di Francesco Sblendorio

Risse, minacce e pressioni: la difficile vita dell'arbitro di provincia
BARI - Una volta erano chiamati “giacchette nere”. Oggi che le loro divise sono sempre più variopinte, di nero rischiano di avere solo l’occhio a fine partita. Sono gli arbitri delle categorie dilettantistiche del calcio regionale. Ragazzi quasi sempre giovanissimi, tra i 18 e i 20 anni, che ogni domenica affrontano le difficoltà della dura vita del “fischietto” di provincia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Abbiamo parlato con due di questi arbitri (che hanno chiesto di rimanere anonimi), impegnati nei campionati regionali. Dai loro racconti emerge una situazione preoccupante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nelle ultime divisioni del calcio italiano (chiamate 1°, 2° e 3° categoria)  i direttori di gara arbitrano da soli, senza l’aiuto dei guardalinee. Una situazione ben diversa da quella dei loro colleghi delle serie maggiori: basti pensare che da quest’anno in serie A su ogni partita vigilano addirittura 6 arbitri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Se è vero che gli interessi economici in ballo sono enormemente diversi - commenta uno degli intervistati - per cui una decisione errata in serie A viene criticata per giorni dai media, un fischio sbagliato nei campionati regionali rischia spesso di pregiudicare la nostra stessa incolumità».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Campanilismo esasperato, squadre che entrano in campo solo per cercare la rissa, società che pretendono di vincere sempre. Sono queste le maggiori difficoltà che i fischietti pugliesi devono affrontare, dovendo fare i conti con animi troppo accesi sia tra i tifosi che tra i tesserati. «Spesso accade che le società ricordino i nostri nomi - denunciano i due - soprattutto se ci è capitato di prendere decisioni a loro sfavorevoli: quando torniamo sullo stesso campo, veniamo immediatamente “agganciati” dai dirigenti della squadra che iniziano un’operazione di pressione psicologica.  In questi casi dobbiamo essere mentalmente pronti e non cedere».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«La colpa di una sconfitta è sempre nostra - sottolineano ancora -  soprattutto se a perdere è la squadra di casa, magari abituata a vincere tra le mura amiche e a trovarsi nelle zone alte della classifica». La compagine forte a volte non accetta la sconfitta e quando vede che le cose si mettono male mette in campo una tattica vecchia quanto il calcio: la minaccia esplicita.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«I ritornelli che sentiamo più di frequente - denunciano i due ragazzi - sono:  “Siamo in casa e siamo primi: dobbiamo vincere”, “Non fischiare finché non segniamo”, “Se non vinciamo non esci da qui”». Di solito è il veterano della squadra a farsi portavoce di questa strategia che si presume vincente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E anche i tifosi fanno la loro parte. «Nei campionati regionali non superano quasi mai il centinaio - raccontano i due arbitri - ma tra loro c’è sempre qualcuno che assiste alle partite solo con la voglia di aizzare gli animi». I derby tra squadre di paesi vicini sono le occasioni in cui gli hooligans di casa nostra danno il meglio di sé, incoraggiati da secolari rivalità campanilistiche. «La prima cosa che fanno - denunciano i due giovani fischietti - è individuare quale sia la nostra macchina: dopo di che è facile usare proprio il nostro mezzo come oggetto delle loro minacce».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Negli ultimi anni però c’è stato un generale miglioramento della situazione sui campi pugliesi. La Figc Puglia ha adottato una politica della non violenza che ha portato a un sostanziale rasserenamento degli animi. I nostri interlocutori ci descrivono il meccanismo preventivo messo in atto dalla federazione. «Individuate le partite a rischio, viene richiesta la presenza della forza pubblica nei pressi del campo e, in mancanza di questa, è la società ospitante a mettere a disposizione un servizio d’ordine».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Permangono però dei problemi. «Spesso la forza pubblica non viene inviata anche quando è richiesta e i dirigenti locali sono pur sempre di parte e quindi non del tutto in grado di assicurare un tranquillo svolgimento dell’incontro. Per fortuna spesso molti giocatori, in particolare i più esperti, collaborano con noi calmando i compagni più agitati».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Per questo motivo, gli arbitri preferiscono effettuare il riscaldamento prepartita insieme ai calciatori. «È più facile “annusare” il clima della gara - rivelano - e individuare i leader delle squadre, che si dimostrano poi, durante i 90 minuti, quelli più propensi a provocare o, al contrario, coloro con cui è più facile collaborare per un sereno svolgimento della partita».


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