di Federica Calabrese

Industrie, commercio e palazzi: la storia degli imprenditori della "belle époque barese"
BARI – Raccontando della storia di Bari ci siamo spesso soffermati sul periodo a cavallo tra l’800 e il 900, quello che in tutta Europa venne denominato come “belle époque. Anni che furono caratterizzati dall’ascesa di industria e commerci e in cui il benessere divenne più accessibile per una più larga fascia di persone. Anche nel capoluogo pugliese influenti e ricchi mercanti e imprenditori contribuirono a questo clima di rinnovamento “iniettando” grandi capitali che si tradussero in lussureggianti ville, raffinati palazzi e iconici teatri.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Al pari degli altri grandi centri, Bari si distinse per la produzione di alimentari, di edifici, di tessuti e di materiali da costruzione, dimostrando così di essere una città prolifica e dinamica, almeno fino al tragico scoppio della Prima guerra mondiale che pose termine a un lunga era di sviluppo economico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma chi furono i principali fautori di quella spinta propulsiva? Con l’aiuto del volume del 1937 “Puglia d’oro”, siamo riusciti a ricostruire le vicende storiche e imprenditoriali dei più famosi industriali baresi del tempo. (Vedi anche foto galleria)

Paolo Cassano – Nato nel 1859 da una famiglia benestante di origine milanese, Cassano nel 1891 mise in piedi una piccola distilleria nel suo casale di Gioia del Colle. In breve l’impresa crebbe, portando al successo i suoi vini, liquori e cognac (molto apprezzato all’estero era il Fides). Paolo dopo aver ricevuto premi e riconoscimenti (anche internazionali), spostò la sede a Bari, nel quartiere San Pasquale, nel punto in cui nel 1924 cominciarono a sorgere gli stabilimenti della Birra Peroni. Morì nei primi anni 30 del secolo scorso e assieme a lui tramontò anche il suo “impero dell’alcol”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Famiglia Di Cagno – Nei primi anni del 900 i fratelli baresi Giovanni, Francesco e Simeone Nicola  seguirono le orme del padre, Simeone, dedicandosi al mercato oleario e accumulando un’ingente fortuna. Giovanni in particolare divenne molto benestante grazie anche al matrimonio con la facoltosa Angela Abbrescia. Il “casato” continuò a investire in commercio ed edilizia per tutto il secolo e nelle sue fila non mancarono professionisti e letterati come Francesco Saverio, autore di guide della città, testi in dialetto e poesie. Della famiglia fa parte anche Simeone Di Cagno Abbrescia, sindaco di Bari dal 1995 al 2004.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Giuseppe Garibaldi – Nato a Terlizzi nel 1887, proveniva da in una famiglia di scalpellini e fu il fondatore di una grande impresa di costruzioni a cui si devono molti edifici simbolo del capoluogo pugliese. Curò infatti i progetti più disparati: dalla fabbrica di biliardi della ditta Rutigliani, un tempo ubicata in via Napoli, alle case popolari su via Nicolai, sino a opere di prestigio quali il celebre Palazzo Mincuzzi di via Sparano. Alla sua morte la società passò nella mani del fratello Raffaele, che però la sciolse nel 1935.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Famiglia Introna – Proprietario di una grande cereria in piazza Mercantile, che si distingueva per la tecnologia dei macchinari e l’accuratezza nella lavorazione, Nicola Introna lasciò l’attività al figlio Paolo che la gestì impeccabilmente tra il 1869 e il 1901. A succedergli fu poi Michele, che la trasferì prima in via Abate Gimma e poi nel 1909 in via Trento, nel quartiere San Pasquale, lì dove ancora oggi si staglia la vecchia ciminiera dell’impero della cera, che nel 1934 poteva contare ben 35 macchine e 50 operai.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Giacinto e Luigi Lamacchia -  Neanche ventenni, nel 1909 i due fratelli aprirono un esercizio commerciale nel settore dell’abbigliamento in via Vittorio Veneto. Grazie alla qualità dei tessuti e degli abiti, il negozio divenne presto un rinomato punto di riferimento per il vestiario delle donne dell’alta società barese, ampliando il proprio reparto di stoffe, merceria e confezioni da signora. Nell’agosto del 1925 i Lamacchia ricevettero addirittura dal Papa la nomina a fornitori ufficiali dei Sacri Palazzi Apostolici.