di Federica Calabrese

Alla scoperta del forno dell'Isolato 49: lì dove per cinque secoli si è cotto il pane dei baresi
BARI – Un ambiente secolare rimasto uguale a sé stesso, con le sue alte volte in mattoni scuri e gli spessi muri in pietra. È il “forno di quartiere” dell’Isolato 49, uno degli unici due di epoca rinascimentale sopravvissuti a Bari Vecchia (l’altro è nei sotterranei di Palazzo Simi): un posto dove per quasi cinquecento anni si è respirato l’odore del pane caldo.  

Fino a qualche decennio fa infatti la città era piena di questi locali (di proprietà privata) dove chi non aveva una cucina in casa poteva portare le pietanze da cuocere in cambio di una piccola offerta. E tra questi i più antichi erano proprio i due predetti. Ormai non più attivi, questi luoghi sono stati però ristrutturati e conservati e mostrano ancora oggi le loro grandi camere di cottura.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E così dopo aver raccontato la storia di chi in questi ambienti ci lavorava, come “Peppino Uè op” e Colino Centanni, siamo andati a scoprire il forno dell’Isolato 49, situato all’interno della corte di una casa-torre medievale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Di solito non visitabile (perché parte degli uffici del Segretariato regionale della Puglia del Ministero della Cultura), è stato infatti aperto eccezionalmente lo scorso 25 settembre durante le Giornate europee del patrimonio culturale. (Vedi foto galleria)

Raggiungiamo quindi largo San Sabino, grande spiazzo adibito a parcheggio situato alle spalle della Cattedrale, laddove svetta una delle antiche case-torri di origine normanna. Alte non più di 16 metri, tali strutture ospitavano famiglie nobili o ricchi mercanti unendo gli elementi tipici di una dimora a quelli prettamente difensivi. Erano poi circondate da una serie di strutture funzionali, tra cui alloggi per la servitù, magazzini e stalle.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Quella che abbiamo di fronte, risalente all’XI secolo, ospitava però anche un forno pubblico, la cui entrata si trova nella retrostante strada Boccapianola. Qui infatti è collocata una pesante porta in ferro marrone inquadrata da un’arcata litica che dà accesso a uno stretto corridoio dalla copertura a volta. Entriamo così in un cortile interno sul quale si apre un varco sormontato da un architrave in pietra annerito. È l’ingresso del forno cinquecentesco.

Scendiamo qualche gradino per ritrovarci in una stanza chiusa e spoglia dai toni ocra. Ed ecco sulla  nostra destra la grande camera da cottura. È circolare, presenta un’alta volta mattonata e spessi muri in pietra. Ed è arricchita da pentoloni e forme di pane posti lì dagli organizzatori della visita per rievocarne l’antico utilizzo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Parliamo di un luogo dove per secoli si sono cotte le pietanze di prima necessità dei baresi e che sopravvisse anche alla soppressione dei forni pubblici operata nel 600.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«All’epoca infatti - ci spiega Vincenzo Cracolici, impiegato del ministero della Cultura - i feudatari decisero di chiudere questi locali. Il motivo? A causa del loro successo nessuno più andava ormai a comprare i prodotti già pronti (e più cari) dai panifici. Ma così i panettieri non guadagnavano più, non riuscendo quindi a pagare le alte tasse previste. Si decise quindi per la loro abolizione. Dei cento forni all’epoca esistenti sopravvissero solo questo e quello di Palazzo Simi, perché ben nascosti».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

L’attività in strada Boccapianola proseguì indisturbata per secoli e si interruppe solo negli anni 80 del 900, quando ormai ogni barese poteva contare su una propria cucina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma oggi c’è chi si ricorda dell’antico forno. Ad esempio la signora Beatrice, una delle persone giunte qui a rivedere questo luogo. «Ero bambina e venivo con mia madre – ci dice -. Rammento i grandi tavoli su cui erano poggiate ceste di vimini con all’interno ogni ben di Dio, pronto per essere ritirato e gustato caldo. E anche se ora il fuoco è ormai spento, riesco ancora a percepire quel profumo inebriante».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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Federica Calabrese
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  • vincenzo ginefra - La notizia sull'esistenza dei forni presenti nella città vecchia va rettificata in quanto in strada Attolini esite un altro forno che è stato attivo fino agli anni 90, attualmente chiuso e in precedenza la proprietà era del famiglia di mia moglie , successivamente venduto ad altri di cui non conosco il cognome
  • vincenzo ginefra - La rettifica alla quale faccio riferimento è il numero di forni presenti nella città vecchia non alla sua data di origine. Nei pressi della cappella dedicata a san Sebastiano esiste un altro forno anch'esso è stato utilizzato sino agli anni 80. La presenza di questi forni dimostra che comunque, dopo il 500, nella città sono stati costruiti altri forni che hanno avuta vita lunga, anche sotto il ventennio fascista.
  • BARINEDITA - @vincenzo sappiamo bene che Bari Vecchia era piena di forni, alcuni dei quali ancora esistenti. Ma noi abbiamo specificato "uno degli unici due di epoca rinascimentale sopravvissuti a Bari Vecchia". Cioè ce ne sono soltanto due del 500. Saluti
  • Nuccio Romano - Ce n'era uno di forni in via Quintino Sella fra via Nicolai e via Garruba tenuto dal sig. Peppino. A Natale e Pasqua ci portavo a cuocere, come tanti altri, i dolci della tradizione barese, oltre la pasta al forno, l'agnello con le patate ed altro. Ricordo che si scendeva un gradino e venivi avvolto dai sapori mai eguagliati di tutto quel ben di Dio. In inverno si andava a prendere legna o carbonella ancora accesa per attizzare i braceri e riscaldarsi in casa.
  • Lorenzo Barnaba - Purtroppo questo ambiente non è per nulla "rimasto uguale a sé stesso" come si legge nell'articolo; la "bocca" del forno, il sottostante "altare" e il piano della "camera di panificazione" sono stati demoliti per ricavare una triste quanto inutile stanza. Di originale ė rimasta solo la cupola a sezione ellittica di quella che un tempo era la camera di panificazione. Per fortuna in giro per la Puglia ci sono ancora tanti altri forni pressoché intatti.


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