di Giancarlo Liuzzi

Minareti, esoterismo, scritte arabe: è la grandiosa e mai terminata Università Islamica
CASAMASSIMA – Un’enorme struttura in stile arabo moresca, con tanto di minareto, portali istoriati, silenziosi giardini di preghiera ed elaborati simboli che richiamano significati esoterici. Parliamo dell’Università Islamica di Bari: un complesso mai completato e abbandonato da più di trent’anni sul ciglio della statale 100, all’altezza di Casamassima. (Vedi foto galleria)

L’idea del suo fondatore, Michele Tridente (scomparso nel 2017), era proprio quella di farne un centro dove si sarebbero potute studiare le discipline arabe, con l’obiettivo di “ripristinare”, seppur teoricamente, l’Emirato di Bari, entità politica e militare che governò la città a metà del IX secolo d.C.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Un progetto che andò in fumo a causa dei problemi finanziari che investirono Tridente, il quale non ebbe la forza economica per portare a termine il suo sogno. Così il fabbricato fu abbandonato alla fine degli anni 80 e dopo vari passaggi di proprietà giace da tempo completamente inutilizzato, in attesa di una destinazione che lo possa finalmente valorizzare.  

L’Università sorge a pochi chilometri da Casamassima. Per raggiungerla partendo da Bari bisogna imboccare la statale 100 per poi uscire allo svincolo per Adelfia/Valenzano/Rutigliano. A quel punto basta percorrere la complanare della statale per 700 metri, sino a quando ci si ritrova di fronte all’alto muro che circonda l’edificio che si estende su circa due ettari e mezzo di terreno. La perimetrale è interrotta al centro dal maestoso ingresso, scandito da due alte colonne e dominato al centro da un cancello in ferro arrugginito.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Era da qui, secondo le intenzioni di Tridente, che avrebbero avuto accesso gli studiosi musulmani. A cavallo tra gli anni 70 e 80, questo imprenditore (creatore tra l’altro del Grand Hotel Ambasciatori in via Omodeo), si avvicinò al mondo arabo, convertendosi al sufismo e firmandosi da quel momento in poi come “Khan” (maestro).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da qui l’idea di creare un punto di riferimento per tutti coloro i quali avessero voluto approfondire la cultura islamica. Un luogo che avrebbe ospitato oltre all’Università anche una moschea, un centro di medicina alternativa, un’azienda agricola e zootecnica oltre a diversi altri laboratori per attività artigianali.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Coinvolse nel progetto anche Gabriele Mandel, intellettuale ed artista islamico e persino Si Hamza Boubakeur il rettore dell'Institut musulman di Parigi – ci racconta Caterina Fioravanti, collaboratrice di Tridente -. Comprò così un’antica masseria attorno alla quale iniziò a far edificare la struttura».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I lavori procedettero rapidamente. Nel 1984 l’area era già in parte attrezzata, ma a quel punto arrivarono i primi problemi organizzativi e finanziari. Michele andò comunque avanti, convinto di poter ricevere quegli stanziamenti pubblici che gli avrebbero permesso di completare la seconda fase edilizia. Ma purtroppo gli agognati soldi non arrivarono mai, neanche nel 1988, quando nell’Università fu organizzato un congresso sulla pace per il Medio Oriente con la speranza di trovare investitori.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La struttura rimase quindi non completata. Qualche anno dopo, nel febbraio del 1999, un drammatico avvenimento segnò tra l’altro la sua già difficile storia: Antonio Carbonara, operaio triggianese di 59 anni, morì sbranato dai cani di guardia mentre sostituiva il custode del complesso. E parallelamente Tridente, nel 2004, fu dichiarato fallito. Le sue difficoltà finanziarie portarono all’esproprio dell’Università che dopo essere passata a una banca e a un fondo edilizio, appartiene ora a una società di alimentari di Casamassima.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Non è dato sapere quale potrebbe essere il futuro di questo enorme immobile, che nel frattempo giace completamente inutilizzato nell’agro di Casamassima. Vista la sua mole rimane però visibile a tutti, almeno all’esterno. Spostandosi sul lato sinistro del muro perimetrale è infatti possibile ammirare il suo prospetto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si nota quindi la vecchia e rossa masseria preesistente, dietro alla quale è stato innalzato il resto dell’edificio arabeggiante in pietra bianca. Svetta sul complesso il minareto a cupola, che culmina con un candelabro in ferro a forma di mezzaluna, simbolo della fede islamica. Sulla torre è inoltre inciso un cerchio in marmo con un simbolo musulmano: è la bismilah, formula che invoca il nome di Allah.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Vorremmo ora entrare, ma ci risulta impossibile vista l’alta parete che circonda il fabbricato. Per la descrizione dell’interno ci affidiamo così alle immagini inviateci dal collettivo fotografico “Obiettivo uno” (composto da Valeria Genco, Antonio Nitti e Mimmo de Leonibus), che è riuscito nell’impresa di varcare la soglia dell’Università.