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Lorenzo La Rocca -  Erede di generazioni di commercianti, il giovane Lorenzo emerse nel 1878 come ideatore e gestore della più grande ditta di alimenti in scatola del territorio, situata tra via Capruzzi e via Giulio Petroni, dove oggi sorge l’ex palazzo della Regione Puglia. L’impresa La Rocca (gestita dal 1919 dal figlio Antonio) esportò confetture, pomodori pelati, baccalà e tonno sottolio in tutto il mondo, dando il suo nome anche a una lussuosa villa che ancora oggi fa bella mostra di sé in via Celso Ulpiani. L’opificio, chiuso negli anni 80 del 900, fu l’ultimo baluardo della fervente “Carrassi industriale”.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Antonio e Onofrio Petruzzelli – I due fratelli baresi seguirono all’inizio strade professionali diverse. Onofrio, nato nel 1850, si impegnò nell’attività familiare di vendita di tessuti, coperte e corredi, mentre Antonio, minore di un anno, si dedicò alla carriera forense vivendo per qualche tempo a Trieste. Onofrio, commerciante molto abile, riuscì a esportare la propria merce anche in Inghilterra: questo gli garantì grandi guadagni che si dice nascondesse in una grande cisterna in via Melo 77, lì dove viveva. Una volta riunitisi fondarono un impero economico che portò anche all’edificazione nel 1903 dello splendido teatro di Corso Cavour che porta ancora il loro nome.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gaetano Ranieri – Figlio di piccoli commercianti di derrate agricole, Gaetano scoprì le potenzialità della juta e della canapa lanciandosi nella produzione di queste materie prime nel 1878. Da quel momento le industrie baresi si affidarono a lui per ottenere robusti sacchi da esportazione. Sposò Mattia Straziota ma non ebbe figli, perciò alla sua morte lasciò i depositi di via Principe Amedeo alla famiglia della moglie. Gli Straziota-Ranieri ne fecero buon uso, restando facoltosi e finanziando anche opere pubbliche di rilevanza, come il portentoso restauro della chiesa bizantina di San Gregorio del 1937.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Bartolomeo Romanelli – Nato a Bari nel 1836, a vent’anni aprì in via Vallisa un negozio in cui trattava materie coloranti, rivendute sia al dettaglio che all’ingrosso. Ampliandosi dopo pochi anni e specializzandosi anche in ferramenta, vetri, zolfo e solfato di rame, ottenne notorietà e grandi introiti fino a trasferirsi in via Melo 13. Famoso per essere stato il più importante rivenditore di lastre in vetro della Puglia, Bartolomeo morì nel 1903 lasciando l’attività al figlio Giuseppe, che la condusse per un altro ventennio.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Michele Rutigliani – Nato a Terlizzi nel 1865 e noto come abile lavoratore del legno, iniziò la costruzione di biliardi nel suo piccolo laboratorio di mobili su richiesta di case signorili e circoli. Nel 1900 la sua fama si diffuse in tutta la Puglia, ottenendo anche un riconoscimento di merito alla Mostra Provinciale di Bari dello stesso anno. Sfortunatamente Michele morì un anno dopo, ma il figlio Gioacchino portò avanti l’impresa che si specializzò a quel punto solo nella produzione dei biliardi. Il grande successo ottenuto lo portò al trasferimento a Bari, in via Napoli. Col secondo conflitto mondiale l’azienda chiuse tristemente i battenti, ma ancora oggi i suoi tavoli da gioco sono considerati manufatti di pregio, esibiti con orgoglio dai collezionisti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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  • Vito Petino - MI SAREBBE PIACIUTO SAPERE QUALCOSA SULLA FABBRICA DI DOLCIUMI SICA, SITUATA SINO A FINE ANNI 60 IN VIA RE DAVID. LA FACCIATA PRINCIPALE DELLA SICA CHIUDEVA LA VIA ANTONIO MEUCCI, CHE OGGI INVECE PROSEGUE SINO A VIA AMENDOLA. LA SICA AVEVA SEDI IN CITTÀ, RICORDO QUELLE DI VIA MANZONI E PIAZZA MADONNELLA (CARABELLESE). Altra attività artgianale che ha avuto una fiorente espansione commerciale è quella che produceva rosoni, cornici e altri articoli di gesso da decoro edile, oltre che, in periodo natalizio, presepi, statuette e soprammobili sempre in gesso. Aveva sede in via Piccinni 114, quasi ad angolo con via Roberto da Bari, alle spalle del Palazzo di Città, attività svolta dal 1940 al 52 circa, proprietario mio nonno, Vito Petino. UNA ULTERIORE ATTIVITÀ ARTIGIANALE È STATA QUELLA DEL CAV. ONOFRIO SCELSI, CHE REALIZZAVA MATTONI DA PAVIMENTO NEI LOCALI DEL SEMINTERRATO ACCANTO ALLA CHIESA DI SANT'ANTONIO, NELL'OMONIMA PIAZZETTA, LOCALI OGGI OCCUPATI DALL'ARCICONFRATERNITA DEL SANTO. LA SEDE VENNE POI SPOSTATA NEI PRIMI ANNI 60 IN VIA AMENDOLA AFFIANCO ALLA DITTA PRR MATERIALE EDILE POLISENO. NELLA VECCHIA SEDE DI SANT'ANTONIO L'ATTIVITÀ ERA DURATA DALLA FINE DEGLI ANNI 30 A FINE ANNI 50 ...
