anni, sino a quando si decise il suo trasferimento nella pinacoteca Corrado Giaquinto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A donarla alla città, il 18 aprile del 2013, fu Stefano Romanazzi, figlio dell’omonimo imprenditore, ultimo proprietario dell’ex Palazzo della Gazzetta. Fu lui a chiedere di portare la bronzea vittoria nel museo barese, con la speranza che l’elemento artistico potesse trovare un luogo espositivo meritevole del suo passato.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma così non fu. La grande scultura fu ripulita e risistemata, ma venne da subito collocata nei depositi della galleria assieme a tantissime altre opere che, per mancanza di spazio, giacciono lì dimenticate.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La vittoria alata oggi non è quindi visibile al pubblico. La direzione della Pinacoteca ci ha però inviato una fotografia dell’opera grazie alla quale possiamo capire come è fatta.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


L’immagine mostra una figura femminile in piedi con le braccia alzate intenta a reggere una corona di alloro, simbolo della vittoria. La donna poggia su un rostro navale (arma montata sulla prua delle antiche imbarcazioni per affondare quelle nemiche), distinguibile dai remi stilizzati che fuoriescono dai lati. Rostro contraddistinto dalla testa di un leone e tre lame che sporgono da esso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«La statua si rifà al tema iconografico della vittoria alata estremamente diffuso nei primi tre decenni del 900 – spiega l’architetto Simone De Bartolo -. Questo tipo di scultura si ispira al modello classico greco della Nike di Paionios ed è presente in vari monumenti celebrativi, come l’Altare della Patria. In particolare, la “vittoria barese” ha delle somiglianze con quella posta sulla destra della scala principale dell’edificio romano, opera di Edoardo De Albertis».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nella scultura pugliese il classicismo del tema scultoreo è però modificato in chiave art déco: le sinuose pieghe della veste indossata dalla figura femminile, così come le ali, appaiono infatti più stilizzate e geometriche rispetto ad altre.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Resta comunque ignoto l’autore dell’affascinante opera. Del palazzo si conosce il progettista (il celebre architetto Saverio Dioguardi) e il decoratore degli interni (Mario Prayer), ma non si trovano notizie su chi realizzò i fregi e gli elementi che abbellivano il prospetto dell’edificio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«I telamoni potrebbero essere dello scultore Gennaro Pepe, che è stato più volte collaboratore di Dioguardi – osserva De Bartolo -. La vittoria alata si può invece ipotizzare che sia del barese Adolfo Rollo, il quale realizzò anche le statue del faro votivo di Minervino Murge che, seppur con linee più naturalistiche, hanno tratti in comune con l’elegante opera che un tempo arricchiva il sontuoso prospetto del Palazzo della Gazzetta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Giancarlo Liuzzi
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  • Gianni Schiavulli - Il palazzo abbattuto nel recente 1982.....per quale motivo...... Se mi rispondete.......


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