di Marianna Colasanto - foto Antonio Caradonna

Piccolo, senza insegna e pubblico: a San Pasquale sopravvive un antico forno in pietra
BARI – Un tempo ce n’erano tantissimi, disseminati tra le vie dei quartieri storici di Bari. Parliamo dei forni pubblici, luoghi che venivano incontro alle esigenze di una popolazione non ancora dotata in casa di cucine. Vi si portavano gli alimenti da cuocere che venivano poi restituiti pronti per essere mangiati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel corso dei decenni il progresso e la tecnologia hanno permesso ai baresi di poter fare a meno di questi locali, che sono pian piano andati scomparendo. Eppure qualcuno resiste, in qualche paese certo, ma anche a Bari città, dove ne abbiamo individuati due, entrambi in pietra e alimentati ancora a legna.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Posti piccoli, senza insegna e numero di telefono, che pur vendendo prodotti al dettaglio non si sono mai trasformati in veri e propri panifici, continuando a ospitare le teglie di coloro che ancora oggi preferiscono cuocere i propri manicaretti in modo speciale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il primo di questi forni d’antan si trova nel rione Libertà, in via Principe Amedeo angolo via Indipendenza, lì dove però i gestori non ci hanno permesso di essere intervistati né di scattare foto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Il secondo si trova invece a San Pasquale “vecchia”, al numero 74 della stretta via Michele De Napoli. Qui, al piano terra di una palazzina di inizio secolo color rosso e crema, lavora il simpatico 56enne Giuseppe Loconte, che con il figlio Marco di 24 anni gestisce il “forno in pietra”, così come viene chiamato da tutti i residenti del quartiere. (Vedi foto galleria)

«Il forno apparteneva al mio bisnonno Telegrafo che lo aprì nel 1934 – racconta il giovane –. E all’epoca era utilizzato solo ed esclusivamente per cuocere le pietanze portate da chi non possedeva una cucina».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Sì era del padre di mio suocero – conferma Giuseppe -. Io me ne occupo da una quindicina d’anni, da quando cioè la famiglia della mia ex moglie me lo ha dato in gestione. Noi prepariamo più che altro pane, focaccia e il nostro speciale calzone di cipolla, mantenendo comunque la tradizione di cuocere il cibo che ci viene portato, al prezzo di un paio di euro».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Ma perché nel 2019 c’è chi ancora fa cucinare ad altri le proprie pietanze? «Per il gusto – risponde Giuseppe -: i piatti cotti qui hanno un sapore diverso, più intenso rispetto a quello prodotto dalle moderne cucine casalinghe. E poi ci sono le esigenze particolari, come quelle degli anziani che ci consegnano i peperoni: fatti da noi si spellano facilmente e sono quindi meno difficoltosi da pulire. Certo, non è più come prima, quest’usanza è ormai episodica».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma è giunto il momento di visitare il locale. Superato il bancone dove sono esposti alcuni prodotti in vendita, ci ritroviamo così in un piccolo ambiente in cui domina la bocca del forno. Tra farine, impasti e coltelli, il signor Loconte ci dà una dimostrazione di come si accende il “mostro”, ovvero utilizzando una carta oleata infuocata che va ad alimentare la legna che si trova all’interno. 

Nel frattempo facciamo la conoscenza del fornaio, il 53enne Gianni, colui che concretamente si occupa della cottura degli alimenti. È alle prese con cinque invitanti teglie contenenti la “massa” per le focacce e con dei contenitori in alluminio che accolgono il piatto tipico barese “patate riso e cozze”, portato qui da alcune signore.  

Mentre chiacchieriamo notiamo come la temperatura dell’ambiente si sia fatta decisamente elevata. «Non è facile lavorare con questo caldo – ammette Giuseppe - ma d’altronde se voglio campare lo devo tollerare. Anche se in estate il locale lo chiudo: termino l’attività l’8 luglio e riapro a settembre. Sarebbe insopportabile altrimenti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nonostante i sacrifici, Giuseppe si gode però i piaceri della vita. «Mi piace ballare – ci confessa - la domenica vado in quei posti dove mettono la salsa e il liscio. Anche se la cosa che più mi fa “uscire pazzo” sono le donne: darei tutto per loro. Ho due divorzi alle spalle e sono in cerca dell’anima gemella. Ma incontrarla in Italia è difficile: per questo ho intenzione di andare a Cuba, dove mi aspetta una signora conosciuta in chat. Se mi innamoro non torno più».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E a quel punto, se questo dovesse veramente accadere, per l’antico forno in pietra di via De Napoli sarebbe veramente la fine

(Vedi galleria fotografica)


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