  • GAETANO FLORIO - Ho letto il commento del Sig. Vito Petino, in merito all'attività artigianale di mattoni di mio nonno materno, Cav. Onofrio SCELTO, infatti il cognome esatto è SCELTO e non scelsi. Ci tenevo a fare questa precisazione, per il resto il commento del sig. Vito PETINO corrisponde a realtà nella sua interezza. Grazie ancora per aver ricordato la figura di mio nonno, mia madre Chiara SCELTO ne sarebbe orgogliosa, come lo sono anch'io.
  • Vito Petino - Se Barinedita me lo consente, risponderei al gentile dr. Gaetano Florio. Suo nonno Onofrio era nostro parente non so in quali termini. Ricordo che mio padre lo chiamava compare Onofrio. Noi abitavamo in via Carulli 114 e lui in via dei Mille 116, in quel palazzone che aveva un grande porticato d'ingresso e quattro portoni interni. Se la memoria non mi tradisce, abitava con la sua famiglia al piano rialzato della scala B. C'era una mia zia consorella di Sant'Antonio, che era sua amica. E nel mese di giugno 1952, terminata la scuola, chiese al cav. Onofrio se potessi imparare un mestiere giù nel suo mattonificio. Così a 8 anni circa imparai a veder mettere in forme metalliche un composto di cemento e scaglie di marmo che, una volta serrato nella forma che il mattone doveva prendere, passava poi con tante altre forme simili in un essiccatoio. Dopo un certo tempo si riaprivano le forme levando il mattone finito. Vi erano mattoni di molte forme, sia per pavimenti d'abitazione che per marciapiedi. Il tutto durò un paio di settimane, giusto il tempo di guadagnarmi i soldini per le vacanze scolastiche. Il momento più bello era la pausa dalle 12 alle 13, quando insieme agli operai più grandi ci mangiavamo il panino imbottino. Mia madre di solito mi metteva nel cestino, che anni prima avevo utilizzato all'asilo, panino e formaggino Mio, oppure il gianduiotto con la figurina di Gianduia sulla carta stagnola color oro. Zio Onofrio, come lui voleva che lo chiamassi, aveva un affetto particolare per me. E lui è stato una delle persone che più volevo bene da piccolo. La serata che mai dimenticherò fu quando venne a prendere me e mia zia da sotto casa con la sua Balilla guidata dal suo autista. Ci portò a cena in un ristorante di Torre a Mare, nella piazzetta dove oggi c'è il bar Miramare. Ero ghiotto di frutti di mare e me ne feci una scorpacciata. E quanti regali mi faceva! Nel 54 ci trasferimmo a casa nuova a Japigia. In via Carulli rimase soltanto mia zia. Ma io non vidi più il cavalier Scelto. Grazie, compare Onofrio, ovunque tu sia. Ma sono certo che da lassù mi hai sempre guardato come fossi uno della tua famiglia...
  • Michele Morgese - La Biliardi Rutigliani S.p.A. ha chiuso nella prima metà degli anni '70 e non nel dopoguerra. Nei primi anni '60 si trasferì da Via Napoli alla zona industriale dove attualmente risiede il Centro Usato Volkswagen Zentrum.


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