di Ilaria Palumbo - foto Antonio Caradonna

Grotte marine e spiaggette isolate: è la costa selvaggia e nascosta a sud di Polignano
POLIGNANO A MARE – Tra spiagge e lidi, porti e residence, lungomari e case private, la costa barese che si estende da Molfetta a Monopoli è totalmente vissuta e frequentata. Ma c’è un’eccezione: un tratto così selvaggio e isolato da essere stato escluso dalle mappe di bagnanti, turisti e costruttori, un posto bazzicato solo da qualche sporadico nudista. Quello di cui parliamo è il litorale compreso tra Portalga e Torre Incina, a sud del centro di Polignano.

Si tratta di due chilometri di difficile fruibilità, per via della roccia alta e appuntita che non permette facili tuffi in mare. In più è praticamente impossibile raggiungerlo con l’auto: l’unico modo per arrivarci è avanzare su un sentiero di campagna che si dirama dalla complanare della statale 16. Ma è proprio questo suo essere “primordiale” a rendere la zona ancora più attraente, anche perché qui si nascondono cavità sotterranee, masserie abbandonate, grotte marine e spiaggette illibate. (Vedi foto galleria)

Il nostro punto di partenza è come detto la complanare della 16: siamo a un chilometro a sud del centro abitato di Polignano. L’area che ci separa dal mare è dominata da campi coltivati, ma ecco finalmente aprirsi una stradina percorribile unicamente a piedi, sia per il suo non essere asfaltata, sia perché dei grossi massi ne impediscono il passaggio delle auto. Non ci resta che cominciare a camminare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Scarpiniamo lungo il vialetto, circondati da disordinata e verde macchia mediterranea. Dopo pochi passi incrociamo un secondo sentiero sulla destra, dolcemente ondulato. Decidiamo così di seguirlo per lasciarci sorprendere da un panorama inaspettato: quello di un’antica masseria che si affaccia sul letto di una lussureggiante lama, costellata da numerose cavità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La lama è quella di “Pozzovivo” e le cavità sono sia quelle naturali sfruttate nei tempi passati dai pastori per mettere al riparo le proprie pecore che pascolavano sulla scogliera, sia quelle artificiali create durante un’attività di estrazione del tufo terminata trent’anni fa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Entriamo nella più grande di queste grotte, che si estende fin sotto la masseria. Si tratta di una caverna evidentemente scavata dall’uomo con grande maestria, visto che nonostante l’oscurità avvolgente riusciamo a intravedere dei pilastri centrali scrupolosamente modellati che sorreggono il soffitto. Al suo interno, poggiati su una roccia, troviamo due teschi di animali dall’aspetto inquietante.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ritorniamo frettolosamente in superficie per spingerci questa volta sull’altro fronte del dirupo, sul quale si affaccia la masseria predetta, chiamata “di Pozzovivo” o “De Bellis”, dal nome dei suoi vecchi proprietari. L’edificio, di fine Settecento, è completamente abbandonato e presenta un prospetto dal color rosso sbiadito molto semplice che, circondato dai fichi d’india, si affaccia sull’azzurro dell’Adriatico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Non ci resta ora che raggiungere finalmente il litorale. Camminiamo su un sentiero situato al centro dell’antico letto del fiume: siamo circondati dall’alta roccia e ci sentiamo sempre più piccoli man mano che procediamo, fino a quando non vediamo disvelarsi davanti ai nostri occhi l’ambito mare.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Siamo nella foce della lama, un’insenatura dominata da scogli aguzzi e sporgenti, addolciti unicamente dal movimento dell’acqua limpida e da verdi foglie di edera. La rientranza è completamente nascosta: siamo infatti soli e l’unico suono avvertibile è quello delle onde che si infrangono e muoiono.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Decidiamo di spostarci verso sinistra. Camminare sulla pietra puntigliosa non è affatto facile, tuttavia il panorama che ci accoglie a pochi passi vale certamente lo sforzo: siamo di fronte alle “grotte del Pozzo Vivo”, formate da due enormi bocche spalancate e caratterizzate da pareti calcaree le cui sfumature vanno dal nero al marroncino.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dopo qualche metro però la roccia lascia spazio a un piccolo arenile: ci accorgiamo infatti di esserci imbattuti in uno dei pochi punti sabbiosi di tutta Polignano: la “cala di Pozzo Vivo”. Dalla spiaggetta parte poi un canale che crea una suggestiva insenatura: vista dall’alto assume i tratti di una vera e propria piscina dall’acqua trasparente.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Qui però siamo un po’ meno soli: ci sono dei nudisti, sia donne che uomini. Questo è in fondo il luogo ideale per chi vuole vivere il mare in estrema libertà e soprattutto lontano da occhi indiscreti.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Andiamo oltre per lasciarci sorprendere dalla vista di altre grotte marine. C’è quella “del Porticello” (o “Stampagnata”), illuminata dal sole che filtra da alcune aperture in superficie che vanno a colorare le stalattiti di sale che costellano la roccia. E poi quella “dei Colombi”, dalle sfumature violacee, lambita dalla forza delle onde.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ritorniamo ora sui nostri passi per dirigerci dalla parte opposta: a destra della foce della lama. Ci ritroviamo così davanti a un muretto a secco oltre cui fa capolino una struttura dalla forma inusuale: una sorta di bunker con una piccola torre di avvistamento che ben si mimetizza con il paesaggio roccioso.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Anche qui l’alta scogliera cela meravigliose grotte. La prima è quella “dei Passeri”, dalla bocca d’entrata molto bassa e stretta. Segue la maestosa “Cappella di Cristo”, che lascia intravedere al suo interno una sorta di spiaggia composta da ciottoli. Poco dopo spunta infine la “grotticella di Sella”, dove il crollo parziale della parte più esterna della volta ha isolato e creato un arco sospeso sull’Adriatico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

La nostra passeggiata viene però interrotta di colpo dalla folta vegetazione dominata dai lunghi fusti delle canne selvatiche: siamo dunque costretti a deviare su un sentiero che ci porta lontano dalla costa. Calpestiamo così un suolo arido e spoglio su cui ogni tanto spunta qualche pianta di aglio selvatico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma siamo comunque arrivati alla fine del nostro viaggio. Davanti a noi scorgiamo infatti la pittoresca Torre Incina, che si affaccia su una cala frequentata da bagnanti, pescatori e sommozzatori. In questo punto finisce l’aspro territorio di Polignano e inizia quello più sabbioso e dolce di Monopoli e a noi non resta che dire addio al silenzio di una “terra di nessuno” selvaggia e desolata.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

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