di Marco Montrone e Gaia Agnelli e Mattia Petrosino

Reduìne, bbeffettòne, mappìne e sus'e ssotte: alla scoperta degli schiaffi "alla barese"
BARI – C’è la calàte data sulla nuca, il reduìne scagliato con il dorso della mano o la cinghe, assestata sul volto con tutte le cinque dita. Di che parliamo? Di schiaffi naturalmente. Colpi che vengono tirati sul corpo per i motivi più disparati: li si può dare per gioco, per intimidire i bambini, per minacciare velatamente ma anche per fare veramente male.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ce ne sono di tanti tipi e a Bari ognuno ha un suo nome dialettale ben definito, spesso pronunciato dopo una frase di avvertimento, del tipo mò t’j’a dà june (“ora ti devo dare uno”) o t'j'a fà na facce de shcaffe (“ora ti devo fare una faccia di schiaffi”).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Con l’aiuto dell’esperto di lingua barese Emanuele Zambetta, siamo quindi andati alla scoperta degli shcaffe più diffusi nel capoluogo pugliese.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Gli schiaffi dati per prendere in giro – Si tratta di schiaffi non violenti, lanciati unicamente con l’intenzione di prendersi gioco di un amico. Il più comune è la calàte, indirizzata sul collo con il solo scopo di produrre un suono fragoroso, che shcatte. «Di solito è riservata a coloro che si tagliano i capelli lasciando scoperta la nuca – afferma Zambetta –. Oppure la si utilizza per complimentarsi in maniera simpatica per un successo ottenuto da una persona alla quale si vuole bene».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Stesso obiettivo del cheppìne, uno scappellotto poggiato sul viso con la mano concava (come, appunto, un mestolo coppino).

Gli schiaffi dati per intimidire i bambini – Rifilati più che altro ai bambini, questo genere di schiaffi provocano dolore ma senza produrre danni fisici, vista l’età di coloro che li subiscono. Tipico è il reduìne, un manrovescio assestato, appunto, con il dorso della mano. «Un colpo "alla barese" che diventa molto più fastidioso se la mamma indossa anelli alle dita», sottolinea Emanuele.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Se invece si vuole zittire un fanciullo, magari perché ha appena detto una parolaccia, i genitori utilizzano il cosiddetto lavamùsse o stusciamùsse, ossia una sberla sulle labbra. E se si riesce nell’intento di centrare i denti, allora la sventola si trasforma in un lavadìinde o ssciacquadìinde.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E poi c’è il bbeffettòne, ovvero uno schiaffo ben assestato sulla guancia seppur tirato con forza moderata. È spesso preceduto dall’avvertimento: mò t’j’a dà nu bbeffettòne.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Gli schiaffi dati per minacciare – In certi “ambienti” quando si discute con qualcuno si ricorre spesso in via preliminare al mappìne. Si tratta di un segnale di minaccia: una manata data in pieno viso, ma priva di reale forza, che serve a far “assaggiare” all’avversario la pesantezza della propria mano.

Stesso fine del sus’e ssotte: due schiaffetti rifilati in sequenza prima dal basso verso l’alto toccando il mento con il dorso della mano e subito dopo “accarezzando” il naso (dall’alto verso il basso) con la punta delle dita.

Gli schiaffi che fanno male – Gli schiaffi, se ben assestati, possono far molto male e vengono così  utilizzati come “arma” durante i litigi. A seconda della parte del viso su cui vengono scagliati, i ceffoni assumono diversi nomi.

Se a essere picchiato è l’orecchio abbiamo il recchiàle e il serdellìne. Il primo è dato con il palmo della mano, il secondo con il rovescio. «Se “caricati” con la giusta intensità entrambi provocano un sonoro e assordante fischio nel timpano», illustra l’esperto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Quando invece a essere percossa è la mandibola, si parla più specificatamente di garzàle. Mentre la botta diretta alla gola è il cannàle: una botta che causa una brutta sensazione di soffocamento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Passiamo ora allo schiaffo classico, ovvvero la cinghe, chiamato così perché lanciato a mano aperta e con tutte le cinque dita ben distanziate tra loro. In questo caso la sberla lascia irrimediabilmente la sua “firma” sul volto di chi la riceve, cioè un evidente segno rosso sulla guancia.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma questo tipo di ceffone si può però “raddoppiare” usando entrambe le mani così da colpire contemporaneamente sia la guancia destra sia quella sinistra. Il nome della sberla diventa quindi la dèsce, per via delle dieci dita impiegate. C’è chi però la denomina anche “solepiatti”, rifacendosi alla vecchia pubblicità dell’omonimo detersivo in cui venivano sbattute tra di loro due stoviglie a piene mani.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Infine c’è il va e vvìine, probabilmente il gesto più violento in assoluto, visto che è teso ad appioppare due singole sberle. Della tipologia vi è una doppia versione. La più diffusa prevede l’uso di una sola mano che prima “va” con il palmo su una guancia e poi “viene” con il dorso su quella opposta. Con l’altra variante si utilizzano invece i palmi di entrambe le mani, ma non contemporaneamente: prima si picchia una parte del volto e poi l’altra.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Per intenderci – conclude Zambetta – si può quindi dire, utilizzando la terminologia marinaresca cara ai baresi, che un colpo arriva “da levante” e l’altro “da ponente”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel video, la pubblicità del detersivo “Sole Piatti” che ha dato il nome a uno schiaffo "alla barese":



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  • Gigi De Santis - Spettabile direzione Barinedita. Ho letto l'articolo sullo schiaffo 'barese' dove avete intervistato Emanuele Zambetta. Ho riscontrato errori grammaticali in lingua barese e, conoscendo Zambetta, non credo che abbia scritto le seguenti frasi e parole: mò t’j’a dà june o mò t'j'a fà na facce de shcaffe; bbeffetòne, mò t’j’a dà nu bbeffettòne, ssciacquadìinde, che si scrivono grammaticalmente, in lingua barese . , ; , . Cordiali saluti.


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