di Eva Signorile

Viaggio nell'ospedale degli animali selvatici: l'Osservatorio faunistico pugliese
BITETTO – C’è un "ospedale" nel barese in cui da più di trent’anni gli animali feriti o in difficoltà possono trovare ricovero e assistenza specializzata fino a riacquistare la libertà una volta completamente guariti. Parliamo dell’Osservatorio faunistico regionale, situato nelle campagne di Bitetto. (Vedi foto galleria)

Ci siamo già occupati in passato di questa istituzione finanziata dalla Regione Puglia e avevamo raccolto il grido di allarme di alcuni dipendenti che lamentavano la scarsità dei fondi e del personale, per una struttura molto vasta che deve occuparsi di un numero variabile di animali ogni anno. Siamo quindi tornati sul luogo per verificare, a distanza di cinque anni, come si fosse evoluta la situazione. Purtroppo l’insufficienza di fondi e di personale è un problema persistente, a cui però dirigenti e tecnici cercano di sopperire con creatività e tanta, tanta buona volontà.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Raggiungere il centro faunistico non è per niente facile: non esistono infatti cartelli che ne indichino la presenza, almeno fino a ridosso della stessa struttura che si trova in via Generale Palmiotti Michele, una strada secondaria che collega Bitetto a Sannicandro. (Vedi video)

Quando entriamo riceviamo la più insolita delle accoglienze: un frullìo d’ali attira subito la nostra attenzione. Scopriamo un piccolo laghetto in cui sguazza, altero, un cigno bianco. Ci guarda sdegnosamente e si tiene a distanza di sicurezza. Si tratta dello stesso cigno conosciuto qui nel 2012: un animale che accettava il cibo da un unico dipendente, poi andato in pensione. Poco oltre lo specchio d’acqua, due asini di Martina Franca pascolano placidamente tra gli alberi.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma ecco che ci vengono incontro i responsabili del centro: la dirigente Maria Carmela Sinisi, la funzionaria Grazia Nardelli e il direttore sanitario Antonio Camarda, accompagnato dal veterinario Roberto Lombardi. «Siamo noi a occuparci di questa struttura così vasta – ci dice la Sinisi -. Si estende infatti su 17 ettari e ospita tra l’altro anche tre laghi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

I ciceroni ci accompagnano quindi a visitare l’osservatorio. Prima tappa: una grande voliera in cui riusciamo persino a entrare. Al suo interno si trovano gabbiani, gazze e alcune rarità come l’airone rosso e  l’occhione, che al nostro arrivo comincia a correre terrorizzato da una parte all’altra. Spicca poi il biancore dell’airone guardabuoi, caratterizzato dal piumaggio candido. Deve il suo nome al fatto che si posa spesso sul dorso delle mucche per nutrirsi delle mosche che vi ronzano intorno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Su tutti però si erge l’alta ed elegante silhouette del fenicottero. «Lui non può tornare a volare: ha perso un’ala», ci spiega Camarda. Gli ospiti che non possono tornare in libertà rimangono nel centro per tutta la vita. E non sempre si tratta di soggetti malati o feriti: a volte sono vittime di alcune pessime abitudini, quali l’importazione di specie vietate. Come ad esempio succede per le poiane di Harrys, che provenendo dall’America non possono essere rilasciate nell’ambiente perché metterebbero a rischio il nostro ecosistema: qui ce ne sono diverse.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Nel centro faunistico ha trovato ospitalità anche il cinghiale divenuto “famoso” per colpa di un cittadino barese che lo portava al guinzaglio per le strade del quartier San Paolo. «Questi animali – sottolinea Camarda -  non possono più essere liberati perché ormai hanno sviluppato un’eccessiva confidenza con l’essere umano. Sarebbero facili prede».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Raggiungiamo così l’area recintata in cui si trovano questi “ungulati”. Ce ne sono due: il più piccolo si avvicina festoso e accetta dalle nostre mani delle ghiande, come se fosse un cagnolino. Il più grande, quello che un tempo era al guinzaglio, chiede delle carezze.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Davanti al loro recinto si estende poi un lago molto più grande di quello visto all’ingresso. Vi nuotano numerose anatre selvatiche e due uccelli più grossi che si muovono in coppia: sono due oche. Al richiamo di una terza compagna si alzano volando in sincronia perfetta e dopo aver compiuto incredibili acrobazie in cielo, tornano a posarsi un po’ più in là, nei pressi di un’area occupata da alcune cicogne.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Proprio a giugno ne abbiamo liberata una - ci racconta il veterinario -. È stata ricoverata qui per ben tre anni, perché aveva un’ala fortemente compromessa dai pallini dei cacciatori. Dopo averla curata le abbiamo dovuto far fare apposita “ginnastica” fino a farle recuperare completamente la capacità di volare. L’abbiamo lasciata sul Lago Salso, nei pressi di Margherita di Savoia».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Procediamo con il tour e arriviamo in una zona in cui si trovano grandi voliere coperte da teli verde scuro: ospitano i rapaci notturni. Guardiamo Gasparro Trifone, uno dei tecnici faunisti, alle prese col “suo” gufo reale. È una femmina e l’uomo la tiene in braccio: lui le parla e lei lo ascolta con i suoi occhietti vispi di rapace.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

In tutto gli animali ricoverati in maniera permanente sono circa un centinaio, «A fronte però di un anno incredibile, in cui abbiamo avuto un vero e proprio boom di richieste di assistenza – ci dice la Sinisi –. Da gennaio sono arrivati qui circa 1800 soggetti e di questi 1500 nel solo periodo estivo, consegnati da cittadini o dai vigili urbani a cui erano stati portati».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Un’emergenza – le fa eco la Nardelli – davvero difficile da gestire con un budget di appena 110mila euro all’anno per provvedere alla manutenzione della struttura e alla cura e al cibo delle creature e con un personale di appena 14 persone a cui non possono essere pagati straordinari». Malgrado le difficoltà, questo gruppo è comunque riuscito a far fronte alla grande emergenza, grazie anche all’aiuto fondamentale dei tirocinanti della clinica veterinaria dell’Università di Bari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Fino all’anno scorso portavamo gli animali in clinica, da quest’anno abbiamo portato qui la clinica –afferma sorridendo Camarda –. I tirocinanti si occupano della loro cura, fino alla completa guarigione e finalmente alla liberazione». «E quello è il momento più bello – conclude la Nardelli - quando dopo aver rischiato la vita i nostri “pazienti” tornano felici verso ciò che gli appartiene».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)

Nel video (di Gianni de Bartolo) la nostra visita all’Osservatorio faunistico:



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Eva Signorile
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