Bari, la storia di "Peppino uè op": il fornaio equilibrista che consegnava a domicilio
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venerdì 24 luglio 2020
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di Gaia Agnelli e Maddalena Fiore
Tra questi non si può non menzionare un forno che è stato attivo sino a 18 anni fa. Situato in strada Boccapianola, a pochi passi dal Museo Civico e dal Monastero di San Nicolò dei Greci, era il regno della famiglia Prudente, che lo aprì nei primi del 900. Un locale che è ricordato da tutti gli abitanti del centro storico per via del suo ultimo proprietario: l’oggi 83enne Giuseppe, meglio conosciuto come “Peppino uè op”.
Si tratta del fornaio “equilibrista” che dal Dopoguerra sino al 2002 ha preparato e portato a domicilio i prodotti sfornati per le vie della città antica. La consegna avveniva spesso in bicicletta e Giuseppe, dopo aver poggiato le cibarie su una tavola di legno, poneva quest’ultima sulla sua testa destreggiandosi tra i passanti, i quali si spostavano al grido “uè op” utilizzato da Peppino al posto del flebile suono del suo campanello.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Siamo dunque andati a trovare questo personaggio barese nella sua abitazione del quartiere San Paolo, dove ci ha raccontato la sua storia. (Vedi foto galleria)
Una volta entrati in casa e fatta la conoscenza della 78enne Lucia, la moglie di Giuseppe che ha condiviso con lui gli ultimi quarant’anni di vita del forno, cominciamo a parlare con l’uomo.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
«Tutto iniziò nel Dopoguerra, quando a pochi anni d’età, assieme a mio fratello Costantino, imparai il mestiere guidato da mio padre Vincenzo, colui che aveva fondato l’esercizio agli inizi del 900 – ci dice Peppino -. Noi abitavamo al piano superiore della palazzina del locale, perciò la nostra era una sorta di casa-bottega».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Mentre però il fratello era impegnato principalmente all’interno del “negozio”, Giuseppe aveva il doppio compito di cucinare e portare poi a domicilio il cibo appena sfornato. «Fui uno dei primi a effettuare questo tipo di consegne – afferma –: trasportavo sia alimenti fatti da noi come pane, taralli e scarcelle, che teglie di focaccia o patate riso e cozze preparate dalle signore del centro storico. Le passavo a ritirare per poi cuocerle e riportarle a destinazione una volta pronte».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
All’inizio della sua “carriera” il giovane fornaio si spostava a piedi, faticando parecchio, fino a quando all’età di 10 anni decise di utilizzare come mezzo di trasporto la bicicletta.
«È così che sono diventato “Peppino uè op” – ci spiega mostrandoci una foto che lo ritrae in sella al suo “bolide” -. All’inizio suonavo il campanello per avvisare i passanti del mio arrivo, ma siccome nessuno mi ascoltava ero costretto a rallentare per farmi spazio. Un giorno però ebbi l’intuizione di usare la mia voce e urlai “uè op”, che sarebbe una sorta di “fai attenzione”. La cosa funzionò e così da quel momento in poi diventò il mio “grido di annuncio”».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma come detto il fornaio-garzone era famoso anche per essere un vero equilibrista. «Trasportavo tutto sulla mia testa – ci dice –: spesso capitava che portassi addirittura due tavole, l’una sull’altra, come fossero due piani di tegami. L’idea nacque perché all’inizio non sapevo come portare le teglie, non avendo un cestino o un portabagagli. Presi così la decisione di adagiarle sul capo. Dopo le prime difficoltà con il tempo diventai bravo e ne feci un mio “marchio di fabbrica”: del resto nella mia vita mi sono cadute solo una volta».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
C’è da dire che le consegne avvenivano a volte anche al di fuori dal centro storico, in quartieri come Japigia, San Girolamo e Fesca, anche se per quegli spostamenti Peppino utilizzava una più veloce Vespa o un’Ape.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Tutto però ebbe fine nel 2002. Il perché ce lo spiega Lucia, mentre ci mostra emozionata le foto del loro matrimonio e dei sei figli nati dalla coppia. «Hanno tutti intrapreso strade diverse dalla nostra – sottolinea – è così una volta diventati anziani non abbiamo potuto che chiudere definitivamente l’attività».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma Peppino, nonostante siano passati ormai 18 anni, continua a pensare costantemente al suo vecchio lavoro. E così ogni santo giorno, la mattina presto, prende un autobus che dal San Paolo lo porta a piazza Garibaldi. Poi si dirige a piedi nel centro storico dove, in strada Boccapianola, si trova ancora un portone in ferro arrugginito. E qui, attraverso le inferriate, dà uno sguardo a una porta in legno: quella che un tempo conduceva al suo antico forno.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
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