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Notiamo subito che il giardino è dominato da un lungo viale alberato che dall’ingresso porta alla struttura principale, ovvero l’elegante villa a due piani di fine 800.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entrando ci si ritrova in un grande ambiente a volta che apre ad altre stanze piene di lavagne e sedie accatastate, probabilmente quelle che sarebbero state le aule studio. Da una specie di pozzetto si accede anche a dei locali sotterranei dove è presente un grosso impianto di ventilazione. «Siamo in un bunker - ci racconta Caterina -: Michele ne aveva costruiti anche altri per costruzioni da lui fatte. Questo in particolare era stato pensato per una possibile catastrofe batteriologica».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma è salendo che si ha la possibilità di toccare con mano la particolare architettura del posto. Attraverso un colonnato che regge una volta moresca, dal primo piano si accede a una prima ampia balconata. Da qui si può vedere parte della facciata interna dell’immobile dove svetta un’enorme lastra. Quest’ultima, oltre al simbolo della bismilah, è incisa con il nome del complesso sovrastato da vari passi delle sūre del Corano, oltre alle date del 1984 e del corrispondente anno del calendario islamico: il 1404.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Raggiungendo il secondo livello arriviamo a una terrazza che, attraverso due strette scale, conduce a un torrino merlato sormontato da due cupole. Nascosto in una nicchia si trova un elaborato stemma in pietra con nodi e nappe vescovili che partono da un simbolo massonico con compasso e cazzuola. Al centro di esso uno scudo con tre punti, un cerchio con il nome di Maometto e sotto la data del 1404 scritta in arabo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Da questo punto si può scorgere tutto il retro del complesso: una serie di locali e cortili delimitati da mura merlate e portali istoriati che impreziosiscono l’ingresso a nord della struttura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Tornando nel giardino e oltrepassando una piscina vuota, si arriva proprio nell’area vista dall’alto. È questa l’occasione per ammirare l’imponente ed eclettica facciata posteriore dell’Università. «È caratterizzata da vari stili architettonici mischiati insieme - sottolinea Ibrahim Badran, architetto giordano -, ma la base d’ispirazione è l’arte medievale musulmana, presente soprattutto nelle regioni del Maghreb».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Spostandosi verso nord ecco il sontuoso corridoio di accesso dell’ingresso settentrionale, scandito da alti portali in pietra. Il primo reca al centro la sagoma di un arco con una serie di quartine di ispirazione esoterica basate su alcune delle profezie di Nostradamus. In basso a destra chiude il testo un simbolo a forma di tridente, probabilmente una “firma” del proprietario.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oltrepassando il varco, dalla parte opposta svetta un’alta lastra in marmo con delle preghiere. Nella parte decorata con mattoni rossi è presente un’iscrizione bianca. «Sono dei versetti della al-Baqara, ovvero la Giovenca: la seconda e più lunga sūra del Corano. Parla del trono di Allah che è rappresentato al centro dell’arco». A spiegarcelo è Alì Alessandro Pagliara, responsabile a Bari delle attività culturali e dei rapporti istituzionali della Comunità Islamica d’Italia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’ultima entrata è caratterizzata da un medaglione col nome di Allah con ai lati delle piante e sotto un’altra serie di sūre che si susseguono con la traduzione in italiano al di sotto. Attraversando ora una lunga volta si raggiungono diversi locali che si aprono su ampi cortili interni circondati da vetrate a raggiera.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Oltrepassandoli si ritorna sul lato sinistro del corpo principale dove ci si ritrova nell’ambiente più suggestivo di tutto il complesso. Si tratta di una sorta di chiostro introdotto da un sinuoso arco a punta sorretto da due colonne a spirale. È percorso da un lungo corridoio delimitato ai lati da piccole colonne che portano a uno spiazzo ottagonale con al centro un particolare pozzo della stessa forma.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sul muro in fondo fa bella mostra di sé una fontana formata da più conchiglie in pietra. Sulla struttura è intagliato un grande simbolo con delle iscrizioni sovrapposte. «Sono racchiuse in un cappello dei sufi, coloro che seguirono una via spirituale e mistica dopo lo scisma nel periodo ottomano», ci illustra Alì.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Si tratta della stessa corrente religiosa a cui aveva aderito Michele Tridente: l’uomo che voleva riportare la cultura araba a Bari.  

(Vedi galleria fotografica)

Foto esterne di Antonio Caradonna

Foto interne del collettivo fotografico “Obiettivo uno” (Valeria Genco, Antonio Nitti, Mimmo de Leonibus)


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Giancarlo Liuzzi
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  • turese - una curiosità conservata da più di 40 anni finalmente soddisfatta. Grazie alla Redazione


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