di Mina Barcone - foto Fabio Voglioso

Bari, quel luogo in cui si assisteva alle autopsie: è l'anfiteatro anatomico del Policlinico
BARI – È il particolare quanto inquietante luogo dove gli studenti di Medicina potevano assistere alle autopsie e alla dissezione dei cadaveri. Si tratta dell’anfiteatro anatomico del Policlinico di Bari, che deve il nome proprio alla sua singolare forma, costituita da sette ordini di gradini disposti in semicerchi concentrici che si affacciano su una “scena” in cui operavano i docenti. (Vedi foto galleria)

Un posto dalle tinte “noir” ma di grande fascino, che purtroppo è stato dismesso da vent'anni e oggi giace inutilizzato. E pensare che a Pavia e Bologna anfiteatri del genere vengono visitati quotidianamente da curiosi e appassionati, che pagano addirittura un biglietto per potervi accedere.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma c’è un però. Da qualche mese infatti Andrea Marzullo, professore associato di Anatomia Patologica e membro del comitato tecnico-scientifico del Sima (Sistema Museale d'Ateneo), sta lavorando per ripristinare l’uso dell’aula, non solo come sala autoptica e didattica ma anche come parte di un futuro museo del materiale anatomico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Incontriamo il docente al piano terra del padiglione di Anatomia e Istologia Patologica del nosocomio barese, lì dove l'anfiteatro troneggia tra scrivanie, panche e altri oggetti in disuso. «Lo custodiamo qui dalla metà degli anni 50 – racconta Marzullo –. In passato era collocato all'interno del palazzo dell'Ateneo, all'angolo con via Crisanzio: fu poi smontato e rimontato in questa stanza una volta completato il Policlinico».

Per vari decenni l’anfiteatro è stato quindi il posto dove si esaminavano i cadaveri, il tutto alla presenza degli studenti, che dalle gradinate potevano assistere alle dimostrazioni anatomiche e prendere appunti, approfondendo così lo studio di varie malattie.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Una pratica che ha avuto però termine all’inizio del nuovo Millennio. «Il numero delle autopsie ha cominciato a ridursi sensibilmente grazie al progresso della tecnologia: ormai gli esami diagnostici permettono di fornire tutte le informazioni sulle cause dei decessi - spiega Marzullo -. La dissezione dei cadaveri è stata così limitata e spostata nel quartiere operativo della medicina legale, non attrezzato però per ospitare i medici in formazione. C’è da dire comunque che sino al 2012 l’anfiteatro è rimasto in uso per qualche lezione dimostrativa, per poi chiudere definitivamente quando l'addetto che si occupava dell'operatività e manutenzione dell'aula è andato in pensione. Si trattava di un tuttofare con competenze specifiche che non siamo riusciti a rimpiazzare, senza contare che mantenere attiva l’aula era diventato parecchio oneroso».


Non ci resta quindi che visitare l’anfiteatro, che ci appare come un’imponente struttura lignea, a semicerchio, che si affaccia su uno spazio in cui è posizionato un tavolo in metallo munito di lavello: quello su cui venivano posizionati i cadaveri per gli esami autoptici. Salma che arrivava sul bancone mediante un montacarichi direttamente dall'obitorio sottostante.

Col professore ci avventuriamo tra i dettagli più inquietanti del posto. Ai due lati del tavolo autoptico sono disposti il già citato lavello e una mezzaluna in metallo sulla quale veniva adagiata la testa del cadavere. Il basamento è inoltre dotato di ugelli dai quali scorreva l'acqua che serviva per il lavaggio della postazione e di un sistema interno che tritava eventuale materiale solido organico prima che finisse nella fogna.

Tra gli utensili usati per le autopsie scopriamo pinze da presa per sollevare i tessuti, scalpelli e forbici di varie dimensioni, nonché un trapano elettrico a lame oscillanti che serviva per l'apertura del cranio o della colonna vertebrale. Impressionante è la vista dell’encefalotomo, usato per effettuare le varie sezioni del cervello: lo strumento assomiglia a un grosso coltello a due lame dalla lunghezza di circa 30 centimetri a sezione piatta.

Apprendiamo poi che le vecchie scrivanie che circondano l'anfiteatro, dotate di una quindicina di bassi cassetti per lato, erano utilizzate per conservare i vetrini del materiale da analizzare nel corso delle dimostrazioni. Che peccato che tutto sia stato messo da parte.

«Facendo parte del comitato tecnico scientifico del Sima ho però avuto il via libera dai miei colleghi per la riapertura della sala - annuncia trionfante il docente -. L’idea infatti è quella di recuperarla non solo nella vecchia funzione di anfiteatro, ma anche come museo del materiale anatomico».

Nel corso degli anni infatti abbiamo conservato una serie di organi asportati a malati, tra cui 300 cuori con malformazioni rare. «Oggi questi particolari “cimeli” si trovano nel seminterrato dell’istituto - ci svela il professore mentre ci mostra una foto di essi, tra cui notiamo anche diversi feti-. Vorremmo però che fossero visibili a tutti, perché raccontano, assieme a questa aula, della gloriosa storia della Medicina barese».

(Vedi galleria fotografica)

Foto di copertina di Rafael La Perna


© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita



Mina Barcone
Scritto da

Fabio Voglioso
Foto di

Lascia un commento


Powered by Netboom
BARIREPORT s.a.s., Partita IVA 07355350724
Copyright BARIREPORT s.a.s. All rights reserved - Tutte le fotografie recanti il logo di Barinedita sono state commissionate da BARIREPORT s.a.s. che ne detiene i Diritti d'Autore e sono state prodotte nell'anno 2012 e seguenti (tranne che non vi sia uno specifico anno di scatto riportato)